Carmen Gallo

Apparentemente una narrazione oggettiva, asettica, se non fosse per alcuni segnali che aprono squarci nella carena poetica. Azioni spesso compiute da personaggi silenziosi, che hanno il raggiungimento della staticità come scopo: i personaggi sono non in attesa, ma volontariamente isolati, ritagliano in realtà uno spazio impenetrabile intorno a loro. A volte, le azioni risultano paradossali: "donne si infilano lettere" una a una "nella bocca", sollevano il soffitto. Ma sempre c'è la misurazione della distanza tra i rispettivi vuoti. Irrompono però i ricordi a rompere la continuità spaziale con salti temporali. Nello spazio, il tempo va avanti e indietro, ma il soggetto è capace anche di diventare "incrostazioni sull'intonaco". A dimostrazione che nulla può essere mai veramente oggettivo.


 

***

La donna bianca annuisce o trema.
Vista di profilo annuncia
tempesta, giudizio, concordanza
difficile della parola al senso.
Le donne si alzano e la guardano.
Si appannano vetri dietro respiri.
Noi spegniamo la luce perché ora è notte.

 

*** 

L'uomo si sveglia sul balcone
e preferisce non guardare
dietro i vetri che gli fanno da schienale.
Il buio intorno è alto. L'uomo si tiene le ginocchia
misura con gli occhi la resistenza all'urto
in base alla distanza.
La donna nella parete di fronte dorme.
Solo le labbra continuano a guardarci e a domandare.

 

*** 

L'uomo in tangenziale fissa il vuoto
e l'auto rovesciata. La gente intorno
è agitata. Le donne sono arrivate
a raccogliere le sue cose.
Ogni tanto qualcuna è stanca
si ferma e fuma, seduta sul guardrail.

 

*** 

L'uomo in tangenziale si guarda intorno
e comincia a camminare. Fa pochi passi
barcolla, si stende sull'asfalto.
Le donne intorno all'auto adesso
dimenano le braccia, fanno cenni
ai fanali inchiodati. Noi ci mettiamo in fila
con gli occhi degli altri a guardare.
 

*** 

Da quando siamo finiti nella stanza più lontana abbiamo
cominciato a sparire, uno a uno. Se non possiamo guardarla
non siamo più sicuri di esistere. Alcuni non ce la fanno, hanno
paura, scompaiono. L'uomo che vive con lei ogni tanto apre la
porta e prova a farci uscire. Ci chiede di nascosto di tornare, ma
noi siamo soltanto incrostazioni nell'intonaco e non sappiamo
come fare. Se lei non viene qui scompariremo. Ad aspettarla
siamo rimasti solo in due. Non so se ci siamo scelti, so soltanto
che mi somiglia. L'altro sente quello che sento io, vede quello
che vedo io. Presto diventeremo una cosa sola e spariremo.
 


Carmen Gallo vive a Napoli dove insegna Letteratura inglese. Nel 2014 ha pubblicato Paura degli occhi, per L'Arcolaio, Forlì, tradotto in parte in francese da Clement Lévy per Remue.net, già finalista Premio Montano 2015. Nel 2016 è uscito Appartamenti o stanze (Edizioni D'If), una parte del quale sarà tradotto in Germania nell'ambito del progetto "Poesie der Nachbarn. Poets translated by poets" diretto da Hans Thill. Alcuni testi e sue traduzioni sono stati pubblicati su blog (tra gli altri Poetarum Silva, Formavera, Nazione Indiana, Nuovi Argomenti, Leparoleelecose ), in antologie e su rivista (Argo, Smerilliana, L'Ulisse).

Dal 2015 cura, con altri colleghi, il Seminario di poesia comparata presso l'Università di Napoli "Federico II", e nel 2016 ha partecipato al Laboratorio di poesia in carcere promosso dalla Fondazione Premio Napoli. Ha curato la nuova edizione e traduzione di Tutto è vero, o Enrico Vili di Shakespeare e Fletcher (Bompiani 2017) e ha da poco pubblicato un saggio dedicato ai poeti metafisici inglesi, L'altra natura. Eucarestia e poesia nel primo seicento inglese (ETS 2018).