Enzo Campi, poesia inedita “Per disunite latenze”, con una nota di Marco Furia

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Unibili latenze

Con "Disunite latenze", Enzo Campi presenta un articolato componimento che, con raffinatezza, coglie appieno l'enigma dell'umano esprimersi.

Riuscire

"a urlare il senso dell'attesa"

sembra, più che un traguardo da raggiungere, un desiderio insoddisfatto.

Il ripetitivo linguaggio quotidiano e l'immediato urlo entrambi falliscono?

Il tono complessivo induce a propendere per una risposta volta a porre in evidenza se non proprio l'ineluttabilità, almeno la ricorrente possibilità di tale fallimento: la sconfitta appare perciò all'ordine del giorno.

Oltre all'idioma quotidiano e all'urlo, tuttavia, esiste un'ulteriore forma di comunicazione, quella poetica: a quest'ultima pare appellarsi il Nostro per via dello stesso svolgersi di un ritmo che richiama con assiduità un quid facendolo vivere quale esigenza insopprimibile.

Facendolo vivere, dunque essere, tramite una lingua intensa, molteplice nei suoi aspetti, capace di porre nel giusto risalto non insignificanti echi e riflessi di certe "disunite latenze", in grado, insomma, di risultare all'altezza di ardui compiti espressivi.

"Quali fasci di fibre slabbrate

dobbiamo ancora immolare

al peso del verbo?"

resta un interrogativo privo di risposta logica che Enzo Campi riesce, se non a sciogliere, ad avvicinare, con accostamenti sensibili, partecipi, volti ad aderire a una condizione, più che a tentare di spiegarla.

Una feconda tendenza a rapportarsi all'enigma, davvero.

 

 

Per disunite latenze

 

Quali ibridi di sema

laviche implosioni e disincanti

si aggirano circonvolando

i margini di questo bianco

da cui tracima il seme

della programmata apocalisse?

Si direbbe perpetuo

il moto della sapida spuma

che deterge e ricopre le nude caviglie

nell’andirivieni delle alghe

che narrano di un mondo sommerso

in cui rendersi all’evento del silenzio.

Si direbbe immoto il passo

che si offre al circolo

e cerca l’algida pietra

espunta dall’arco primigenio

che un tempo designava l’accesso

per carpirne la radianza e il riflesso.

Per quanti ascessi

dobbiamo ancora differirci?

Quali fasci di fibre slabbrate

dobbiamo ancora immolare

al peso del verbo?

Quante sfumature di luce

da attraversare

prima dell’abbacinamento?

Si difetta la parola

e giunge tronco il suono

l’occhio cieco

si consegna all’erranza

e guida la mano

a incidere il segno

dell’amigdala

nell’incauto solco

che divide la duna

dall’oasi in cui vanirsi

all’avvento dell’inconosciuto.

Non è viltà

quella che mi spinge

a praticare le anse al limite

non èfollia

frequentare ambedue le rive

dell’aporia

né ribadire carta su carta

e rilanciare tre volte la posta

in fiumi d’inchiostro

può alleggerire la soma

delle bordature

in cui inscriversi e quietarsi.

Se l’eco dell’utopia si affievolisse

se le formiche cessassero

di sfilare in processione

sul nudo costato

tatuato dall’incedere del tempo

se la violenza d’una lingua

che non può appartenere

all’incoscienza dell’immediato

urlasse la sua innata mancanza

se la foga del nostro inesausto girovagare

ci costringesse al riposo

sotto quell’arco di duro granito

riusciremo forse

a urlare il senso dell’attesa

soffiandone l’essenza

come un grano di sabbia

dal palmo di una mano

che svanisce nel momento stesso

del suo più intenso splendore.

 

 

Enzo Campi. Nato a Caserta nel 1961. Vive e lavora a Reggio Emilia dal 1990. È presente in alcune antologie poetiche. È redattore dei blog letterari La Dimora del Tempo Sospeso e Poetarum Silva. È autore del saggio filosofico Chaos Pesare-Pensare scaricabile sul sito della compagnia teatrale Lenz Rifrazioni di Parma. Ha pubblicato per i tipi di Liberodiscrivere Edizioni (Genova) il saggio filosofico-sociale Donne – (don)o e (ne)mesi nel 2007 e il saggio di critica letteraria Gesti d’aria e incombenze di luce nel 2008. Nel 2009 ha pubblicato per BCE-Samiszdat (Parma) il volume di poesie L’inestinguibile lucore dell’ombra. Sempre per lo stesso editore ha curato una postfazione in Collezione di piccoli rancori di Lara Arvasi e l’antologia di prosa e poesia Poetarum Silva. Nel 2010 ha curato una postfazione in Di sole voci di Silvia Rosa (LietoColle – Como) e pubblicato il poemetto ipotesi corpo (Smasher – Messina). Dal 2011 dirige la Collana di letteratura contemporanea Rasoi e cura il Premio Letterario Ulteriora Mirari per conto delle Edizioni Smasher.