Mara Cini su Incipit di Paola Zallio

Numerosi interessanti elementi si intravedono in Incipit, prosa poetica di Paola Zallio:

indagine sulla nascita del linguaggio tra ricerca di ordine “razionale” e ascolto delle pulsioni archetipiche, indagine sul germogliare e il fiorire della lingua nel formarsi dei nomi.

il respiro apre il varco del nome “parlato” attraverso il corpo-voce, la mano apre il varco del nome “scritto” , tracciato, sedimentato, il respiro apre il varco del nome a partire dal balbettio infantile, un sillabare che tenta di riconoscere, inseguire, e infine precisare l’identità personale nella realtà circostante.

La cosmogonia delle lettere privilegia le vocali, amate, come è noto da artisti e poeti, tra esse la protagonista Paola, in Incipit, fa della O il suo grembo.

La O che già era la lettera preferita della Thérèse di Canetti in Auto da fé, Thérèse che faceva le migliori O della classe: “Se un titolo conteneva molte O, per prima cosa lei contava quante erano, poi le scriveva tutte alla svelta in fondo alla riga e utilizzava lo spazio rimasto al principio per scrivere il titolo, che mutilava convenientemente”.

Prima di ogni leggibilità c’è infatti il nascere sillaba dopo sillaba di una lingua madre che resta luogo dell’imprinting, dell’apprendimento, dell’esprimersi e del ricordare.