Albino Crovetto, poesia inedita da “Cinque giorni”, con una nota di Marco Furia

Versione stampabilePDF version

Un necessario dire

Capita talvolta che un verso, come ho già avuto occasione di notare, riveli l'intima natura di un componimento: per quanto riguarda "Cinque giorni", di Albino Crovetto, credo che

"Hanno angoli e piani, esatte profondità"

possieda tale valenza.

Quest'assidua, raffinata e compatta versificazione si fa apprezzare per un'esattezza profonda, quasi un orologio battente un tempo tutto poetico ne dettasse il ritmo.

L'autore non ci abbandona mai, né si lascia dimenticare: è lì, assieme ad ogni pronuncia, ad ogni parola, ad ogni segno d'interpunzione.

Assieme, non dietro.

Non si tratta di una sorta di voce fuori campo o di una fantasmatica presenza, bensì di un'originale, genuina, attitudine ad esserci.

Per opera di una spontaneità naturale quanto costruita nei felici esiti poetici, emerge un complesso, elegante, fluire di versi i cui toni delicati (ma risoluti) sorprendono:

"Questa piazza non accoglie"

è contemporaneamente immagine topografica ed emotiva nella forma di una presa d'atto misurata e ferma, tale da non consentirci di dubitare dell'esattezza di un'espressione verbale così ricca d'energia.

Crovetto confida nel suo dire, non esita: una non comune propensione alla franchezza conferisce carattere al suo linguaggio.

Un individuo puòsentirsi quasi costretto a scrivere versi?

Sì e in questo caso per nostra fortuna.

 

 

da Cinque giorni

 

Sera del quarto giorno

Una moltitudine di luci,

una città verticale di morti.

Pulsano le luci, respira forte un animale,

s’inarca nel cemento.

Il balzo è assente:

a ritroso è carne rovesciata

il dentro fuori

trattiene slanci, chiude arterie.

Guarda i resti di un incendio

e sorregge tronchi.

Il nero verso l’alto

è in basso,

la corteccia bruciata è la sua pelle.

 

 

Quinto

In questi scaffali le cose

si sono alzate

con una forma simile al mattino:

un bianco liquido di sbarre dietro agli occhi.

Il richiamo che ho inviato

niente lo sorregge,

e se viaggia con l’aria

giunge

d’un tratto al fianco

di persone

mischiate dentro una stretta

di strade e di cancelli.

In basso una sequenza di fatti.

Questo fiume mostra le sue pozze:

argini nudi, una vertigine di bianco.

Un frutto spaccato i semi trascinati.

La pioggia scende

battendo colpi ripetuti,

teste distorte.

La nuca si contrae fino alla notte e oltre.

 

 

Albino Crovetto (1960) è nato a Genova, dove vive e lavora come fotografo e grafico. Compreso in antologie e riviste quali “L’erbaspada”, “Origini”, “Poesia”, “Arca”, “Frontiera”, “Il posto delle fragole”, ha pubblicato l’antologia La letteratura ligure (Costa & Nolan, 1982) e il volume di poesie Una zona fredda (Niebo/La Vita Felice, 2004), vincitore nel 2005 del Premio Lorenzo Montano per l’edito. Ha tradotto Arie di Philippe Jaccottet (Marcos y Marcos, 2000).