Eugenio Lucrezi, dalla raccolta inedita “Ingres”, nota di Giorgio Bonacini

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Poesia e arte si accompagnano spesso, pur nei rispettivi ambiti per affinità concettuali o per un amichevole interazione linguistica. Questa raccolta di Eugenio Lucrezi è un concreto esempio di come i versi possano nascere, formarsi, strutturarsi a partire dal’amicizia con cui ogni manifestazione espressiva imprime il suo segno. Ponendo in essere una parola mai descrittiva o didascalica rispetto al referente che ne titola la scansione, ma sempre ricevendo e dando un senso ulteriore, oltre l’immaginazione del suono e della sostanza “porosa del verso”, come l’autore precisa. Si va dal quasi haiku alla sperimentazione letterale, dalla leggerezza ludica, alla visività fonica, fino a testi di pensante illuminazione. Senza mai venir meno a ciò che la scrittura aggiunge nelle sue modulazioni interne.

 


 

Conversazione tra lo spettatore e l’opera - per Franco Cipriano

 

Uno. Spettatore

 

Opus senza spolvero, richiamo

afono, privo d’onde come mare

afflitto da postrema bonaccia,

immoto quale lena di morto, stige

senza espressione, ruga

non più severa: piana, rassegnata,

arresa e inutile, se non fa più ridere,

vinta, se non fa mostra più del piangere,

clorofilla espiantata in cuore d’eme,

in osso e cartilagine di foglia, in rosso

che affligge specchi in stanze, oltre

giardini di carne e orti

gonfi di muscoli, che affligge

superfici inabili al riflesso: opus!

Tu che, non visto, guardi: cosa vedi?

 

Pensieri di Coleman - per me stesso

 

Sassi muschiosi: li raschi piano

con le unghie, strofini invano

la superficie porosa del verso.

Si sa, i muscolosi maschi amano

gonne lunghe, golfini fatti a mano:

lasse perfidie per rose perverse.

Trattato di storia in tre volumi

 

Volume primo. Storia completa dell’universo

 

Non me lo dire, fatti benedire,

abbi fede e bontà, nel precipizio

attestato sul bordo particella,

ché si ride e si piange nel profondo

domani che non dice e non ascolta

ragioni infinitesime e molecole

immensamente fragili, ridicole

nell'asserzione magnifica del mondo.

Esplosione, collasso e poco più,

solo a sentire il rumore di fondo.

Negazione decisa, non polemica,

che dice alla particola:

«Non abitare nella miscredenza,

non dire male dell'insensatezza,

stai fermo e dura sulla scoscendenza

come nell'esattezza di un destino».

 


Eugenio Lucrezi (1952), di famiglia leccese, vive a Napoli. Medico epidemiologo, musicista blues e giornalista, scrive di letteratura e di arte. Ha pubblicato il romanzo Quel dì finiva in due, Manni, Lecce 2000, e alcuni libri di poesia, tra cui Arboraria, Altri termini, Cuma 1989; L’air, Anterem, Verona 2001; Freak & Boecklin (con Marzio Pieri), Morra/Socrate, Napoli 2006; Cantacaruso : LenOnoSong (con Marzio Pieri), La finestra, Lavis 2008; mimetiche, Oèdipus, Salerno 2013; Nimbus, Eureka, Corato 2015, Sapìa, I libri del merlo/Il laboratorio, Nola 2016; Bamboo Blues, Nottetempo, Milano 2018; La canzone del guarracino, il filo di partenope, Napoli 2018. Già redattore della rivista di letteratura Altri termini, dirige la rivista di poesia Levania. Nel 2017 è stato nominato da Mario Persico Gran Ciambellano e poetapatamusico dell’Institutum Pataphisicum. Cura la pagina di poesia sul quotidiano “La Repubblica”, edizione di Napoli.