Davide Campi su Musa fitta nell’azzurro di Davide Argnani, Di Felice Editore, 2014

Davide Argnani è poeta di lungo corso e di grande esperienza.

La lingua della sua poesia è caratterizzata da rigore e coerenza, e questo libro ne è testimonianza diretta.

Spesso le scritture hanno un inizio leggero, quasi colloquiale, sviluppandosi in seguito in potenza evocativa, nella forma e nel lessico, “Cammino a moscacieca lungo le sponde del tunnel/qui la farfalla sventola ali agli intrecci degli angoli/s’incunea il rettile nei labirinti del sottosuolo…”. Ritmi lunghi, metriche decise e regolari, con pochi, meditati squilibri ad accentuare il senso, ma anche a sottolineare la frequentazione quotidiana ad una poetica delle grandi emozioni del vissuto umano (nostalgia, dolore, abbandono, amore).

È una scrittura che spesso ricorda le forme delle arti figurative (paesaggio e ritratto), dove lo sguardo cristallizza la scena fermandone uno specifico istante, per poi subirne l’inevitabile assalto: “ora ho voglia di piangere sulla terra secca dei miei occhi/… sulla sabbia un segno dov’è stato il corpo…”. Così i versi, più che restituire la specifica scena, danno conto della sua naturale, violenta risposta a qualsiasi osservazione.