Domenico Cara, L’aiuto della poesia

Con "Le diagonali della psiche", Domenico Cara presenta un'intensa e complessa silloge la cui caratteristica precipua sembra quella d'essere sospesa tra natura, lingua ed emozione.

Natura, innanzi tutto:

"Gli olmi s'inalveano nello stile più tenero,
vegetale, dei sussurri quieti; recuperano
il conforto delle intese nella penombra,
e limitano il percorso dei loro allarmi".

Alberi, dunque, che non sono considerati quale riflesso dell'esistenza umana o, peggio, quale mera quinta scenografica, bensì vivono un divenire ricco ed articolato: il poeta dà loro voce ricorrendo ad immagini la cui peculiare valenza espressiva consiste proprio nel ritenerli esseri con piena dignità.

Entra, ovviamente, qui in gioco il problema del linguaggio.

Gli olmi non parlano ed è Domenico a farli parlare.

Responsabilità di cui egli è ben conscio e di cui si fa carico sino in fondo: la sua pronuncia chiara, priva di forzature, s'avvicina soltanto, poiché teme d'esaurire.

Per affrontare un argomento del genere non occorre soltanto una profonda sensibilità, ma anche la precisa intenzione di riuscire a dire, in maniera intensa, sfiorando con leggeri, ma decisi, tocchi.

Ne nasce un poetico essere assieme, in cui l'altro, nel caso la pianta, è in quella posizione d'assoluta parità che consente un rapporto in grado di superare il rispetto e lo scambio, per approdare all'empatia.

La lingua, si diceva.

"Poi, in pura estraneità, lasciò incauto
la casa, costruita per la sua quiete,
parola per parola"

L'idioma proprio, il più intimo, è una sorta di "casa" che ognuno costruisce "per la sua quiete, / parola per parola", una casa, tuttavia, che talvolta può essere utile abbandonare.

A quale scopo?

Allo scopo di aprirsi ad altri linguaggi in maniera da arricchire il proprio mondo, nella consapevolezza di come nulla vi sia d'assoluto ed ogni individuo abbia possibilità di decidere, di scegliere.

Lungi dall'essere segregati nei nostri schemi e paradigmi, possiamo ben comprenderne altri seguendo strade che nulla distruggono, ma anzi rendono sempre più ampio l'àmbito del nostro esistere: il prezzo da pagare, quello del disporsi all'ascolto e all'accoglimento, quello di comprendere che non stiamo, lungo siffatto percorso, perdendo qualcosa di noi stessi, ma che, al contrario, ci troviamo sulla via d'una maggiore conoscenza, il prezzo da pagare, certo, può talvolta essere alto e perfino, in casi estremi (ecco il perché di quell'aggettivo "incauto"), eccessivo.

La fiducia tuttavia non deve mancare, poiché le vie possono essere ardue, ma non pericolose: nulla impedisce di ricorrere, se necessario, ad una guida.

Una guida che può essere una persona fisica, uno scritto o anche soltanto un gesto, ma che non raggiungerà appieno i suoi scopi se verrà meno la parte più esposta di noi stessi, quella dell'emozione.

"Scendo tra lievi frammenti nel tuo nome,
dallo spazio più opaco della mia psiche,
per continuare una fiaba arcaica o diversa"

Continuare dunque, non procedere per strappi e lacerazioni.

Il dialogo è possibile, il ponte del discorso è gettato: sta a noi riconoscerlo e percorrerlo nel modo giusto.

L'emozione, se consapevole, se non abbandonata a se stessa, ci sarà di grande aiuto nelle scelte che s'imporranno: non si tratta davvero di confidare in fittizie (spontanee)

capacità intuitive, bensì di non trascurare un'importante parte di noi che, a ben vedere, non si trova in contrasto con il cosiddetto raziocinio, ma è di quest'ultimo inseparabile compagna.

Occorre, certo, impegno, consapevolezza, fiducia e, perché no, anche l'aiuto dei versi di Domenico.

Marco Furia

 

(Domenico Cara, "Le diagonali della psiche", Scrittura Creativa Edizioni, Borgomanero, 2010)