Francesca Ippoliti, dalla raccolta inedita “I poteri”, nota di Laura Caccia

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I domini interiori

Se pensiamo al potere immediatamente riconduciamo l’atto di autorità o di forza ad un agente esterno e, nella sua forma plurale, alle diverse istituzioni o forme di dominio che hanno agito e agiscono nel mondo.

Ad un diverso significato ci conduce invece Francesca Ippoliti nella sua silloge “I poteri”, dove, alternando nella sua ricerca linguistica prose poetiche e strofe, ci parla di dolori e dispersioni, di contagi e guarigioni, di promesse e di perdono, di speranza e di vuoti: “Discorsi tagliati a metà, un mucchio di polvere. Dicci ancora della forza, nei deserti conosciuti e vuoti. Faccelo toccare il vuoto”.

Un vuoto che non si colloca solo nell’esterno circostante, dove, come scrive l’autrice, “Tutto finalmente smette di esistere”, ma che si fa soprattutto esondazione interiore, come “diventare vuoto meccanismo o una bolla grande, inutile e perfetta / dirigere l'orchestra delle voci / rotolare lungo la linea, rinunciare a salvarsi”.

Accogliere il vuoto è quanto ci indica Francesca Ippoliti, all’interno di una dinamica in cui agiscono forze opposte, poteri interiori che al termine della raccolta vengono precisati essere propriamente l’assenza e la vigilanza.

Sono stati di veglia, capacità di selezionare, concentrazione e razionalità, la possibilità di salvezza, anche, a declinare il potere della vigilanza, come esprime l’autrice: “Il pensiero lineare e giusto doveva conservarci la salute, tenerla in serbo per le stelle”, ma anche la durezza nei confronti di sé: “Mi faccio la violenza - la cura - di un'attenzione continua e opprimente”.

Sono, al contrario, movimenti di dispersione, sogno, apertura, azzardo, linguaggio dell’errore e impossibilità di salvarsi a caratterizzare il potere dell’assenza, come leggiamo: “Ad un certo punto ho dovuto rinunciare alla mia concentrazione disperata e usare le parole sbagliate”, così come sottrarsi alla conoscenza razionale, cercare “di non capire”.

In bilico, patendone l’inconciliabilità, tra vigilanza e assenza, attenzione e rischio, ragione e desiderio, Francesca Ippoliti si muove eticamente in un percorso umano e poetico in cui la parola è in cerca della sua autenticità e il dolore riesce a farsi stato di grazia, “ma”, ci ricorda, “quanta gioia da scacciare via, quanta luce / da spostare con le mani”.

 

 

Rituale

 

Mentre giri su te stesso rapidamente

e con un colpo di frusta svanisci

...........

Guardi tutto nell'assenza di Dio

resti fermo e sicuro nel vento
 

La linea del davanzale

è l'unica cosa rimasta del mondo.


 

L'infezione

 

Preghiera

Discorsi tagliati a metà, un mucchio di polvere. Dicci ancora della forza, nei deserti conosciuti e vuoti. Faccelo toccare il vuoto, finalmente tutto intero, a masse d'aria corrotte, a blocchi d'aria finissima. Dimmi dei nostri figli, del taglio fuori le mura, a fine giornata – arrivano dopo, i pomeriggi estivi d'aria, fluttuanti e scomposti
 

Postilla descrittiva

Le cadono le pastiglie di mano, crollano le espressioni, fa le smorfie, non vi guarda, io la guardo e vorrei che smettesse, vorrei aiutarla. Cedo, mi lascio commuovere da un motivetto pop di cattivo gusto.
 

Sogno

Ci sarebbe un grande riposo,

senza distizione tra giorno e notte.

Ci sarebbe un aereo in volo nello spazio

Un razzo

Una scia perfettamente inutile,

infinitamente perfettibile.

Tutto questo non è la chiave di niente

Un aereo non apre niente

Tutto finalmente smette di esistere
 

Svolta

Lo senti, lo capisci: l'infezione sta tornando. Diventi un'altra volta cattivo, ti guardi intorno, li odi. Presto tutti se ne accorgeranno, ti chiederanno di andartene, ti stringeranno la mano sorridendo.


 

I poteri

 

Una dinamica

E tu, proprio tu, ma forse io, devi sapere che:

ci sono solo due forme di potere – l'assenza e la vigilanza – e non potrai conciliarle, non potrai farcela, non ci riuscirò.
 


Francesca Ippoliti è nata a Napoli nel 1988 e vive a Roma. Si è laureata in Lettere a Siena e attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca presso Roma “Tor Vergata” in cotutela con l'Università di Losanna. Si occupa soprattutto di metrica e stilistica del Novecento, con particolare riguardo al ritmo e all'intonazione. Ha scritto sulle riviste Ospite ingrato e Sinestesie, e collabora stabilmente con il semestrale Per leggere, con Nuovi Argomenti e con il blog formavera, dove sono apparse sue poesie, traduzioni e articoli.