Ambra Simeone, una prosa inedita, “bette devis insegna”, nota di Mara Cini

Una storia raccontata in non più di dieci minuti, dice Ambra Simeone della sua prosa “bette devis insegna”.

La protagonista di questa storia, raccontata in non più di dieci minuti, è una signora ottantenne, con il suo maglioncino color grigio chiaro e un filo di perle. La donna è al confronto con ragazzi dalla giovinezza troppo pesante, i ragazzi di oggi. Il suo racconto, apparentemente surreale e un po’ cinematografico, testimonia una vita che è esistita veramente: un mondo annicinquanta dove un quarantenne è un uomo attempato, una donna di ventiquattro anni forse zitella a vita e i vestiti sono cuciti in casa con la “Singer”. Allora i binari della vita scorrevano lineari, la speranza di farcela era praticabile. In fondo la prospettiva di una carriera da casalinga, non era poi tanto male! Regina della cucina in fòrmica, una donna normale, non un’attrice!

Accontentarsi non vuol dire perdere, non vuol dire fallire, dice Ambra Simeone.

Anche affidarsi a un linguaggio basso, quotidiano, mimetico, scrivere la vita come uno se lo aspetta può diventare un atto di resistenza da contrapporre a certi abissi di tv e social network, ad invasive e sterili dimensioni virtuali. In un tempo dove non c’è tempo, in un susseguirsi di precarie emergenze, le storie di una signora ottantenne sembrano realtà aumentata, ma è vita vera vista con occhi veri

 

 

bette devis insegna

 

la giovinezza è qualcosa di troppo pesante per noi che vorremmo essere vecchi, non semplice- mente vecchi è basta, ma vecchi come i nostri padri, uguali a loro, non affannarci più per un futuro che non riusciamo più a vedere, e mai saremo come loro adesso, con pensione assicurata, casa di proprietà, soldi in banca, che loro hanno un solo pensiero, vorrebbero avere tutti sedici anni, rughe scomparse, tempo persino mai esistito, venuti dalla guerra dei loro padri arrivati in pieno boom, ve- nuti dal boom arrivati in piena crisi, noi, che ci vuoi fare? quando penso a certe storie raccontate nei bar, che solo nei bar di certi paesi puoi sentire delle storie così, che proprio quando pensi di aver capito tutto, sbam!!! ecco che la senti, arriva un esempio di vita dei nostri padri o meglio madri, che è difficile accontentarsi per me, per noi, ma per loro, oh, no per loro no, una volta era così che an- dava, ora sono solo troppe rughe da cancellare e voglia di farsi rincretinire in tv per trovare l’anima gemella a settant’anni, oh, no...

questo esempio di vita è esistito veramente, non stiamo qui a raccontare falsità, dicono, trattasi di donna sui ventiquattro, anni ’50 del secolo scorso, ormai è andata non si sposerà più dicono quelli del paese, ma chi se la prende più dicono i genitori, occhi azzurri, bette devis insegna, e voglia di lavorare più che di accasarsi, passano gli anni, quasi trenta compiuti, zitella a vita ormai, signorina che vive in affitto da sola mantenendosi col proprio stipendio, vergogna, che donna! chi è questa qui che non vuole mettere la testa a posto? sputano le comari di paese, chi si crede di essere? appuntano le già mogli, le già madri annoiate dalle faccende di casa, otto figli, e mariti che fanno sempre più tardi la sera a lavoro, nessuno la guarderà più se continua ad uscire con le amiche, da sola, poveret- ta, neppure un uomo che le fa la corte, chissà come si sentirà sola, apostrofano le pie donne di chie- sa, e gli uomini indugiano, chissà se potrà ancora avere figli, pensano.

un giorno mette piede in una balera, donna sola che si mantiene lavorando, affitto mensile e ge- nitori ormai rassegnati, chi la guarderà più, ora? mette piede in una balera per passare la serata con le amiche, conosce un uomo attempato, magari solo quarant’anni portati bene, un sguardo cade dall’altra parte del tavolo, un cenno e un ricambio e poi la bella notizia, neppure un ballo da soli, ma voglia di accasarsi, lui vedovo e due figli a carico, niente romanticismo, le offre solo un contratto da firmare, un accordo, un patto da onorare a vita, lei ancora esce con le amiche, ma il primo pensiero deve andare ai figli, i suoi nuovi figli e la casa, lui ha trovato mamma e casalinga, lei ha trovato modo di metter fine alle malelingue, di mettere fine ad una vita diversa da quella che si poteva desi- derare negli anni ’50, di mettere inizio ad una buona routine, via alle danze, via al matrimonio, sen- za tante parole, senza troppo clamore, niente buffet per duecento invitati, né fotobook ricordo, due fedi sottili, il filmino non esiste, abiti cuciti dalla madre, finalmente è sistemata questa figlia mia! due sì che volano nella chiesa e bastano a suggellare il patto di una vita tranquilla, serena, monoto- na, normale, figli di lui, casa, amiche, lavoro di tanto in tanto, l’altra medaglia del patto, lui che por- ta a casa i soldi, tanto lavoro lui e minestra in tavola assicurata a cena, lenzuola calde la notte, tutto quello che serve per una vita come uno se l’aspetta, niente di più, niente di nuovo, cosa ti aspetti da una vita? cosa? accontentarsi non vuol dire perdere, non vuol dire fallire.

la raccontava al bar, ora la signora quasi ottantenne con gli occhi veri, sorriso negli occhi, bette devis insegna, la sua camicina stretta da un maglioncino color grigio chiaro, i bottoni fin su al collo e un leggero filo di perle, l’odore quasi di incenso, non c’era altro da dire che vita semplice era sta- ta, o forse non l’aveva raccontata tutta, ancora più semplice ora, passeggiate con le amiche al parco, pranzo e cena da sola, qualche volta coi nipoti, visite periodiche dal medico di famiglia, casa di proprietà lasciata dal marito, ricordi e cartoline perdute, forse niente lettere, niente libri, solo vita vera non raccontata ossessivamente su facebook, noi, loro, diventano un tutt’uno, eternamente sepa- rati da un abisso di tv, social network, non accontentarsi mai, volere qualcosa di più, sempre di più.

un secolo è passato, non si torna indietro, ora il matrimonio è da favola per due anni e il divorzio finché ce n’è e per il resto della vita, non si torna indietro dalla giovinezza mai avuta, ora c’è quella perpetua, un’anima gemella all’anno, come le votazioni del sindaco, e noi che vorremmo diventar vecchi come loro, noi o solo alcuni di noi, un secolo è passato e niente più posto fisso, un abominio anche solo parlarne, no, per carità, tutto cambia, tutto deve cambiare, niente più casa di proprietà, che da domani si vola in germania per trovare lavoro, per mantenere il lavoro, per cercare di non farsi più una vita, non abituarsi a niente, non accontentarsi di niente, non avere il tempo di innamo- rarsi di nessuno, non amare niente, figli meglio di no, che se è troppo tardi è un sacrilegio, se troppo presto a chi li lascio dopo la separazione? una vita rassegnata, accontentata, tutta lì, anni sugli anni, un secolo è passato, non si torna più indietro, mettitelo nella testa, se ancora ne hai una, una storia raccontata in non più di dieci minuti, quanto tempo ci avete messo a leggerla? e se un giorno vi ca- pita di incontrarla per strada, la signora dagli occhi azzurri che racconta la sua vita senza andare in tv a viverla in diretta, lei vi dirà, io mi sono innamorata di lui col tempo, con gli anni ho imparato ad amarlo, un giorno alla volta, ma non so, e neppure gli ho mai chiesto, se lui veramente mi amasse. sbam!!!
 


Ambra Simeone è nata a Gaeta il 28-12-1982 e attualmente vive a Monza. Laureata in Lettere Moderne, ha conseguito la specializzazione in Filologia Moderna con il linguista Giuseppe Antonelli e una tesi sul poeta Stefano Dal Bianco. Collabora con l’Associazione Culturale “deComporre”. La sua ultima raccolta di poesie “Lingue Cattive” esce a gennaio del 2010 per i tipi della Giulio Perrone Editore di Roma. Di quest’anno è la raccolta di racconti “Come John Fante... prima di addormentarmi” per la deComporre Edizioni. Alcuni suoi testi sono apparsi su riviste letterarie nazionali e antologie; le ultime due per LietoColle a cura di Giampiero Neri e per EditLet a cura di Giorgio Linguaglossa.