Annamaria De Pietro, "Rettangoli in cerca di un pi greco", Marco Saya Edizioni 2017, nota di Flavio Ermini

Colui che parla cerca qualcuno presso cui stare e da cui rifugiarsi.

Colui che parla cerca la realtà più autentica. Cerca il limite.

L’assoluto non rappresenta più la meta immediata del movimento dell’esistenza.

Il limite del quale ci parla Annamaria De Pietro trasforma il commiato in un arrivo.

È un vuoto oscuro che si ritira in se stesso, accogliendo l’elemento della passione, ospitando echi di profondità inaspettata.

Accade a chi parla che la notte della casa si trasferisca nella notte della natura.

Più precisamente in quella parte della natura che è immagine del caos e che forse solo la forma chiusa della quartina può rivelare, svelando che ci sono sempre altre cose da dire.

 

 

Risarcimento in sé

 

Ripeti chiaro sintagma ripeti

fino a che il senso dentro ti si sfasci

sfasciandoti, e soltanto un filo lasci

che sia sutura ai frammenti discreti.

È esperienza comune (nei due sensi del termine), eppure ogni volta straniante di sorpresa, che ripetendo molte volte e rapidamente una parola questa perda alla fine il suo significato e diventi una pura sequenza di suoni insensati. Non sempre dunque repetita juvant. O forse è vero il contrario. Forse massimamente juvat risentire ogni tanto la fresca e franca quintessenza del suono fra i denti, come un filo d’erba matta.

 

 

La riconversione

 

Tanto ad imperfezione cresce crosta

arra dei tempi dispersa congiura

che nel tempo che cresce monta e dura

perfezione di scaglie sovrapposte.

 

L’inizio di tutti gl’inizi – Tutto è relativo.

Item – Anche l’imperfetto ha la sua perfezione, la perfezione dell’imperfezione.

Item – L’elogio dell’imperfezione si compiace con una certa sua qual civetteria

di una certa sua qual perfezione per quanto si riferisce all’originalità

del pensiero.

Item – Il tempo è galantuomo.

 

 

Per svago

 

M’inventerò con il filo e con l’ago

una forma possibile a ricamo

di fiori e tinte, con la lenza e l’amo

il balzo da acqua ad aria, argento e drago.

So cucire (ricamare poco, dal tempo dei tentamina adolescenziali, imparaticci di competenze); non so pescare. Ma fingendo di saper fare benissimo sia l’altra sia l’una cosa, ebbene le farò e le faccio entrambe con l’ago-amo della bic, la freccetta cursora del computer. E così vedi che non tu, non io saremo senza.

 

 

L’approssimazione

 

Morte non parla che in breve quartina,

approssimata prova di silenzio,

nebula azzurra in calice d’assenzio,

arco voltaico alla seconda spina.

 

Scrissi questa quartina anni fa, in un tempo assai difficile da vivere, tristissimo, nel quale, così era, riuscivo a produrre quasi soltanto quartine: una quantità strabocchevole, da vergognarsene – me ne vergognavo. Allora pensai che la quartina potrebbe essere vista come una prova tecnica e puntuale di afasia, non proprio ancora la morte ma l’officiatura ben replicata e ligia dei suoi dispositivi preparatori – come dire un rito a ripetizione potenzialmente senza fine.

Non sbagliavo: l’afasia, quella compatta e intera, seguì qualche tempo dopo, e durò a lungo, privata del sia pur gramo alito di una quartina.

Ma. Palinodia. Ben venga (senza esagerare) la quartina, che in un assai esiguo spazio, proprio per l’esiguità e strettura di quello spazio prossimo al niente, deve (e lo fa) non rinunciando contenere un intero esatto di significato e senso; che è libera in sé medesima, in debito soltanto con la sua stessa norma numerale; che è a sé bastante, e superba, e disposta a tutto – anche, e precipuamente, quando il carcere è scuro, a morire.

Resti forse, a epitaffio, prosa amica di glosse che guardano indietro, rivolte avanti, a vivere – la mano lunga, la voce lunga del commento, l’aria serena che fugge via dal ventaglio. Aria di analogie pensate dopo, persone e libri e figure, e compleanni, e viaggi, e cinema, e grammatiche, fiancheggiatori elastici di quei rettangoli sfrangiati a oriente. E sono forse loro, le erranze erratiche, il pi greco?

 


Annamaria De Pietro è nata a Napoli. Vive a Milano. La sua prima pubblicazione in versi risale al 1997: Il nodo nell’inventario, Dominioni Editore, Como 1997. Sono seguiti Dubbi a Flora, Edizioni La Copia, Siena 2000; La madrevite, Piero Manni, Lecce 2000; Venti fusioni a cera persa, Piero Manni, Lecce 2002. Nel 2005 pubblica un libro in napoletano, Si vuo’ ‘o ciardino, Book Editore, Castel Maggiore 2005. Nel 2012 esce Magdeburgo in Ratisbona, Milanocosa Edizioni, Trezzano S/N 2012. Ultima pubblicazione, Rettangoli in cerca di un pi greco. Il Primo Libro delle Quartine, Marco Saya Edizioni, Milano 2015.