Gabriele Pepe

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“I sing the body electric” è il titolo di un lungo poema di Walt Whitman che è stato ripreso, per il loro secondo album, dai Weather report.

Tra le due, sembra essere più quella musicale l’accezione preferita da Gabriele Pepe.

Partendo dalla coda del lungo testo leggiamo “e questo è il blues del tempio risanato / che atomo per atomo rinnova la promessa: / spiga nuova, futura resistenza…”.

Finisce così la poesia, con quei puntini di sospensione che sembrano amplificare l’apertura a un futuro in cui ripromettersi almeno la resistenza, dalle particelle costitutive rappresentate dagli atomi e con l’immagine della “spiga” che porta con sé tutto il suo carico simbolico.

Proprio perché prima c’erano stati “corrotte fecondità del seme e dell’ovaio” e, in generale, un cosmico declinare. Questo mondo che muta nell’instabilità di ciò che potrà accadere può contare nella strenua resistenza di un simbolo universale.


 

I sing the body electric

Se, di slancio, da un tempo non ancora diramato:

(strepitio di verbi di vago declinare fuori e dentro

i respiri di questo castello senza torri

né muraglie, ma di sole feritoie)

staremmo ancora qui, nel mondo affastellati,

di organismo nuovo a decantare:

vertiginosi approdi e intrepide crudezze,

quali interpreti, quali voci,

quali immagini, quali incanti se non per dire:
 

“...mai più vicario era:

al palio siderale di tutte le contrade

umane e sovrumane,

al combattivo inganno di una volontà di carne

caduta e dilaniata al centro di questa muta guerrq

che soltanto esiste nel breve ingaggio

della sua dissipazione;

mai più vicario era:

alle corrotte fecondità del seme e dell'ovaio,

ai margini discreti delle indotte consuetudini,

al gorgo tumultoso delle correnti alluvionali:
 

saldo scoglio al centro di ciò che ovunque scorre

fieramente stava:

(eroico continente dell'umane meraviglie).
 

E non più soggetto era:

al rigoroso sfinimento dell'indagine perenne,

al gelido sbiancare dell'ennesima parola pronunciata;

e non più soggeto era:

al peso insostenibile di esser freccia e mai l'arciere,

al ristagno dei fluidi, all'estradizione delle cose morte,

al ripiegamento delle vertebre sul cuore dell'abisso:
 

incompatibile al gergo dell'antico transitare,

senza timore alcuno, massiccio e puro,

sull'orizzonte degli eventi, superbo, andava...”
 

Questo è. Fu. Sarà: il secolo inderogabile

del corpo nuovo che ibrido

riassume, nel buio e nell'azzurro,

la risacca modulare delle intere percezioni

organico-inorganico

variabili circostanze di realtà aumentate

segmenti di corteccia replicante

che trasuda un'ambra di pensieri del tutto originali

e intrappola concetti inclini all'esatta taratura..
 

Saccenti e osceni quanto basta, ancora cantavamo:

“...questo è il blues del pianto elettrico a lacrime di cromo;

del sangue color dell'argentoro che,

da un polo all'altro reclamato, più veloce

del lampo cellulare, come una tempesta scorre;
 

e questo è il blues del tempio risanato

che atomo per atomo rinnova la promessa:

spiga nuova, futura resistenza...”


Gabriele Pepe, finalista, segnalato e vincitore in diversi tra i maggiori concorsi di poesia, ha pubblicato: “Parking luna” edizioni Arpanet, Milano 2002; “Di corpi franti e scampoli d’amore” e “L’ordine bisbetico del caos” con le Edizioni Lietocolle libri, Faloppio (Como) 2007. Figura nelle antologie: “Ogni parola ha un suono che inventa mondi”, edizioni Arpanet, Milano 2002;

“Fotoscritture”, edizioni Lietocolle libri Faloppio (Como) 2005; “Poesia del dissenso II”, a cura di Erminia Passannanti – Edizioni Joker ( Collana Transference) 2006; “Blanc de ta nuque. Uno sguardo (dalla rete) sulla poesia italiana contemporanea”, Edizioni Le Voci della luna (2006-2011), a cura di Sergio Rotino, Collana Segni, volume n. 7, pp. 272; “Forme concrete della poesia contemporanea”, studio critico a cura di Sandro Montalto, Edizioni Joker.

Suoi testi, recensioni e segnalazioni sul suo lavoro sono apparsi in rete e su carta.