Liceo “Maffei” di Verona, prof. Luca Bragaja

Nota critica III classificata

Di Giulio Bogoni, Leonardo Cazzadori, Lorenza Cristanini Mion, Prisca Saporiti, Enrico Zucchi, Classe 3^ C

Due viaggiatori solitari camminano nel cuore della notte, inconsapevoli della presenza dell’altro. La donna completamente avvolta nelle spire, negli grovigli insondati della città; osserva incuriosita, cercando di capire il perché degli avvenimenti, ritrovandosi a scrutarli dall’interno. Alcune immagini l’accompagnano nel suo viaggio attraverso la riva asciutta dei viali: s’immerge fra donne belle e schiave, distributori di benzina, ossa di biciclette, oasi di parcheggi, accompagnata dal canto delle cicale, in uno spazio sordo; le appaiono donne-pesce, mostri millenari che riaffiorano dalle ombre, non più dagli abissi del mare, dove un tempo, un’altra notte, forse, rapivano con il loro canto i marinai. Una notte infinita, popolata da mille personaggi nascosti che vivono all’interno di grandi automi spenti, tra mura di fumo e di sassi.

Seduto ai margini di questa città, come fosse sospeso sul precipizio delle stelle, l’altro, lontano, freddo, distaccato, osserva i vari fenomeni e i gesti della quotidianità con un sorriso critico e con la semplice voglia di rimanere fermo a guardare, nonostante talvolta la malinconia, rassegnata e dolce, sfumi la sua prospettiva fin troppo lucida spingendolo a lasciare libero sfogo ai ricordi. La parola è misura, per quanto affollata, che può servire a soppesare, demistificare, chiarire. La scrittura è un viaggio attraverso la vita. Ma lo distrae dal disincanto e dalle riflessioni la comparsa della donna, non ancora al termine del suo cammino, che lo induce a parlare così.

GIORGIO: non mi aspettavo di incontrarti, sembri apparsa d’improvviso. Ma devo dirti una cosa, non so perché. Non sento la mancanza di cosmo, ovunque è il cosmo; tu invece vuoi raccontare le fantasie della tua anima. Il corpo è un museo di storia naturale, e i nostri atomi non sono piccoli figli di Dio, ma piccole parti di noi. Parti del cosmo! Il corpo è una macchina, sta sempre sullo spirito come un ragno sulla mosca, ma non piangere, stirpe di Adamo ed Eva; il tuo pensiero è orribile, sopprimilo!

MARIA LUISA: il mio pensiero è fragile, incerto, ma non lo ucciderò, non so ancora dove sfocerà, e così è anche la mia voce, si fa trascinare, lo ammetto, da brevi immagini, senza una precisa dimostrazione da disegnare e raggiungere o dalla quale partire con sicurezza, con ironia. La sicurezza a volte è stucchevole. Vedi, la mia città non è lontana, mi avvolge come un sudario, mi travolge come un corso d’acqua, e non riesco a liberarmene, forse è ancora presto per me...

Maria Luisa Vezzali e Giorgio Celli, due sguardi diversi sulla realtà, una diversa poesia. Lineamadre, un flusso continuo, con creste di onde, viaggio tortuoso che si biforca non si sa se per riunirsi, che cerca una strada, che fatica a farsi comprimere nel letto del fiume poetico, indisciplinato più per natura che per volontà, un cumulo di quesiti irrisolti che si accavallano e si sprofondano l’un l’altro, elementi che si compenetrano, che si fanno strada allentandosi e riavvicinandosi in una deriva, cercando ognuno un proprio spazio, una propria identità, dispersi e salvati nell’universo caotico che è il cosmo, in cui la parola senza freno si fa padrona del poeta, in cui il poeta si lascia portare sulle strade sconosciute della parola per una notte non destinata a sparire, finché ciò che è resta è il fiore del regno.