Settembre 2004, anno I, numero 1

Carte nel Vento

 

periodico on-line 
 del Premio Lorenzo Montano

 

a cura di Ranieri Teti

 

Vincitori della XVIII Edizione

Premio speciale della Giuria “Opere scelte” Regione Veneto

 Il riconoscimento è destinato dalla Giuria del Premio ad Alfredo Giuliani, un autore che ha contribuito a spostare in avanti l’orizzonte espressivo della parola poetica, proiettandola verso il continuo rimando, spingendola dentro il diverso da sé, senza mai definirla e cristallizzarla in un centro di senso stabilito per sempre. Grazie alla partecipazione della Regione Veneto, all’autore viene riconosciuta l’edizione, nella collana “Itinera” di Anterem Edizioni, della raccolta di testi in poesia, selezionati tra le sue pubblicazioni, Furia serena. Opere scelte. Il lavoro antologico, accompagnato da riflessioni critiche di Ugo Perolino, si configura come un significativo profilo della poetica dell’autore, un’antologia personale che, ripercorrendo un lungo cammino di ricerca, rivela con determinazione il carattere antitotalitario e antiidolatrico della lingua poetica e delle sue parole.

Ecco qualche riga tratta dalla postfazione di Perolino

«La furia serena che dà il titolo alla raccolta identifica un orizzonte circoscritto («stringendo l´orizzonte mi conforto»), quotidiano e familiare, che oppone la calma visione dei segni e dell’esistere alle illusioni di un altrove indeterminato («... guardare oltre la siepe / di là dalla collina    seguire il pensiero / che il mondo va in rovina»).

Nella sua ultima maniera, da Ebbrezza di placamenti fino alle Partiture,  su una base lessicale di pregiata rarefazione lirica Giuliani ha intessuto  un nuovo linguaggio poetico, meditante e insieme descrittivo, ostile ad ogni compiacimento di memoria («cresciuto tra spine e nodi nella lunga infanzia / sciogliendoli   in segreto»). La pura, impersonale presenza degli oggetti del mondo vi è stata registrata nei suoi minimi trasalimenti («In prima vista   il limone   forte sparuto...»), fissando la poesia alla relazione che lega il linguaggio e la morte («Segno non trova fondamento    è ciò che fa»). Per questo Giuliani non si stanca di esercitare tutte le figure stilistiche della contraddizione, nel tentativo di sciogliere nel ritmo premonitore della scrittura le irresolubili antinomie del pensiero.»

Esito del Premio “Raccolta inedita”

 Vincitore di questa sezione è Jacopo Ricciardi con l’opera Colosseo. La raccolta viene pubblicata nella collezione “La ricerca letteraria” di Anterem Edizioni con nota critica di Stefano Guglielmin.

Ecco qualche riga tratta dalla postfazione di Guglielmin

«Attraverso la “forma magnetica e densa” di una scrittura proteiforme e fortemente immaginativa, tesa ad arginare l’io e il mondo in un abbraccio placentario, Colosseo mette in scena la metamorfosi stessa, quel mutare incessante della totalità che disorienta il tempo della successione, quell’abisso senza fondo e apice dal quale la grecità fece nascere Gea, madre di tutte le cose. Sul vorticare operoso del Chaos Ricciardi poggia invece il bulbo oculare, nel tentativo sovrumano di immedesimarsi con esso tramite la forza dello sguardo, che in tal modo s’amplifica a dismisura diventando, nel medesimo tratto, io e mondo: “... solo l’occhio esiste  lo sguardo sono io prodotto / dall’occhio ... tutto è occhio e tutto è / tutto” e “io sono il mondo che mi tocca”.»

Esito del Premio “Opera edita” Provincia di Verona

La Giuria del Premio ha designato tre vincitrici: Maria Attanasio, Maria Angela Bedini, Enrica Salvaneschi. Alle tre poetesse l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Verona assegna la somma di Euro 500,00 ciascuna.

Grazie alla collaborazione del quotidiano “L’Arena”, una Giuria popolare ha scelto tra queste poetesse la supervincitrice: Maria Angela Bedini. La Giuria popolare è formata dai grandi lettori delle principali librerie di Verona, della Biblioteca Civica di Verona, della Società Letteraria, del Liceo Classico “Maffei” di Verona e “Cotta” di Legnago (Vr), del Liceo Scientifico “Medi” di Villafranca (Vr).

Alla supervincitrice sarà attribuita dall’Assessorato alla Cultura della Provincia di Verona un’ulteriore somma di Euro 500,00. 

Ecco qualche nota di Flavio Ermini sulle opere delle tre vincitrici.

Maria Attanasio, Amnesia del movimento delle nuvole, La Vita Felice, Milano 2003, pp. 112, Euro 8,00.

Il soggetto può andare incontro alla realtà per classificarla, per registrarla. Oppure può – da questo incontro – risultare lui stesso trasformato, o addirittura schiacciato. Due posizioni estremamente sbilanciate. E, direi, entrambe pericolose.

In questo libro, invece, Maria Attanasio ci mostra come il soggetto e la realtà si possano rivelare quali estremi che tra loro si richiamano. Tanto da potersi incontrare su una linea di confine che pagina dopo pagina potrà diventare anche soglia.

Questo equilibrio faticosamente raggiunto rappresenta la via che conduce alla conoscenza.

I termini di differenza tra soggetto e realtà si mantengono sospesi su quella linea (tra il confine e la soglia) che li separa e contemporaneamente li unisce. Tale linea consente di passare da un ordine all’altro, da un punto di vista all’altro. In un movimento verso le ombre che inevitabilmente accompagnano ogni pensiero. (fe)

Maria Angela Bedini, La lingua di Dio, Einaudi, Torino 2003, pp. 148, Euro 12,00 

Nella raccolta La lingua di Dio, Maria Angela Bedini si affida a un alfabeto che non ha uguali: l’alfabeto della prima nominazione. Si tratta per l’esattezza di quell’alfabeto che mette fine al tempo notturno (quello che precede la nascita) per dare libero passaggio al tempo solare (quello che ci accoglie nel mondo).

Qui la parola dice la sua natura di corpo apparentemente vittorioso sul silenzio dell’inizio, della nascita. Questa parola non poggia sulla soglia della nascita, ma viene avanti. Esce. Cerca l’aria e un suono che la tolgano dallo smarrimento. E vuole essere interrogata.

Nell’indeterminabile sta il seme primario di questa inquieta e inappagabile parola. In ogni stazione del suo viaggio conserva e custodisce ciò che il comune vedere non sopporta: l’estasi connessa all’amore e alla religione, la spaziatura che separa il desiderio dal compimento.

Nel fare poesia Maria Angela Bedini fa esattamente così: si pone di fronte al mondo come se fosse la prima volta e lo nomina come se nessuno l’avesse mai nominato. Ripercorre in questo modo la grande poesia della nostra tradizione. (fe)

Enrica Salvaneschi, In vano, Marsilio, Venezia 2004, pp. 136, Euro 11,50

Il libro In vano di Enrica Salvaneschi è dedicato esplicitamente al deserto. Un deserto inteso come specchio del proprio corpo e della propria anima. Infatti, andare verso il deserto, ci dice l’autrice, significa trovare uno specchio. E, nello specchio, la propria immagine riflessa.

Inoltrandosi nel deserto, infatti, il soggetto che voleva incontrare l’altro – un soggetto diverso da sé – incontra ancora se stesso.

Se non era previsto, questo incontro sconcerta.

Se si andava cercando una soluzione, si trova invece un problema.

Andando verso il deserto, e guardando se stesso all’interno di uno specchio, il soggetto può potenziare la sua conoscenza o sminuirla. Il soggetto viene a trovarsi in tal modo su un pendolo che può toccare, rispettivamente, lo smembramento oppure la paura.

Smembramento perché il soggetto è spinto a inseguire richiami che si moltiplicano all’infinito, e che portano a un numero imprevedibile di soluzioni. (Da qui il “potenziamento” di cui prima si diceva.)

Paura di che cosa? Di aver incontrato se stesso e di dover aprire un conto con i propri limiti, con la propria finitezza. (fe) 

Esito del Premio “Una poesia inedita”

Giuria formata da 80 critici letterari, filosofi, storici della letteratura, dell’arte e della musica, ha designato la poesia vincitrice: è di Renato Job. All’autore sarà attribuita la somma di Euro 500,00. 

SQUALI
di Renato Job

Sono documentate molte cose,

tra le più disparate, una nidiata

di gattini, strumenti musicali,

stoviglie, stetoscopi, targhe d’auto,

fossili di ambra e silice, proiettili

di armi da guerra e di armi mai forgiate,

vaganti come ghiaccio di comete…

Di tutto troverete, anche le nuvole

che passano, e la vostra stessa fame.

Di tutto troverete nello stomaco

degli squali. Anche i compiti di Eugenia

e i suoi sacchetti di plastica pieni

di cianfrusaglie, e i miei libri, e i bambini

che non ho osato far nascere, e il poco

che rimane di noi e non potremo

per molto tempo difendere ancora.

Di tutto troverete, anche la morte,

come tutte le morti dolorosa,

degli squali. 

Ecco una nota riflessiva di Flavio Ermini sulla poesia.

Tutto ciò che esiste nel mondo rivelato possiede al suo interno una forza viva. Eppure, niente può impedirci di comprendere che l’annullamento è il solo possibile esito di ogni esistenza: né la consapevolezza che la vita è potenza (“di tutto troverete nello stomaco degli squali”); né la comunione stessa con coloro che sono ricettacolo di energia (“gli squali”, vere e proprie figure del pensiero).

Segue questo percorso di formazione la poesia di Renato Job.

Squali enumera elementi della vita, tra cui molte cose concrete e qualche stato d’animo, per poi confrontarsi con la loro sparizione, con la morte.

Lo sguardo del poeta vede anche le figure del pensiero (“gli squali”) dolorosamente annegare, quelle figure del pensiero che hanno cercato di farsi custodi di sapere; che “documentano” il finito e poi più nulla.

Questo ricorda Job:

  • percepiamo solo cose finite e poi più nulla;
  • ci riempiamo di cose e non vogliamo saperne la verità.

Che la morte sia inevitabile e ci costituisca è un’evidenza prima; non ha bisogno di dimostrazione. Più difficile, aggiunge Job, è credere che l’immortalità, anche solo del pensiero, sia un’illusione che la luce del vero dissolve. La fine prevede “anche la morte, / come tutte le morti dolorosa, / degli squali”.

Noi siamo eterni solo nella nostra fugace apparizione su questa Terra.

Esattamente come le nostre idee, siamo eterni solo nella nostra bellezza mortale. Ricordiamo a questo proposito quanto scrive Leopardi nella penultima pagina (4525) dello Zibaldone: «Due verità che gli uomini generalmente non crederanno mai: l’una di non saper nulla, l’altra di non esser nulla. Aggiungi la terza, che ha molta dipendenza dalla seconda: di non aver nulla da sperare dopo la morte». (fe)