Rosa Pierno su Piano Argento di Angela Passarello, edizioni del verri, 2014

Una delicatezza che nasce dalla semplicità e dalla sintesi, dal parco uso delle parole, dalla calibrata aggettivazione con cui ogni lirica ci dispiega dinanzi agli occhi il racconto di memorie e percezioni. La parte che sta per il tutto, grazie alla capacità di individuare un’immagine che riassuma in sé una tramatura d’essere con le sue lacune e il suo senso alleggerito o latente, ma che valga come un simbolo dell’intero e che, dunque, sappia anche sostenere il peso delle cose concretissime, arse, assetate, o infitte come oasi nel mare dell’inconsistenza. Se tali immagini risalgono ai ricordi d’infanzia, esse però sono restituite come fossero l’unica dimensione riconosciuta e individuante della propria personalità: “quando imbastivi i vestiti per la festa / spezzavi il filo con i denti davanti / nel medio indossavi sempre il ditale / appariva regale la tua mano vestita”. E regale resta per sempre, senza che sia fissato il metro di confronto in una realtà esterna, radicalmente altra. C’è dell’assolutezza in questa poesia: un valore che sembra risiedere in un marchio, anche qui legato al dato geografico e climatico, dove oltretutto la cultura, in terra siciliana, è questione di mescidazioni tra quella greca e quella araba e, dunque, subito deponente il concetto dell’ideale incorrotto. Ciò che pertanto sembra facile, per la sua peculiare freschezza, si mostra nella sua veste barocca di dato complicato, da decifrare, anche solo col fine di voltarlo per vedere quale sorpresa riservi il verso. Il recto, fisso e come scolpito in una luce meridiana, assolata, è scavato da una sintassi quasi avara, scabra, ove si sente che il poeta incide, rastrema, filtra: “lo mantiene dritto un bastone / come certe viti invecchiate / sollevate da terra a fatica”. Ma sovvengono anche certe prove di scuola francese, (si pensi alla prosa di un Ponge) ove si tenta di liberare le cose da un linguaggio che inevitabilmente le incrosta: “il cane la precedeva marcando il territorio / la vecchia sovrastata da un fagotto di stoffa sbiadita / entrambi ritornavano poi verso la casa diroccata”, anche se qui più potente risulta essere lo scavo: quasi da graffito su rupe, in assolato deserto.