Simone Maria Bonin

Simone Maria Bonin ci parla di un cammino ignaro del principio e della fine, tanto da celebrare – grazie alla parola poetica – l’incompletezza.

Tale produzione non si collega a dispositivi gerarchici, alla figura della legge, bensì viene colta come il vero e proprio continuum dell’esistenza.

È un commercio intimo quello che intercorre tra l’avventura umana e la lingua che la custodisce, un po’ come fa la macchina fotografica con i suoi scatti.

Insomma, nell’avventura della vita non si tratta tanto di commuoversi, di gioire o di addolorarsi; quanto di capire, di consentire a ognuno di noi di attribuire una cifra – la nostra – all’intimità e alla verità delle nostre vite.

 

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Chissà poi cosa mai saprai di noi

tesi sottopelle ed elettrici di sangue

i bronchi a pezzi per ragioni esenti

da qualsiasi stasi di se stessi


 

Dalla sezione “Voyages”

 

(Uno)

I

A riva è il nostro posto

in questa colla di salmastro

     dove

il mare aperto è corpo

distante dallo sguardo


 

Dalla sezione “Biopsie”

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Da neurone a neurone

corre un filo elettrogeno

                  di fame

colpiscimi

se puoi, fammi male

prega altro dolore

un colpo di esistenza

tra le vertebre delle parole

 

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Sei parole senza nome, senza

soluzione

impara la posizione del corpo

                         le cose

non torneranno più


Simone Maria Bonin è nato a Venezia nel 1993. È laureato in Matematica ed Economia all’Università di Warwick, nel Regno Unito, e prosegue gli studi specialistici ad Aarhus, in Danimarca. Ha vissuto diversi mesi, nel 2009, in Costa Rica.

Assieme a Gerardo De Stefano ha curato la collana di poesia "Rigor Mortis" di Thauma Edizioni pubblicando Atlantide: Poesie, Prose e Corrispondenze di Hart Crane, prima traduzione italiana dell’opera completa del poeta americano.

Collabora come traduttore con la rivista letteraria online 'Inkroci'. Suoi testi sono apparsi su "Nazione Indiana" e su "Poesia" (qui, con nota critica di Maria Grazia Calandrone).