Alessandro Assiri, da “L’anno in cui finì Carosello”, Le voci della Luna Editrice, 2018, nota di Giorgio Bonacini

Alessandro Assiri, in queste pagine, non scrive una semplice sequenza di poesie, ma, con forte tensione di sintesi poematica, indirizza il lettore dentro una cornice mobile che delinea l’esaurimento di una finzione. Infatti il titolo, nel contrasto con ciò che le parole manifestano, è lampante: la fine (ma sarebbe più vero dire “il mai inizio”) di una falsa innocenza. Carosello, infatti, termina nel 1977: l’anno in cui le crepe di un decennio diventano baratri. Ma l’autore è poeta consapevole che la scrittura deve aderire alla cosa, senza raccontare, per evitare che la concretezza del pensiero poetica scada in un sociologismo narrante. Caterina e lo Sciancato (due fra le tante immani fratture che si allargano fino a cedere) non sono personaggi, ma forme di disperazione storica – Caterina esprime leggerezza con i punti esclamativi; Lo sciancato è una notizia in un pollaio senza gallo – che non necessitano di colpe o giustificazioni, ma solo di poesia: che è l’unica direzione che può rappresentarne l’esistenza interiore, in vita e in morte. Perché solo “una civiltà della poesia” (definizione tanto cara all’autore e tanto auspicabile, diciamo noi) può e dovrebbe, anche nel dolore più estremo, aprire uno spiraglio nei dintorni”.


 

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Lo sciancato sciupava i quarti d’ora interrompendoli di felicità
sgretolata sapeva a memoria i nomi degli eroi e di tutti i ciechi
vicini a 30 anni indecisi quanto lui tra il crescere e l’invecchiare o
cambiare nome per essere un altro

 

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Non sei caduta come gli altri in quel prudente silenzio della casa

simulando nascondigli

programmando orologi per appuntamenti irripetibili con ospiti da

sempre maleducati e invisibili

 

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Caterina esprime leggerezza con i punti esclamativi

con le persone è felice solo quando non ci sono

fa visita ai malati solo quando son guariti

così li trova sempre meglio o quasi sempre usciti

 

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Ti ho rivisto in San Vitale nell’attimo esatto in cui l’alba diventa
mattina eri già morto come prima soltanto un po’ più storto. Avrei
voluto dirti lasciami in pace ma a cancellarti ci ha pensato la luce.


Alessandro Assiri è nato a Bologna nel 1962. Scrive da anni opere in versi. Tra le sue pubblicazioni: La stanza delle poche righe (Manni Editore), Cronache della città parallela, Poemetto in versi insieme a Serse Cardellini (Thauma Edizioni), In tempi ormai vicini (CFR Edizioni), Lo sciancato e Caterina (CFR Edizioni), Lettere A.D. (LietoColle). Vive al bar dove scrive e disegna.