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XXXVIII Edizione Premio Lorenzo Montano
Il nuovo libro di Flavio ErminiNovità editorialiSono stati pubblicati da QuiEdit gli Atti della giornata di studio dedicata dalla Biblioteca Civica di Verona e da Anterem a “Lorenzo Montano e il Novecento Europeo. Gli interventi qui riuniti sono di Giorgio Barberi Squarotti, Flavio Ermini, Gio Ferri, Claudio Gallo, Maria Pia Pagani, Tiziano Salari. Curatore degli Atti è Agostino Contò, a cui si deve l’introduzione al volume. Viaggio attraverso la gioventù di Lorenzo MontanoViaggio attraverso la gioventù di Lorenzo Montano viene edito per la prima volta da Mondadori (1923). Successivamente l’opera sarà pubblicata da Rizzoli nella collezione B.U.R. (1959), con un saggio di Aldo Camerino (1901-66). Tale saggio viene riproposto in questa terza edizione, che si presenta arricchita da una biografia e una bibliografia aggiornate, a cura di Claudio Gallo, oltre che da una riflessione interpretativa di Flavio Ermini. Premio speciale della giuria Lorenzo MontanoNell’ambito del Premio Lorenzo Montano XXVIII edizione il Premio Speciale della Giuria "Opere Scelte - Regione Veneto" è stato attribuito dalla Giuria del Premio a Luigi Reitani La poesia del pensieroIntervista con Flavio Ermini a cura di Antonio Ria Flavio Ermini è stato intervistato da Antonio Ria il 15 gennaio 2013 negli studi di Milano della RSI / Radiotelevisione svizzera – Rete 2. Nuclei centrali dell’intervista sono stati: il suo ultimo libro Il secondo bene (Moretti&Vitali, 2012) e la poetica della rivista “Anterem”. Contenuti più vistiChi è on-lineCi sono attualmente 0 utenti e 0 visitatori collegati.
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Cristina Annino, da “Magnificat. Poesie 1969-2009”, Puntoacapo 2009, con una nota di Rosa PiernoNon è in una trentina di righe che si può parlare di un libro che raccoglie 40 anni di poesie, qual è l’antologia di Cristina Annino “Magnificat. Poesie 1969-2009” e, dunque, va da sé che soltanto si può riportare qualche nota che abbia più fortemente colpito durante la lettura: anzitutto la registrazione di un’intelligenza tanto lucida quanto sarcastica, ironica quel tanto che serva a puntualizzare che la responsabilità è di come stanno le cose, delle persone che si sono incontrate e si sono amate. Da qui la catastrofe, poiché ciò che è perfetto diviene corrotto, retrocede contro un melmoso fondale di fango, mentre il soggetto della poesia è costretto almeno al reclamo della soddisfazione dei bisogni più elementari, anzi ancora più aggressivamente pretesi. Non si rintracci la mancanza di normalità o di equilibrio nell’autrice, ma nelle relazioni che si sono venute a instaurare con l’altro: lo si evince dal fatto che la scrittura è di quelle che testimoniano di una sensibilissima capacità di cogliere sentimenti e motivazioni sia in sé che nell’altro e di denunciare lo scarto dall’equilibrio: “Ogni giorno, /farlo per farlo, si / spara nel circo del petto / a nobile distanza. Poi perderà. Sia come / sia, salutiamola con riserbo. Gli / stan fumando il mondo dal / naso” a riprova della sua consapevolezza e della sua partecipazione a un gioco di cui non può stabilire le regole. E, allo stesso modo, quel passaggio dal femminile al maschile per parlare di sé sembra più una capacità di assolvere a più ruoli, di saper giocare in più sembianti, in poche parole di essere il giocatore che ha sempre più assi nella manica di quelli che il caso le fa giocare, e a cui, comunque, deve sottostare. Questa capacità metamorfica, questa potenza nella lettura del reale, è anche l’aspetto forse più prezioso che la stessa Annino ravvisa non solo in sé, ma anche negli altri ( e quale festa quando ciò avviene). D’altronde, ci pare che sia saldissima la presa formale delle sue poesie: l’abilità di partire da un’immagine istintiva, appena un la, un accordo di partenza, per sviscerarla fino nelle sue interiora più riposte e sorprendenti. Reale, in fondo, può ben poco di fronte a una simile artefice!
da Ritratto di un amico paziente (Gabrieli, 1977)
Ritratto per Casorati Come Gustav Mahler che ascolti e ne invidi la morte, i compimenti, io dopo ti vedo nostalgico, lento non più uomo né donna, importa quel solo giallo acuto delle labbra, che ancora lasci in Mahler la ragione parlando fumando senza volgarità. La vena arrossata tra i capelli gira indietro come un laccio. La gran pena di tutto il mondo per te è questi atti, suoni, persino muori, allungando il tuo braccio arancione sulla sedia.
da L’udito cronico (Einaudi, 1984)
L’udito cronico Le poesie d’amore le do in appalto ai droghieri. Io inseguo pensieri su cui casco, è vero, in rime toniche. Anche a me succede; ma in genere, è un fatto, sto in piedi. Ed ho un bell’udito cronico per la vita, o meglio per la testa impazzita dell’uomo che ragiona, e gli sale accanto in due, divisa fino all’occhio glaciale.
da Madrid (Corpo 10,1987)
Tutte le conseguenze sono state fatte Ormai l’accetto da molto tempo. Lei è scesa davanti a me, mattone dopo mattone come una casa, dall’autobus bella e quale un evento eccezionalmente pesante. Chi fa per me pensandomi, vale a dire decidendomi, come dire il destino o gli altri sulla mia testa, hanno la lunghezza misurabile e il clima breve di quel pezzo di strada. Mai ho il senso della fine quanto percorrendola. Potrei stare senza: nel sonno imparo cose del mio corpo non facendo niente, e mezzo mondo èsotto il sole stupido. Ma le faremo alla fine lo stesso le scale, l’acquaio, la fame, le stanze. Con calma. E che bontà almeno non parlare mai di Ritsos.
da Magnificat (inediti)
*** Parlando evaporava, s’aggiustò la frase su qualche organo; cresceva così l’albero. E’ il triste spirito che l’ossessiona, col mento liscio sopra i binari. Quel che non vede: mangiare sé senza far ridere, per esempio, era quello. Tirar via la creatura da sé, viva ancora, e con furia strafusa mandarla lei stessa al macello.
Magnificat Tinto fino alle gambe d’un combusto odore di gas, l’occhio sinistro rigido di pensiero mescolato a formiche. E’ tanto sfatto di sé, pieno, vuoto stanco con spartiti nello spazio minimo. Vorrebbe farla finita, ma prende in mano- biglietto d’ingresso o tessera del pane- il talento che ha e lo mostra nell’intento carnivoro di mangiare. Mangia. Ché di più credendo, con barbara fedeltà al l’Altezza, qualità dei reni o massa musicale, a quanti ottoni ancora lo percuotono dentro come tegami di casa sua. Con tale elastica facoltà da pompiere senza pompa, anche non volendo lo fa (ma chi tira le redini qui?) vola lui su con l’asta, poi entra- nota per nota- nel magnificat stato della mente. Lo vede. Si scuote insieme ogni stanza, suola in su, che nuota senza rete anche l’acqua. Tale fascia sonora, ossessione! la ferma inutilmente per un po’ con le mani. Poi indietro, lui casca.
Cristina Annino è nata ad Arezzo vive e lavora a Roma. Si laurea in Lettere moderne a Firenze, dove frequenta i caffè letterari Pavskoski e il caffè San Marco sede allora dei giovani del Gruppo 70. Entra in contatto con Franco Fortini, Giovanni Roboni, Elio Pagliarani e altri. Esordisce nel 1969 pubblicando da allora 10 raccolte poetiche e un romanzo, oltre a numerose plaquette, tradotte anche all’estero. È presente in numerose antologie, sia italiane che straniere. Collabora con diverse riviste in Italia e all’estero soprattutto tedesche, spagnole, messicane. Da alcuni anni si dedica anche alla pittura ed ha al suo attivo mostre personali e collettive. Fa parte dell’agenzia d’arte spagnola Artelista.
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