Silvia Comoglio: In fa maggiore 1.I (Lullaby)

Nota critica di Marco Furia

 

Il breve componimento proposto da Silvia Comoglio, ricco di evocativi richiami a mondi onirici, o pre-onirici, a fanciulleschi dormiveglia consumati al cospetto di premurose madri, presenta una dimensione linguistica in cui semplici parole e minime sequenze, separate da trattini, sembrano affiorare obbedendo a esigenze biologiche, più che logiche. Una scrittura enigmatica, per nulla dispersiva, racchiusa entro un guscio costruito ad hoc, l’ unico capace di contenerla. Furono (anche) precisi perimetri.

 

In fa maggiore 1.I (Lullaby)

òmbra a cui vènne – il sògno – ancora chiaro,
io – sono nìnna - che nasce dal mio bimbo,
fòlle nome solo – portàto – sempre ovunque
--> sono - imbròglio nato dove esatto
è il tèmpo di passaggio, il vènto - sèmpre solo stato
in càse – dello scambio, in nòtti – già decise.
sòno – il pàllido tuo corso, l’èlmo - abbandonato

 

Silvia Comoglio (1969) vive a Verrua Savoia (To). Laureata in Filosofia, ha pubblicato la raccolta Ervinca (Lietocolle, 2005). Attualmente divide la sua attività tra poesia, pittura, e e l’approfondimento dello studio della lingua russa.