Emanuela Mariotto, dalla raccolta inedita “Alzheimer”, nota di Laura Caccia

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Sorella poesia

E se la poesia fosse proprio la “parola deformata” che Emanuela Mariotto sussurra dolorosamente nella raccolta “Alzheimer”, in cui la drammatica vicenda familiare si fa dire di un altro senso?

Un dire che ustiona: “È caduta”, scrive l’autrice, “come goccia di fuoco / la tua prima parola deformata / scottandomi la gola”, nella vertigine di un dolore e di un abisso che solo la poesia può osare toccare, accarezzare.

Come nella poesia, il linguaggio, che la malattia deforma, proviene da un altro mondo: “Mi racconti qualcosa? / Qualcosa / prima dei racconti? / Una storia prima del mondo?” , sono i versi d’esordio della silloge, dedicata alla sorella che “mostra la strada”, spalancando, nel dramma personale, gli abissi di un dire primigenio e l’apertura a nuove possibilità di senso e di parola.

Ed è analoga, alla poesia e al morbo degenerativo, la lingua che interrompe la comunicazione ordinaria e la logica della ragione, come riferisce sommessamente l’autrice: “Scompigliato l’alfabeto del mondo / le lettere diventano nemiche / e parole inventate entrano in gioco”, così come la perdita di senso: “Mi faccio tua memoria / a te che vai in giardini di gesso / e sfili la collana del senso / perdendone le perle”.

Anzi è propriamente una parola “a rovescio” che, in entrambi i casi, capovolge i sensi, “Allora anch’o entro nel gioco / per un po’ credo al tuo mondo / lo capovolgo con te”, come ancora dichiara l’autrice, in cerca di una nuova lingua: “Marionette spezzate le parole / se ne vanno di scena / e un nuovo glossario va inventato / per rimetterle in piedi”.

Soprattutto è un dire che affronta l’oscuro, l’ignoto, l’enigma, come leggiamo, “Arranchi tra parole-mistero / sorteggi un tuo vocabolario”, e che appartiene propriamente all’altrove, “Con te reinvento la grammatica / apro corridoi di senso / voglio raggiungerti / nel tuo altrove”.

Mettendosi dalla parte della lingua smarrita, Emanuela Mariotto ci parla contemporaneamente della parola capovolta della sorella e della parola poetica, come fossero entrambe sorelle: una colpita dolorosamente dalla patologia, l’altra che ne accarezza il percorso e insieme trova, nell’affezione della mente, un rispecchiamento nitido, prezioso.

 

***

Mi racconti qualcosa?

Qualcosa

prima dei racconti?

Una storia

prima del mondo?

 

***

Mi faccio tua memoria

a te che vai in giardini di gesso

e sfili la collana del senso

perdendone le perle.

Quasi tua madre

ti offro le parole

ripetendo per te l’alba

e il tramonto

la clessidra del tempo

i mille nomi delle cose.

Mi chiedi chi sei

tremando te lo dico

io stessa mi perdo

nel tuo buio.

 

Emanuela Mariotto, laureata in Lettere moderne a Padova, vive a Milano. Qui ha seguito i corsi di scrittura creativa di Raffaele Crovi e di poesia di Antonio Porta. Sue poesie sono sono apparse su riviste e quotidiani, in libri e antologie; alcune nel sito della Libreria delle donne di Milano. Nel 1987 ha ricevuto il Premio della Biblioteca Civica di Paullo in occasione dell’8 marzo. Più volte segnalata e finalista al “Montano”.