Marco Ercolani

Partendo dalla fine di questo libro, di questo volume che è molto più di una nuova e precisa analisi a più voci, molto più di un atto d’amore collettivo per due autori che sono fondamenta e architrave del ‘900, Celan e Char, non si può non notare come l’epilogo non ne sia in realtà la chiusura, rappresentando invece un’apertura, racchiusa in una domanda che rimane sospesa. Questa domanda finale corrisponde a un ideale frammento di dialogo, convoca il pensare, chiede un sentire ulteriore, come tutto il libro. L’opera riprende, in nuove traduzioni, non solo testi esemplari dei due autori e alcune lettere, ma anche prove di saggisti che hanno scritto pagine decisive sulla loro poetica: notevole il recupero di questi materiali, per la maggior parte irreperibili, che Maurice Blanchot, Jacques Derrida, Peter Handke e Peter Szondi hanno dedicato ai due poeti.

Marco Ercolani immagina coordinate inedite con un affiatato gruppo di visionari, saggisti (Antonio Devicienti, Giuseppe Zuccarino) e traduttori (Mario Ajazzi Mancini, Viviane Ciampi, Anna Maria Curci, Lucetta Frisa, Francesco Marotta, Pasko Simone) nella costruzione a specchio del volume, tracciando con paralleli e meridiani la mappa di un mondo irripetibile colto nel suo apice. Come scrive in premessa, “Due poeti, due amici, per i quali la percezione poetica è scheggia luminosa e disastro oscuro…”. Ecco, quando sembrava che tutto fosse stato detto e scritto su questi fondamentali poeti del novecento, una nuova luce illumina la scheggia e il disastro da diverse, e nuove, angolature.

Ranieri Teti