Alessandro Assiri, "Lettere a D.", LietoColle 2016, nota di Flavio Ermini

Popola queste poesie una vasta schiera di momenti legati a un misterioso personaggio.

A ogni gesto Alessandro Assiri si rivolge senza attendere risposta. Nemmeno per ipotesi.

Guadagnarsi il diritto di sopravvivere è già un buon risultato. Per farlo, osserva Assiri, significa starsene ritto e immobile di fronte a un muro, forse invalicabile.

Poesia in forma epistolare, perché? Perché non c’è sistema, sia pure imperfetto, che sia creato una volta per tutte.

E quale forma allora è meglio di una lettera? materia mutabile e sempre mutante? e che vive soprattutto nello slancio esecutivo?

La poesia per Assiri è viva materia in movimento; è testo mai concluso, indirizzato a un destinatario chiamato a esserne l’esecutore.

 

 

A D. Che non butta via niente

 

facevi una vetrina coi tuoi sogni

soggiornavi nelle tue regioni senza orizzonte

chiamavi ogni cosa come da dietro una parete.

Mi facevano sorridere le tue inutili manovre per rimediare ai disastri

sembravi un bambino che per pulire allargava la macchia

un dito che stuzzicando allarga il buco.

Restavamo sempre lì come fossimo la prima parte di qualcosa da completare

restavamo insieme ad aspettare gli anni

così come si aspettano le idee per sempre inconcludenti

per timore di concluderci. Avevamo ancora un nome per ogni rivoluzione

stavamo a margine di tutto con quel modo inconsueto che hanno solo

i vecchi di rimanere in disparte

le battaglie perdute in un mazzo di carte.

 

 

A D. Che sovrappone le caviglie

 

ascoltavo il nostro silenzio

il rumore dei gesti ripetuti e della tua stanchezza

ascoltavo il farsi fottere delle nostre rivoluzioni

lo sciogliersi lento della schiuma della birra.

Ti guardavo bellissimo e falso

zona mediana del grigio

fingevi argomenti e diventavi aggressivo acchiappando

un pensiero di carne e pelle.

 

 

A D. Che attraversa al semaforo

 

lo sai perfettamente che c’è sempre

un mondo per cui non si è stati previsti

ma tu non ci badare nemmeno fosse vero

nemmeno se non torneranno i conti del fare e quelli del subire

o ti chiederanno per quanto è durato questo poco da mozzare il fiato.

 


Alessandro Assiri è nato a Bologna nel 1962. Vive e lavora a Trento. Collabora con riviste cartacee e telematiche. Scrive da anni opere in versi.