Emidio Montini, prosa inedita “Lo scriba”, con una premessa di Mara Cini

Lo scriba di Montini mi riporta all’opera Deiscrizione (1972) di Claudio Parmiggiani: uno scriba ricoperto di scritte, simboli, ideogrammi e altri alfabeti, tiene sulle ginocchia una tavola bianca priva si segni. Di fatto la scrittura ancor prima di venire prodotta dall’uomo con intenti comunicativi si sedimenta sulla sua epidermide. “dirupi, forre, cortecce, coralli” sono iscritti, non scritti. E il “taccuino” diventa terreno o “tappeto di foglie” dove i segni linguistici sono tracce tra le tracce, a volte decodificabili, a volte tenacemente imprendibili.

 

 

Lo scriba

Dolorosamente candido, dolorosamente in lutto. Come può essere? Fuori squadro. Di fronte al mondo. Un sollievo. Le strade un tappeto di foglie. Questo taccuino un libro proibito. Un campo di battaglia per angeli e demoni, come al momento della nascita. Non sono un banchiere, non sono un mercante. Non devo ingannare nessuno se non me stesso. E questo lo faccio spesso. Sono un esperto. Dura da una vita. Ma ora basta. Perfino il crogiolo è stanco, di borbottare. Credo il ferro sia pronto. Una spada, un forcipe. Sto partorendo in casa. In casa sono nato. Una strettoia di valle. Un vecchio mulino. Cumuli di coperte. Sul davanzale a prendere il sole. Quando c'era. Ricordi miei o di altri? Non so. Grandi nebbie. A due anni andato via. Mai più tornato. Credo il torrente sia asciutto. Come i fiumi della terra. Ma a me è rimasta la sete. Una sete implacabile. Dentro. Un amore per le cose aspre. Dirupi, forre, cortecce, coralli. Abissi e sommità. Gli estremi sempre. E poi le stelle. Le donne. Imprendibili entrambe. Perché distanti le prime, perché amare le seconde. Iside morta con il suo Osiride. E la razza pure. Tutto nei mezzi toni del tempo. E l'eternità che langue. Che aspetta i suoi divoratori veri. La tavola non è più rotonda. Ora è fluttuante. Informe. Come le parole. Quella detta non è mai la pensata. Una maschera per ogni occasione. Un'occasione per ogni maschera. Il filo a piombo fa paura. Il cristallo di neve pure. Troppo semplici, troppo perfetti. Troppo colmi di fede. Troppo atavici. Per fortuna ci è rimasto il pianto.

 

 

Emidio Montini nasce nel 1954 in una valle del Bresciano fra le più laboriose e chiuse a tutto ciò che non ricada sotto la voce “tempi e metodi”. Forse, a condurlo ignaro verso quella vanità chiamata poesia, solo può essere stato quell'elemento, primitivo e sacrale, ereditato da parte materna. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni poetiche dal 1978 ad oggi: Poesie (La Voce del Popolo, Brescia 1987); A Colloquio con l'Angelo (Edizione del Leone, Venezia 1990); Mutamenti e Identità (Edizioni del Leone, Venezia 1992); Cassandra la Bella e altre cose (Edizioni Tracce, Pescara 2002); il romanzo breve Il Panico e la Grazia (L'Arcolaio Editrice, Forlì 2008); Uo-dishallo, Diario Africano (L'Arcolaio Editrice, Forlì 2009); La moneta a noi donata, Poesie (L'Arcolaio Editrice, Forlì 2010). Alcune buone recensioni su quotidiani e varie le segnalazioni in molti premi letterari.