Davide Campi su La stanza nella stanza di Lia Rossi, Edizioni Tecnograf, 2014

Nelle scritture di Lia Rossi le parole emergono -come boe salvifiche, da un ipotetico caos- prepotentemente misurate all’interno delle geometrie di ogni pagina.

Sono parole del quotidiano che qui si liberano del tono dimesso a loro solitamente proprio per ridefinire usi e spazi: “una camera chiara il sogno/in segreto il segreto inonda l’acqua/crescono sui tetti le stanze…”.

Accuratamente posizionate nello spazio della pagina, sintatticamente asciugate fino all’essenziale, nella perdita di ogni narrazione, le parole “stanza”, “tetto”, “strada” si slegano dei loro confini fisici strutturali per assurgere ad altre mete: “ il tetto sul tetto la terra in terra la notte/nella notte iridescente strada sulla strada/la casa in casa”.

C’è una profonda fisicità negli spazi generati da queste scritture, pareti friabili di parole con all’interno spazi candidi di silenzio. Ed altrettanta fisicità nei ritmi che le parole generano specie quando ripetute in una cantilena telescopica: “..in una torre nella torre tra parentesi/converge) va l’infinito lentamente”; i tempi sono quelli del respiro, del battito del cuore, a ricordare che ogni ambiente è tale solo se abitato.