Giovanni Campi, dalla raccolta inedita "speculo imaginario", nota di Laura Caccia

Imago in-verso

Continue rifrazioni illuminano i sonetti di speculo immaginario: Giovanni Campi ci conduce “per specchî speculando”, in un intenso dire e contro-dire, dove tutto si altera e modifica.

Come per effetto di uno specchio deformante, che, da molteplici punti di vista, distorce il reale, ne fa finzione o più autentico rimando. O come per azione del pensiero immaginante che offre infinite possibilità di richiami. Tra riflessioni metafisiche e rimandi cosmici, tra “il vuoto pieno” e il “fininfinito”, tra speculazioni filosofiche e la ricerca di un senso “forse diverso, forse d’inverso”.

Soprattutto rifrangendo immagini legate alla parola, dove il verbo e il nome si sfaccettano nei loro molteplici e contrapposti significati. Ponendo in continuazione questioni di senso per la lingua. Fino a intravedere “come / finire il dire e il dare vita al nome” e a chiedersi: “il nome il nume?”. E concludere la raccolta con l’ultima interrogazione: “come dire / daccapo allora? forse da non dire?”.

Nel contrasto tra la forma stabile del sonetto, della rima, degli endecasillabi e l’instabilità di un pensiero che dissuona e diverge, rovesciando di continuo l’apparenza, lo specchio poetico di Giovanni Campi ci pone di fronte alle opposte, celate e insieme riverberanti, immagini del sé, del pensiero, del dire. 

 

premessa
 

per specchî speculando, trovo corde sottese e tese come precordiali
ricordi di cordoni ombelicali:
il nodo, stretto e costretto, discorde
 

di vita dono – di morte diventa;
di morte in vece che di vita il dono
concorde in nodo s’inventa perdono:
l’imaginario, sí, l’imago tenta:
 

l’es il se vede – irriflesso riflesso
in sé, né di qua né di là, ma proprio
’n quel punto dello spunto, dove, flesso,

e tocca ed è toccato, espunto improprio
secante in curva la linea esemplare:
se vizio infine ridetto esemplare

speculo imaginario primo

virtú m’appare, sí, ma dir lo stesso
no, forse diverso, forse d’inverso
a poco a poco esemplare, fin verso
la copia, se copiosa, di sé stesso,

l’odiosa l’amata, non d’altro ancora
una volta único ma doppio inséme
il bianco goccia a goccia il nero seme
di chi di che se sempre, o mai, s’adora

insémina com’è chi ne dispare
o che – se in sé, o meno, la mina mínima
aggetta a ciò miniata qual traspare

la non implosa única – mente plúrima
esplosa se frangente e franta come
chi giunto o non, disgiunto allora al nome

speculo imaginario quarto

non piú di nulla pieno vuoto il tutto
né mai di tutto vuoto pieno il nulla
d’allora senza che ma d’ora in culla
di doni il nido quasi come un frutto

di nuovo avvolto ’n copia a l’un’imago
o l’altra, l’ali d’arti me l’artícola
in gioco il frullo il guizzo o disàrticola
qual fiocco fioco in fuoco di vago

la vena il ritmo in síncope che va,
e va e viene, líbera la mente
disvela il velo il gelo, se demente

immoto moto dal di qua al di là
finito l’infinito che è costrutto
senza costrutto l’essere distrutto

speculo imaginario terdecimo o ultimo quarto e ultimo

imàgina: lo spèculo la copia
che pàgina su pàgina sen muove
di moto immoto, rècita di nuov’e
d’antiquo insème, in esemplare copia

nesciente il nome il nume? nota a nota
scompàgina il dissenno in parte a parte
e lettra a lèttera la díssona arte:
dissémina, dai màrgini men svuota

la voce il suono, corda a corda, l’èssere
a niente il niente per esempio, o il tutto,
a niente anch’esso, quasi come un lutto

l’idèntico o la differenza, tèssere
andate perse, in fine, e come dire
daccapo allora? forse da non dire?


Giovanni Campi, non importa né dove né quando è nato, e neppure se, piú che scrivere, scribacchia, o viene scritto; taluni testi sono in rete (Carte Sensibili, La dimora del tempo sospeso, Nazione Indiana, La poesia e lo spirito, Poetarum Silva, Versante Ripido, etc.), talaltri in antologie, sotto varî nomi, nel mentre il suo, di nome, compare sulla copertina d’un dialogo – “l’irragionevole prova del nove” – tra due men che personaggî da nulla, Simpliciter & Complicatibus, suo libro d’esordio edito dalla Smasher Edizioni nella collana "orme di teatro", maggio 2014, ormai fuori catalogo; vincitore della settima edizione del premio Mazzacurati-Russo con le prose de l’inoperosa opera “babbeleoteca minuta”, il volume poco voluminoso rimase però allo stato phantasmatico, tuttavia e se non altro alcune minuzie & minute di esso trovarono la voce di Marion D’Amburgo nel corso di Bologna in Lettere 2015; la sua seconda (irragionevole, inoperosa) opera è una raccolta di sonetti: “abbecedarj paralleli”, ebook edito in collaborazione tra larecherche.it & versante ripido.it, 1 marzo 2016, poi stampato in forma privata & fuori commercio a cura di Silvia Secco per le sue Edizioni folli.