Martina Campi

Spartito liquido

Se cercassimo le parole per dare suono al silenzio, farne parti in musica, orchestrarne i battiti, potremmo seguire la voce di Martina Campi che in Partitura su riga bianca porta l’oralità a confrontarsi con l’assenza sonora. Nell’insieme di parti e di riga, di silenzio e di suono, in un contrappunto poetico dove la sonorità viene intensificata dalle citazioni del cantautorato, soprattutto di lingua inglese, e l’interruzione acustica da pagine bianche e parentesi mute. Anche se, di fatto, musicare il silenzio pare impresa ardua.

Già J.Cage, nella sua famosa composizione 4′33″, aveva evidenziato come la stessa opera non potesse costituirsi come silenzio assoluto, poiché, durante l’assenza di esecuzione strumentale, altri suoni venivano evidenziati, fossero il battito del cuore degli ascoltatori, il loro respiro o i rumori esterni.

C’è un suono nel canto, ma anche nell’assenza di suono, pare dirci l’autrice, “una / modulazione” oppure anche “solo un grido / se mai in cuffia / spacca silenzio / in pezzi / abitati”. E c’è un’inquietudine che chiede sia il nutrimento della voce, per questo malessere / (dì le) lame nell’essere // una madressere poi, / non accudire… / nutrire”, sia il respiro del silenzio, tra i nomi che vanno al rumore / del discorrere, a me il silenzio / del dispiacere”.

La sensazione complessiva è che si sia in presenza di una poesia liquida, fortemente sonora e altrettanto intensamente inquieta e sofferente, tale per cui “qui / c’è / l’affogare (/affiorare)”. Dove la frammentazione, la reiterazione e l’uso sospensivo delle parentesi conducono il linguaggio e il pensiero in uno stato di immersione, che assume andamenti oscillanti e onirici, in cui sonorità e sensi si stemperano nello stesso stato fluido in cui si dissolvono assenze sonore e vuoti di senso.

Quasi che l’alternanza suono-silenzio diventi anche corrispettiva di quella tra lo stato di veglia e il sonno-sogno: “ascolto il mondo / svegliarsi / così non disturbo / le scale dei sonni”, così che anche i sonni e i sogni si possano distribuire lungo scale musicali, nelle loro partiture scritte su righe invisibili.

Come il linguaggio poetico, che ha i suoi spartiti inconsci, le sue righe bianche, le sue parole mute. E che riesce per questo, quando emerge nelle parti sonore e nel frammentarsi del dire, a dare risonanza al sommerso. Martina Campi ne ha piena consapevolezza quando esprime “la gratitudine come / attore linguistico / accenno a scelte / non espresse, / attraverso / il frammento riscosso / per linguaggio”.

Una scrittura per frammenti la sua, intensamente sonora anche quando è spezzettata, anche quando è silenziosa. Dove il nome trova spazio nel canto come nell’assenza di nome. Poiché ciò che più conta, in poesia, è “Tenere il nome / nel luogo più caro”.


 

Dalla sezione “Riga – Suono”

 

***

nei giorni del vento

ai cambi di stagione

della brezza


che apre la porta

viene a fermarsi

viene a guardare

quel lontano

(piccolo) vibrare

che poi sono i resti

delle foglie smesse

o forse sono s(p)ecchi
per congiunzione addestrati

picchi all’attraversamento


 

I've been to a minor place*


 

* Will Oldham


 

Dalla sezione “Riga – Suono III”

 

***

s’è tentato con le spezie
a fare come si deve
e una cartolina è sopravvissuta

dallo Sri Lanka
qui, mentre pioveva forte

nel lasciarsi c’era tutta
la neve di gennaio
la musica in macchina
solo anziani che scivolavano

per la via, niente da mangiare

say something once, why say it again?*


 

*Talking Heads


 

Dalla sezione “Parti – Silenzio IV”
 

***

un buio pianura e notte allarga
grovigli di macerie gialle rifiuti e lenzuola

ascolto il mondo

                         svegliarsi
così non disturbo

le scale dei sonni



 Martina Campi autrice e performer, ha pubblicato: La saggezza dei corpi (L’arcolaio, 2016), Cotone (Buonesiepi Libri 2014), Estensioni del tempo (Le Voci della Luna Poesia, 2012 – Vincitore Premio Giorgi), e la plaquette È così l’addio di ogni giorno (Corraino Edizioni 2015), con il poeta V. Masciullo e opere grafiche di C. Pozzati.

Curatrice, con A. Brusa e V. Grutt, di Centrale di Transito (Perrone Editore 2016).

È stata giurata per alcuni concorsi e membro di redazione della rivista Le Voci della Luna, fa parte del Comitato Bologna in Lettere B.I.L dalla prima edizione.

Da giugno 2017 partecipo a Il banchetto di Rosaspina – Di virtù e maledizioni, Spettacolo di Teatro, Poesia e Favola, di e con Alessandra Gabriela Baldoni; con Giancarlo Sissa, Luna Marie, Mario Sborina.

Co-fondatrice, con il compositore e musicista Mario Sboarina, del progetto Memorie dal SottoSuono – The poetry music experience, nel quale si fondono reading poetico, elettronica, jazz/ambient, contaminazioni afro e accenni di musica popolare; di Marzo 2016 l’omonimo album. Del 2010 il cd Mani e qualcos’altro. Il progetto Memorie dal SottoSuono è oggi un vero e proprio collettivo di artisti di diversa formazione.

È nata a Verona nel 1978. Vive a Bologna, dove ha studiato e si è laureata in Scienze della Comunicazione. Vincitrice del Premio Renato Giorgi 2012 con Estensioni del tempo (Edizioni Le Voci della Luna Poesia, 2012). Tra gli autori finalisti  al Premio Lorenzo Montano 2014, con la raccolta inedita Manuale d’estinzione, tra segnalati nel 2012 con La saggezza dei corpi (L’arcolaio, 2016) al medesimo premio  e menzione d’onore, l’anno successivo, con la raccolta Le metamorfosi della gioia, ora divenuta Cotone (Buonesiepi Libri 2014) e nel 2015 con la silloge inedita Quasi radiante.

www.martinacampi.it