Luigi Nacci, Inter nos/ss, Fondazione Cassa di Risparmio di Modena 2007

Luigi Nacci, “INTER NOS \ SS”, Fondazione Cassa di Risparmio di Modena 2007

Testo Poetico

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Dirottiamo aeroplani di carta nei giorni di vento

Tramontana ci porta lontano e maestrale ci impenna

Nella stiva fa freddo si ghiaccia si gelano gli occhi

Non si vedono piste e non sono previsti atterraggi

Ci copriamo con pacchi – lenzuola e con coltri – bagagli

Incrociamo gli sguardi ma senza azzardarci a parlare

Che l’ossigeno è poco e il pensiero si ossida presto

Ci conforta il reattore che sparge potente il suo canto

Ed è come l’apnea delle prime nuotate in piscina

O la faccia contratta nel vetro del treno che parte

Ci mettiamo a soffiare a soffiare pensando alla luna

Si potesse saltare aggrapparsi coll’unghie a dei cirri

Poter dire una volta di avercela avuta la testa fra le nuvole

A giorni alterni qui crollano le case in tutte le stagioni

Nelle macerie si gioca a nascondino prima dei soccorsi

Liberatutti canticchiano le ruspe e arrivano i becchini

Scrivono i corvi con tremuli becchi la lista dei dispersi

Con le bombe facciamo palleggi di testa di piede di mano

Piroette sgambetti e passaggi fin quando non cade per terra

E’ un saltare di dita che pare la festa del primo dell’anno

A ciascuno il suo scoppio a ciascuno il tripudio di fuochi che spetta

Come stelle filanti le dita ricadono ognuna al suo posto

Ci si stringe le mani e stringendo si aspetta che faccia mattino

Zoppicando torniamo alle nostre baracche con meno coraggio

E c’è sempre qualcuno che arriva e controlla e ci conta e ci dice

Che nel campo si tace si dorme si muore anche il sogno è proibito

Siamo scorie eccedenze rovine del tempo robaccia che brucia

Riciclarci per cosa e per chi riciclarci per fare che cosa

Mentre grida ha negli occhi decine di metri di filo spinato

Col suo filo faremo una fune che sale alla volta celeste

Poter dire una volta di avercela avuta la testa fra le nuvole

A giorni alterni qui crollano le case in tutte le stagioni

Nelle macerie si gioca a nascondino prima dei soccorsi

Liberatutti canticchiano le ruspe e arrivano i becchini

Scrivono i corvi con tremuli becchi la lista dei dispersi



Nota critica di Rosa Pierno

La morte è presente nella vita attraverso lo squallore della vita stessa.  Oppure nel reiterato tentativo di scrivere un testamento. Morte è come uno sfondo, ma non neutro, bensì opprimente e angusto, cappa che incombe e che non travolge solo per martellante crudeltà. Persino il foglio sul quale Luigi Necci scrive diremmo che è grigio, color  fumo denso e untuoso persino, eppure nei primi componimenti della raccolta un insistito amore per la rima, per il rincorrersi delle sillabe attesta di un attaccamento alla vita, di una percezione affettuosa delle cose. Non sembra importare né al poeta né ai lettori a chi sia destinato il lascito. Il titolo d’altronde avverte subito che “avrai poche cose ma quelle le avrai”. Appare presto che si tratta di un elenco che individua la persona, visto che non si tratta di denaro, di immobili, di oggetti di valore, anche se la persona viene definita attraverso un ben più misero lascito: “la forfora nei vasetti, i ciuffetti \ di sebo, il pelo perso a primavera”, ma è appena un attimo, un tributo da pagare al fatto che in morte si lascia comunque un corpo. L’autore chiede che la sua urna venga riempita di fiori e di vento e che vengano stappati vini da versare nel corridoio per la festa da dare alla sua dipartita. Chiede che si apra un palcoscenico e  si sollevino tendoni,  che si rappresenti una commedia multicolore a cui debbano presenziare anche gli acrobati del circo. Un fantastico mondo si schiude dunque al solo paventare la morte, a testimonianza del fatto che nessuna vita è povera e priva lì dove le facoltà umane sono in azione. E se non c’è da lasciare un epitaffio, una considerazione morale, non importa. Non importa se non vi è niente da aggiungere, dopo una vita così ricca. Poiché Nacci traccia un elenco, con la levità e la delicatezza dell’espressione che lo contraddistinguono, di tale tenerezza che riconosciamo essere veri e propri tesori  quelli che lui porta a dimostrazione del fatto che la sua esistenza è stato un viaggio all’interno della vita segreta degli oggetti: “le multe della biblioteca, \ i segnalibri parlanti di notte”. Avevamo forse sottovalutato la risonante capacità anderseniana di Necci di costruire favole a partire da oggetti di uso domestico: “le forchette spuntate, le tovaglie \ a quadri, le briciole ballerine. \ Le mareggiate nei boccali \ non ti dovranno spaventare, \ né i terremoti in lavatrice”.  E che importa se è malcelato il timore che la persona a cui si rivolge lo dimentichi presto. E’ la vita. La vita, appunto. Eppure un dubbio: “ Abbevera i ragni in cantina. \ Nutri le rondini in inverno. \ Apri ai colombi la cucina. \ Parla in balcone ai girasoli”. Questo suo libro non è forse un testamento diretto a se stesso, per non dimenticarsi delle scelte, delle amate cose  che rendono sensata e degna la vita?

Luigi Nacci (1978) organizza e partecipa a reading, festival e convegni letterari in Italia e all’estero. E’ curatore della collana di poesia “I libretti verdi” per Battello Stampatore e redattore del blog letterario “Absolutepoetry. Ha pubblicato Il poema disumano, Cierre Grafica