Giorgiomaria Cornelio, “Palinsesto”, audiolettura-cartolina; note di S. Comoglio, M. Guatteri, D. Pericone, L. Rossi

Giorgiomaria Cornelio, “Palinsesto”, audiolettura-cartolina;
note di Silvia Comoglio, Mariangela Guatteri (con immagine asemantica), Daniela Pericone, Lia Rossi

 

Palinsesto

Silvia Comoglio per Giorgiomaria Cornelio

Con parole soppesate e di limpida densità Giorgiomaria Cornelio concentra la sua attenzione su due elementi che in poesia sono cardine/essenza: il nome e la scrittura. Dall’oggetto, dalla “cartula” di cui parla Cornelio, si astrae il nome, quel nome in cui tutto in potenza è contenuto e che ci rimanda, tra l’altro, al Prologo del Vangelo di Giovanni, In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio. Richiamo avvalorato dal desiderio di baciare nell’orazione la cartula che si è fatta nome, “baciarla nell’orazione”, ossia proprio in un momento privilegiato dell’incontro dell’uomo con Dio. Ma quel nome, che tutto contiene e che è presso Dio, pronunciato e mediato dall’uomo muta e perde i suoi connotati, la saliva lo corrode, e nella saliva diviene mancante, incompleto. E questa mancanza, incompletezza, si trasmette alla scrittura, allo scrivere, che, ci si rende conto, non è evento che dà risposte ma evento che le risposte le allontana a favore di un cercare continuo, meglio, di uno scrivere e riscrivere continuo. Del resto, un palinsesto è proprio questo, un manoscritto da cui si raschia ciò che è stato scritto per scrivere un nuovo testo.

Palinsesto, oserei dire, una dichiarazione di poetica, acuta e ponderata.

 

 

Mariangela Guatteri per Giorgiomaria Cornelio (con immagine asemantica)

Rebus

Il titolo di questo testo poetico è l’intero processo di stratificazione e rimaneggiamento occorso al segno (scritto tanto quanto dipinto) attraverso un'azione perentoria di raschiatura che rinnova la superficie che lo ospitava.

Per economia di supporti – come pergamene, muri intonacati, tele, tavole lignee, carte – o per necessità di trasformazione, si organizza il segno su una superficie usata che viene resa vergine o quasi: il supporto non viene raschiato e lavato, e ciò che accoglie si trova parzialmente neutralizzato da un'ulteriore scrittura, da segni che cancellano, da velature cromatiche, da tagli che escludono.

Se questo processo abrasivo e sostitutivo che definiamo “palinsesto” è assimilabile all'intendimento dell'atto della scrittura – «Così s'intende la scrittura: un | lento stornare la necessità | della risposta», come termina il testo di Cornelio –, dovremmo comunque fare i conti con gli strumenti e i processi (anche chimici e radianti) di risuscitazione di ciò che appare estinto, che «è venuto a mancare». Nome, che viene nascosto, che manca, che muore. Si rimane in una sospensione del pensiero di fronte a questo testo, testimone del suo stesso processo, già riassunto nel titolo ma annunciato poi – senza parole – alla fine e da un'immagine iconica: un dettaglio. Così riporta la didascalia dalla quale si può dedurre cosa esclude il riquadro, e perciò cosa è stato annunciato. Si vede infatti che manca una parte della figura; si sa che manca l'agente dell'Annunciazione. In modo paradossale e analogico e lontano da ogni tautologia, è annunciata l'assenza stessa dell'annuncio.

In ogni caso la scrittura ha agito e il Verbo ha forse già attecchito dentro la quasi Vergine senza la testa.

Mi viene naturale chiamare questa piccola opera una "lirica concettuale" che ha la forma di un asciutto "iconotesto" e dove le chiavi d'entrata sono esposte, installate all'ingresso e all'uscita; cosicché «a via diritta» e scartando ogni volta «Qualcosa insinua».

Daniela Pericone per Giorgiomaria Cornelio

La scrittura è sovente ri-scrittura, tanto si ravvisa nell’intrinseca significanza del termine palinsesto (dal greco παλίμψηστος, «raschiato di nuovo»). La poesia Palinsesto di Giorgiomaria Cornelio insorge come un’ostensione di verbo su una pergamena, legata a un affresco del Beato Angelico, a una particolare angolatura dell’Annunciazione della cella 3 di San Marco. È nel contempo architettura autonoma, edificazione di forma nel «sortilegio dell’ombra», nominazione insistita come un’eco che si perpetua tra le pareti di una stanza (o di una cella). L’ignoto si manifesta nel moto («insinua»), se ne coglie la direzione («a via diritta»), intelligibile tuttavia discontinuo se esorbita a volte nel verso la misura consueta tra le parole. La «cartula», ora abrasa ora incisa, conserva tutte le sue tracce, i sedimenti non più visibili, gli affioramenti nella parola presente (o mancante). Eppure a chinarsi in ascolto si sottrae «la necessità / della risposta».

 

Lia Rossi per Giorgiomaria Cornelio

Respira l’aria della postilla, Palinsesto di Giorgiomaria Cornelio, tra righe, tra spazi, via via cautamente fa sorgere sentimento, introduce in seno il senso, fa fare incantesimo, fa operare poesia: un sortilegium, una malia.

Bacio-baciare è recitare discorso e preghiera, fare compiere libri di orazioni.

E si sta in orazione a rileggere Palinsesto, preghiera significativa autenticamente nella forma a postilla, preziosa cartula.

Non manca di solennità, né di vita della lentezza questa scrittura che volge in diversificati versi e distoglie in tante sensate soluzioni, in pesi pensati e sottilmente filati come fili di lana, scomponendo le falde, battendole e torcendole. Filatura e filanda la scrittura; filatrice-poeta, femmina o maschio che sia, con saliva bagnandosi i polpastrelli, allunga torcendo la materia grezza dal fiocco al filo.

La certezza di esistere che avrei/ se fossi tu a pesarmi, poesia, scrive Josè Saramago nelle Poesie possibili. Sempre Saramago: E quando non si placa la protesta/del sangue soffocato nelle arterie? (…) E quando siamo stanchi di domande, e risposta non c’è, neanche urlando? G. Cornelio ha consapevolezza degli orli della voragine e li trasforma in impalcatura petrografica (sia secca, sia rude / come pietre calcinate), netta attraverso una coscienza linguistica nella densità di quel che era indicibile fino ad ora.

Ora è una pergamena raschiata, sottostante è un’altra scrittura, vergata nello stesso senso o in senso trasversale al primo testo: segnale già iniziale di suggestione della molteplicità insinuata di verso e di significato.

La chiave è il palinsesto, la porta è la cartula, l’interno è la scrittura.

E nel lago del cor, immagine fulminante di Dante, rimane il bacio al segno della gioia-gioiello-poesia.


Giorgiomaria Cornelio (14 gennaio 1997) ha fondato insieme a Lucamatteo Rossi l'atlante Navegasión, inaugurato con il film Ogni roveto un dio che arde durante la 52esima edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. È co-curatore del progetto di ricerca cinematografica La Camera Ardente, e redattore di Nazione Indiana. Suoi interventi sono apparsi su Le parole e le cose, Doppiozero, Il tascabile e Il Manifesto. Nel 2019 ha vinto il Premio Opera Prima (Anterem) con la raccolta La Promessa Focaia. Studia al Trinity College di Dublino.