Angela Greco, dalla raccolta inedita "Claire (della solitudine e altri ritorni)", nota di Laura Caccia

Della poesia e altri oltre

 

Nome colmo d’aria, un soffio, un vento, una voce. Nome intriso di luce, un chiarore, un foglio bianco. Chi è Claire, personaggio dell’omonima raccolta di Angela Greco?

Tra solitudini e presenze, affetti lontani e vicini, oltranze e “profumo di pane”, memorie e ritorni, Claire distende la sua figura luminosa, dai movimenti reali e irreali, nei sedici testi dall’accento visionario, con distico finale spesso di tono meditativo.

Il linguaggio è ricercato e straniante. La narrazione procede tra reale e surreale, presenza e solitudine, ricordo e abbandono. Leggiamo che “Claire è soglia e attesa. Di una voce che / tarderà nei suoi desideri” e il racconto si illumina nel suo rarefarsi, quasi favola, quasi mito. Non dimenticando riflessioni concentrate e inquiete sulla realtà, in cui “Siamo canti alternati a idi di marzo”.

E se Claire fosse la poesia? Che si aggira “tra le parole non dette” e che “vorrebbe esserti foglio bianco”? Compagna della solitudine che la scrittura richiede, forse. O incarnazione del dire poetico che Angela Greco dispiega nei suoi versi insieme luminosi e dolenti. Dando vita a figure che l’attraversano e ne vengono attraversate. Designando con nomi nuovi le cose. Portando il quotidiano al suo oltre, dove “rette parallele s’incontrano e s’intersecano / in un territorio di confine, oltrepassando il noto fin qui”.

 

§1

Il pomeriggio è un talismano di ferro e ruggine;

lo raccolgo in un silenzio surreale e sei con me.

Un caso e “Claire” torna a passi lenti, attraversando

la cicatrice che taglia in due la città. Il paese vecchio

la abita ad ogni casa a calce e la piazza ha ancora

il profumo buono di tortine alla ricotta e biscotti

grandi, da immergere, senza troppo pensarci,

nella merenda a ginocchia scoperte di cadute

in bicicletta. Dall’altra parte della strada,

con anni d’anticipo, già sapevi che domani

l’avresti incontrata, per caso, sulla stessa strada.
 

Il nome non ha importanza; hai sempre pensato

si chiamasse alla francese, forse per via di sua madre.


 

§2

S’aggira Claire tra le parole non dette, tetti di vecchie

memorie silenziate per antica abitudine; stringono,

i vicoli del quotidiano incedere, gli occhi che anelano

all’azzurro di quando si era fili tra i fili d’erba, acque

di gocciolanti gravine nascoste agli occhi dei più.

Vorrebbe esserti foglio bianco a cui affidare le ombre,

inchiostro che inciti i cavalli di fuoco, perché sia sole,

anche tra le tue nuvole. T’affianca, nell’attesa, nei vuoti

della piazza dove s’allungano le ombre; mulinellano

pensieri sulla soglia di casa. Nel pacco regalo, una clessidra

dice che si può capovolgere questo momento.
 

Due rette parallele s’incontrano e s’intersecano

in un territorio di confine, oltrepassando il noto fin qui.


 

§5

Miriadi di stelle a trafiggere una solitudine;

questo incavo incolmo che occupa il petto,

dissonanti sere racchiuse in una fotografia e

poi mattini di ritrovato senso. Claire ha pianto,

ma tu ne hai sentito la risata, invece, poco pima

che crollasse il tempo e s’affacciasse ancora la corsa,

la sabbia troppo veloce nella strozzatura, lo scadere

della concessione a noi dedicata. Il resto è stato cielo

a più strati di piombo. Sei involontariamente bello,

quando non ti accorgi dell’occhio, lontano, nel tuo

mare di bambino senza onde a sconvolgerti.
 

Lo specchio rimanda a data da destinarsi le parole;

adesso il ricordo è soltanto per carezze lontanissime.


 

§16

E, quindi, cosa lascio di questi miei trascorsi?

Un’addolorata sbiadita al crocevia, un cancello

chiuso che ha ceduto alla ruggine e una fenditura

d’asfalto fiorita di parole in un giorno di febbraio.

Claire si ferma e guarda la tramontana che azzurra.

Il vento arriccia il tufo e lame di luce seguono

diagonali di pensieri e facciate divise a metà.

«Portami una bocca di leone dal tetto più alto,

scala questa torre di quotidianità per un pezzo di

mondo da mordere a sera, quando la voce va via e

rimaniamo pensierosi sul rosa e sulla nuova luce».
 

Siede al tavolo l’attesa; dalla finestra il paese vecchio

si svuota persino di preti e campane.

 


Angela Greco è nata il primo maggio del ‘76 a Massafra (TA). Ha pubblicato: in prosa, Ritratto di ragazza allo specchio (racconti, Ed.Lupo, 2008); in poesia: A sensi congiunti (Ed.Smasher, 2012); Arabeschi incisi dal sole (Terra d’ulivi, 2013); Personale Eden (La Vita Felice, 2015; prefazione di Rita Pacilio); Attraversandomi (Limina Mentis, 2015); Anamòrfosi (Progetto Cultura, Roma, 2017; prefazione di Giorgio Linguaglossa); Correnti contrarie (Ed.Ensemble, Roma, 2017); Ora nuda, antologia 2010-2017 (Quaderni di RebStein LXVII, 2017); Ancora Barabba (Collezione Bocche Naufraghe, YCP, 2018); All’oscuro dei voyeur (YCP, 2019, prefazione di Franco Pappalardo La Rosa).

È ideatrice e curatrice del collettivo di poesia, arte e dintorni Il sasso nello stagno di AnGre (http://ilsassonellostagno.wordpress.com/). Commenti e note critiche sono reperibili all’indirizzo https://angelagreco76.wordpress.com/.