Claudia Azzola, da “Il mondo vivibile”, La Vita Felice 2016, nota di Mara Cini

Mi piace rintracciare nelle stesse parole dell’autrice, in ciò che lei ha versato sul foglio come atto di vita, qualche nota di ciò che la poesia è: una carta istoriata, una terra di confine, materia da rammendo

Claudia Azzola, sulla pagina bianca aperta alla scrittura, ripercorre l’interrogarsi del poeta sul significato del proprio lavoro, questo atto “friabile” come lo sbriciolarsi della carta nel tempo che pure, nel tempo appunto, connette elementi della nostra memoria antropologica, di civiltà e di pensiero.

Così come è stata individuata una “storia con la s minuscola”, c’è, forse una “parola con la p minuscola”. Al canto alto della parola letteraria si accompagna una parola “approssimativa” ma altrettanto vitale poiché, dice Azzola, non vi sono cose estranee alla poesia.

Perché il gesto del poeta, attento ad ogni vibrazione, scruta e accompagna la curvatura del reale.

 

GIARDINO A HAMMERSMITH*

Fin dai tempi (operanti) delle streghe,

witches, healers, guaritrici, sono

i fatti avvenuti ai confini: metto

me stessa in questa terra, del confine,

breccia di giardino scavata per la tortora,

per la gazza, le rose,

percorsa dalle granulari formiche,

istoriata terra come di magna carta

su papiri, pergamena e cearlacca,

non c’è giardino

senza nascosto suono d’acqua,

there is no garden void of sound

of hidden water: sono venuta qui

per questo verde.

Non c’è giardino

dei nichilisti, non c’è verde di afasia.

Non c’è giardino senza il verde dell’esilio.

Tanto è preparato,

tanto avviene nell’esilio.

 

*Londra, mese di luglio, anno su anno.

 

NELLA DISPERSIONE DEL SEME

Nicchiare, essere dei morti,

rimpinguare le casse: mancano

i giardini, gli orti dorati,

male pagato il lavoro umano,

sparato dalle bocche di fuoco,

nella dispersione del seme,

ma se traboccavano i cuori! era

il progetto, era riconoscimento,

il lavoro è disperso, nel vento,

perdere il senno, il foro interiore,

cuore insonne, materia da rammendo.

 

TRE PASSI

Tre passi per allontanarmi

dalle bottiglie dai bicchieri

della mensa, dai tavoli di fòrmica,

trecento passi per la distanza

dalla fabbrica, dai manufatti esausti,

dal fatturato, dal posto fisso,

dal pensiero sfiorito, abito stretto,

svestito nel freddo, mesto lavoro,

e pongo domande: quali sono coloro

che hanno la faccia che sia la loro,

che la riconoscano da dentro

l’ingranaggio meticoloso,

delle tue ore dei sacrosanti minuti,

nei passi che sono il tuo giardino.

Oggi è una domenica, una sapienza

per chi sa formulare un dire,

ma sto tra due oscurità,

della lingua e dello stretto sentire.


Claudia Azzola, scrittrice e traduttrice. Tra le sue pubblicazioni Il poema incessante (2007), La veglia d’arte (2012), Parlare a Gwinda (2014). Azzola edita da oltre un decennio l’annuario plurilingue Traduzionetradizione.