Ultima pagina: “Memento mori” di Fausta Squatriti, particolari e nota dell’Autrice

Memento mori, 2014

Memento mori sta ad una fase di ricerca degli ultimi anni, nella quale mi sento libera di fare quello che mi piace fare, e il disegno è tornato tra le mie mani sempre più come una necessità.

Fiori, belli per eccellenza, ma da me "ritratti" con maggior piacere quando sono secchi, contorti, quando le loro venature, una volta perduto il turgore della vita, diventano precise come una radiografia, rivelando l'intima struttura dei loro fragili corpi. I colori virano verso inedite sfumature, i gambi si contorcono asciugandosi per diventare secchi, ed ecco che al mio sguardo tutta quella bellezza si è ben presto trasformata in un campo di battaglia, coperto di morti, feriti, ritrovati, riesumati, magari ancora ricoperti dalla calce delle fosse comuni.

L’estetica del dolore, della trasformazione, dalla carne allo scheletro, si serve della bellezza come facevano i barocchi per i loro Memento mori, raffinati promemoria della fine ultima del corpo come strumento della vita. Le ossa degli esseri animali ci attraggono e respingono, grandi composizioni estetiche sono state fatte con le ossa, e ancora ornavano chiese e cappelle, sarcofagi e capitelli. Al mondo vegetale si è riservata più leggerezza, diventando la mela bacata, la foglia secca, con il loro portato simbolico, un accenno meno drammatico alla malattia e alla morte, ma proprio perché nel mondo vegetale il dolore della malattia non è, se c’è, appariscente come quello del mondo animale. Ritornare a questi antichi inganni, per dire il vero più crudo, drammatico in modo intrinseco, senza il dramma aggiunto delle umane vicende, è la ragione di questi disegni di grandi dimensioni, dove la matita, impugnata come fosse uno stiletto tagliente, asseconda ogni piega, arricciatura o vena del fiore a modello. 


Biografia di Fausta Squatriti (a cura di Ornella Mignone)

pubblicata nel catalogo edito da MANDRAGORA in occasione della mostra
SE IL MONDO FOSSE QUADRO, SAPREI DOVE ANDARE…

a cura di Elisabetta Longari
Gallerie d’Italia – Triennale – Nuova Galleria Morone

Fausta Squatriti nasce nel 1941 a Milano, dove vive e lavora. Alla mostra di Picasso a Palazzo Reale di Milano, nel 1953, ancora bimba, decide che diventerà un’artista cubista. Lo stesso anno all’Arengario di Milano alla mostra dedicata al disegno infantile c’è anche un suo disegno: La pezzente. Il suo professore di disegno Gianni Monnet, aderente al MAC, la incoraggia a iscriversi alla X Triennale Socota, Concorso internazionale per disegni di tessuti per arredamento. Sua madre, la scrittrice Lina Angioletti, giocherà un ruolo importante: introduce Fausta nel mondo dei suoi amici, da Quasimodo a Lucio Fontana.

Nel 1959 si iscrive all’accademia di Brera, dove si diploma nel 1963 con una tesi su Il metodo nella ricerca di Paul Klee; nell’estate del 1961 frequenta l’International Sommerakademie di Salisburgo, dove impara a usare l’acquarello sotto la guida di Kokoshka. La sua prima mostra milanese è del 1960, alla Galleria del Disegno, dove espone una serie di disegni astratti presentati da Roberto Sanesi.

Il suo coinvolgimento per l’arte è sempre più totale e con Sergio Tosi inizia a occuparsi di edizioni numerate, attività che porterà la giovane coppia a essere conosciuta internazionalmente per il loro lavoro tanto con grandi maestri quanto con i giovani emergenti. Sposa, quasi per scherzo, Sergio Tosi a New York in occasione della personale da Barbara Koz, è il 1969. Il libretto “The coud eye” pubblicato all’occasione da Sergio Tosi, con testo di Gillo Dorfles, è posto in vendita nei bookshop del MOMA e del Berkeley Museum of Art. Nello spazio dell’Art Lending Service del MOMA, sono esposti gli –intaglio- di alluminio. Fausta e Sergio, che andavano spesso a trovare Antonio Calderara a Vacciago, si innamorano del luogo e decidono di trasferirsi sul lago d’Orta. Man Ray regala loro il disegno per una fontana purtroppo mai realizzata. Come editori Squatriti e Tosi sono attivi dal 1964 al 1974, data che segna sia la fine del matrimonio che del legame lavorativo. Fausta Squatriti riorganizza la propria vita da sola, è il 1980 quando riprende a proprio nome l’attività editoriale. 1

Tra il 1964 e il 1965 nascono i primi cicli tematici: Bagno d’aria e La passeggiata di Buster Keaton. Sono dipinti ispirati alla spazialità tiepolesca in chiave pop, fanno parte delle opere le cornici di legno intagliato, un connubio buffo e solenne. Ripresi nel 1966, diventano teatrini tridimensionali, nel nero si muovono figure colorate. La strada verso la scultura è annunciata e si concretizza con le Sculture colorate. La severità delle forme geometriche è contaminata da elementi vicini al cartoon. Per realizzarli Squatriti usa tecniche e materiali industriali: acciaio speculare, plexiglass, ferro laccato.

Si interessa a queste sculture il mercante d’arte Pierre Lundholm che le presenta nella sua galleria di Stoccolma e ne vende una al Moderna Museet. Questi lavori sono presentati da Gillo Dorfles in occasione della prima mostra americana di Squatriti alla galleria Kozmopolitan di New York (1969), in seguito portata alla The Courteney Gallery a Houston e alla Jack Mizrachi Gallery a Città del Messico.

Gli oggetti inquietanti che Fausta Squatriti viene ideando e realizzando da un paio di anni sembrano usciti da un fascicolo di science fiction dove si cerchi di descrivere le suppellettili che dei cosmonauti terrestri scoprono nelle abitazioni di un’altra galassia. 2

Le Sculture colorate sono proposte anche in Israele alla Mabat Art Gallery di Tel Aviv nel 1970, da Alexander Iolas a Ginevra; e fanno una tournée anche in America Latina, a Caracas nelle gallerie Estudio Actual (1970) e Artecontacto (1975) e al Museo de Arte Contemporáneo Jesus Soto di Ciudad Bolivar (1975).

A partire dal 1972 Fausta Squatriti elimina il colore, tutto diventa rigoroso, essenziale, per un decennio la sua ricerca verte attorno alla geometria astratto-geometrica espressa con le Sculture nere, in ferro e acciaio, presentate alla galleria del Naviglio a Milano nel 1979. L’anno successivo il Centro Iniziative Culturali Concordia 7, Pordenone pubblica la monografia che correda la mostra di cui la seconda tappa è allo studio Marconi a Milano. In questa occasione Squatriti inizia un fitto carteggio con Giulio Carlo Argan, con il quale condivide riflessioni sull’arte; l’epistolario è ora depositato presso il “Fondo manoscritti” di Pavia. Argan firma i testi della prima mostra parigina da Denise Renè nel 1982 e della prima personale a Düsseldorf, da Karin Fesel, nel 1987. Dall’incontro con la gallerista tedesca nascono diverse occasioni espositive, personali e collettive nei suoi spazi di Düsseldorf e Sonsbeck ma anche in importanti spazi pubblici in Germania.

Con la metà degli anni ’80 l’artista imprime al suo percorso creativo una svolta decisa, si avvale di un linguaggio che ha bisogno della superficie e del volume. Squatriti si ritiene soddisfatta del suo lavoro con il ciclo Fisiologia del quadrato (1985), installazioni che mettono insieme pittura, grafica e scultura, triade che si consoliderà ulteriormente con il ciclo In segno di Natura. Nel 1991 inizia il ciclo: I segni del conflitto, cui segue I ferri del mestiere, un’indagine sugli strumenti di tortura. Sono dittici o trittici sempre più crudi, violenti. Utilizza foto di scimmie urlanti: nasce Nel regno animale e prosegue con gli spasmi dei frutti e dei fiori deformati, malati: Nel regno vegetale. Nel 1995 approfondisce il tema dei Legami di sangue, congiunzioni improprie, tragiche, tra esseri diversi, elementi che generano violenza e sofferenza. In Sed libera non a malo, dello stesso anno, Squatriti inverte i termini percettivi, visivi e di valore, lo scopo è rendere attraente la bruttezza delle cose e viceversa. Vicine a questa serie sono le stazioni della Via Crucis realizzata nel 1996 ed esposta a Bergamo nell’Ex Teatro Sociale. Pierluigi Lia ne scrive: non come un’opera fatta per piacere, ma a un discorso fatto per urtare fin nelle viscere3. I pesci rappresentano il simbolo del dolore nella serie Strage degli innocenti, 1997, dolore e sofferenza anche con Un Requiem per la specie e per la macchina, con brandelli di corpi umani accostati a parti di macchine logore, ciclo presentato all’ex essiccatoio a San Vito al Tagliamento (Pordenone) nel 2000.

Il Museum am Ostwall di Dortmund nel 2001 dedica a Fausta Squatriti un’antologica a cura di Ingo Bartsch; egli sostiene che I ferri del mestiere è il ciclo che indica più chiaramente quale è la questione principale dell’artista: il male fa parte del mondo e, poiché esso tende a nascondersi, deve essere smascherato per poter essere combattuto.4 In questa occasione Mazzotta pubblica una ricca monografia curata da Claudio Cerritelli.

I particolari ritratti di intellettuali che compongono La Commedia Umana, sono raccolti per la prima volta in Italia all’interno dell’antologica alla Fondazione Mudima a Milano nel 2001.

Beata solitudo sola beatitudo, serie non ancora conclusa, inizia nel 2002 e viene proposta a Bologna, alla nt gallery da Valerio Dehò. Per il Giorno della Memoria 2006, all’interno dell’ex Sinagoga, a Monte Savino (Arezzo) Fausta Squatriti progetta l’installazione intitolata Zachor – In memoria (Ricordare per essere liberi), che sarà poi esposta a Torino al Museo delle ex carceri Le Nuove nel 2013.

Ecce homo è invece la retrospettiva che le dedica nel 2009 il Moscow Museum of Modern Art di Mosca, a cura di Evelina Schatz. Il ciclo omonimo, iniziato nel 2005, ha come fulcro un insieme di immagini di un reportage di denuncia sulle condizioni degli internati negli ospedali psichiatrici dei paesi dell’Est.

Jaqueline Ceresoli introduce la mostra da Assab One a Milano nel 2011, concentrandosi soprattutto sui trittici che compongono il ciclo Ascolta il tuo cuore città, titolo preso a prestito dal romanzo che Alberto Savinio pubblica nel 1944. Un viaggio onirico nello spazio e nel tempo, surreale, fino al cuore della metropoli, esangue e rantolante dopo un’apocalisse. […] un presupposto poetico scritto con le immagini e gli oggetti che raccontano la solitudine dell’umanità e delle sue bellissime città così genialmente costruite. 5

Sue opere fanno parte della collezione del Centre Pompidou, che ne espone una nella mostra Elles@centrepompidou nel 2010, e del Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, che la espone nella saletta dell’arte italiana nel 2015/16.

Fausta Squatriti ha insegnato presso le accademie di Carrara, Venezia e Milano, è stata visiting professor all’Académie des Beaux-Arts di Mons. Nel 1988 è invitata a insegnare e a esporre alla University at Manoa di Honolulu, esperienza che ripeterà nel 1994. Ha tenuto conferenze sul proprio lavoro e su altri argomenti a Honolulu, Tel Aviv, Haifa e Parigi, oltre che in Italia.

Per quanto riguarda il lavoro in ambito letterario, va segnalata la pubblicazione di poesie e saggi. Sue poesie sono state tradotte in ebraico e pubblicate in Israele nel 2012, e nello stesso anno una silloge in inglese è pubblicata sulla rivista internazionale ''Incontri''. La più recente raccolta di poesia è Vietato entrare (La Vita felice, 2013); nel 2016 è pubblica la traduzione francese di una scelta di sue poesie, Une anthologie 1960-2012 (L’Harmattan, Paris 2016). Dal 1992 al 1995 esce la rivista interdisciplinare ''Kiliagono'' fondata dall’artista con Gaetano Delli Santi ed edita per il Pesce d’oro da Scheiwiller. Per quanto riguarda la prosa, due sono i romanzi pubblicati, Crampi (Abramo, 2006) e La Cana (Puntoacapo, 2015). Nel suo percorso vanno infine citate alcune esperienze collaterali, fra cui nel 1997 la fondazione con Francesco Leonetti del Teatro dell’autore in scena, che proponeva brevi testi di artisti e poeti impegnati anche nella recitazione. Il gruppo esordì alla Fondazione Mudima a Milano, con successive prove al Festival Ricercare a Reggio Emilia, a Venezia per il Festival della parola, e a Milano per Teatri ‘90, il Teatro Franco Parenti e ancora Mudima. Nel 2011 è andato in scena alla Fondazione Calderara di Vacciago il monologo Istruzioni per l’uso, recitato da Alberto Lombardo. Nel 2002 Squatriti ha creato le scenografie per The stillest, con la coreografia di Eric Senen, rappresentato al teatro Mains d’oeuvre di Parigi, e nel 2012 ha curato i testi e creato gli oggetti di scena per Ora d’aria, spettacolo rappresentato dal Teatro delle Selve sul Lago d’Orta. Squatriti ha impiegato diversi anni per indagare un oggetto legato alla sua famiglia e del quale nulla si sapeva, l’esito di tale ricerca storica, artistica e narrativa è raccolto in Pollice verso. Storia di un arazzo (Nardini, Firenze 2015).

1 Dal 1980 l’artista riprende l’attività editoriale, realizzando Exacta, la sua più impegnativa edizione dedicata a 27 protagonisti della ricerca costruttivista internazionale.

2 Dorfles Gillo, Oggetti inquetanti, “The Cloud Eye”, Sergio Tosi, Milano 1969

3 Lia Pierluigi, Via Crucis: considerazioni teologiche per un’iconografia, in Recanati M. Grazia (a cura di), “Via Crucis”, Mazzotta, Milano 1999, p.12.

4 Bartsch Ingo, trascrizione del discorso tenuto all’inaugurazione della mostra Per una poetica della tortura ovvero: insorgere contro la permanenza del male, Museum am Ostwall, Dormunt, 23 maggio 2001

5 Ceresoli Jaqueline, Fausta&Squatriti, in Nano Stefania (a cura di), “Conosci te stesso”, Quinta Arte, 2012