Rosa Pierno su Il non potere di Davide Nota, Sigismundus editrice, 2014

In Davide Nota il rapporto con la storia che illumina i comportamenti umani, i suoi strumenti, i suoi limiti è centrale, quanto impietoso: la critica viene indirizzata verso se stesso, ma sta per la società tutta. Dopo aver riconosciuto che la ragione può quasi nulla rispetto alla forza della storia, l’azione è ricondotta verso un ripiegarsi su se stessa, “dove solo l’incoscienza, immune / da ogni nuovo strategico diniego / di scienza, riconquista la sovrana / vitalità dell’atto, oscuro lume… “. Il balzo al sesso è immediato, e immediato il suo legame con la prostituzione, a ciò che, comunque, riconduce ad animale stato: “in cui s’accorge di fuggire al senso / spaventoso di sua vita ignora / il tutto e oggetto fattosi onora / in implacabile banchetto carnale / l’anale suo destino d’animale”. Sarà poi alla madre, che Nota destina l’appellativo di santa. Nei nitidissimi quadretti di quattro versi che sanno delineare immagini che hanno l’icasticità di simboli del vivere attuale, è ancora la ragione, seppure in controluce, ciò a cui Nota attribuisce soluzione, costruzione di senso, valorizzazione: “Ma no, non è la produzione industriale che mi terrorizza / ma le finalità mancanti!”. E la ragione è appunto l’antidoto, l’unico possibile. E, d’altronde, se “No, non sono le occasioni ma le finalità / che mancano, le ragioni...” non si vede come esse possano nascere da occasioni di vita spesso marginali o compromesse. Assediato dal vuoto, enuclea situazioni del male di vivere, di cui il corpo si fa immolato messaggero: “mostrando seni da ormoni / gonfiati, siliconati, calze in nylon sopra mascoline gambe e labbra dure, / brasiliane, pronte al male”. Forse la critica è sufficiente, ma d’altronde la promiscuità che il corpo ha con la mente, mette in dubbio l’intero progetto: “l’oggi / è quanto resta, scoria / che la fuga della storia elude: un perizoma”. Tuttavia Davide Nota rilancia, disegna scenari che a questo vilipendio subìto/prodotto dalla carne si sottraggono, tratteggiando, appunto, situazioni di ribellione al degrado e all’ingiustizia e rimarcando che finché c’è coscienza critica, c’è opposizione. La silloge, che raccoglie poesie che vanno dal 2002 al 2013 si fa nel prosieguo più sonora, lieve, quasi che il peso delle cose nel fluire della storia sia, non maggiormente sopportabile, ma rimembrante. Nota, interrogando il passato con mesta cura, sia il proprio io sia la dimensione collettiva, si fa portavoce di messaggi che ritiene importante non vadano perduti, cerca nella morte dei soldati e nelle figure parentali una voce intorno a cui sia possibile l’agglutinarsi del vero: “Di fronte a questa storia / anche il sole si incrina”.