Marco Furia su Olio santo II di Fausta Squatriti

Una poesia civile

Con da “Olio santo”, Fausta Squatriti presenta un’agile e pregnante composizione in cui il secondo e il terzo verso

“profilo contorto sfinito

paesaggio senza pena terso”

gettano una sorta di assertiva luce sull’intera poesia.

Siamo al cospetto di un “paesaggio” evidentemente deturpato eppure “senza pena terso”, ossia di un’ “ultima frontiera” che induce a riflettere sulle condizioni di una natura violentata ma ancora capace di mostrare se stessa.

Volendo interpretare la suddetta pronuncia in maniera differente, si potrebbe pensare a una sorta di provocazione secondo la quale il “profilo contorto e sfinito” si mostrerebbe, ormai, come dimensione ambientale tout court, forse non accettabile ma, purtroppo, usuale: siffatta lettura annullerebbe ogni possibilità di fiducia, sicché non resterebbe altro da fare che attendere l’inevitabile catastrofe.

Il tono di denuncia civile del componimento, però, invita a una presa d’atto la cui conseguenza non può certo essere una pessimistica attesa: qualcosa, nonostante tutto, si può fare, anzi si deve fare.

Il mondo c’è ed è com’è e da qui, soltanto da qui, occorre ripartire: le responsabilità sono evidenti, ma proprio perché tali mostrano in maniera chiara, a tutti, la via che occorre intraprendere.

È da notare come il testo non propenda verso facili toni di protesta sociale e politica, ma si svolga secondo efficaci pronunce descrittive che tendono all’equilibrio piuttosto che alla scompostezza: un equilibrio non solo formale ma, vorrei dire, anche sostanziale, poiché, per risolvere un grave problema, occorre, innanzi tutto, accorta fermezza.

E la pregnante agilità di cui parlavo all’inizio riflette, a mio avviso, proprio un’esigenza di assidua, equilibrata perseveranza: questa poesia, insomma, non si limita a rappresentare un grave problema ma mostra anche l’atteggiamento utile a risolverlo.

I versi in esame si possono definire propriamente civili, poiché il loro parlare è già, anche, indispensabile qualità del fare.

La parola di Fausta, insomma, esiste davvero.