Maria Pia Quintavalla, un inedito, "Trasmigrano", con una nota di Marco Furia

I

Trasmigrano i corpi, così l’amore
che mi sposta e muove
ali che si toccano sfilano appena
il collo gli occhi, più leggeri
nel sorriso. Sogno:
anse di nomi spinti da sonno cieco e
cani che riaprono l’alba
 
lui, lei che ricambiano
il cerchio del piacere,
dopo i cimiteri delle macchine là fuori,
e trattengono il cuore, lo smarrito

                 se balbetta il  tuo nome,
                 o tenerezza.


Terra scoscesa e bretone,
nel verde
che disegna menhir in magnitudine,
parole come calvari in pietra -

Tra i nostri amori è l’acqua dove
una promessa sarà certissima
nel cuore,
colmo e con incerta mano
dai baci incoronata
 
la  t u a  voce.



II

Ha fede e ostinazione il mio diletto,
sparge il suo dire a coprifuoco
cerca mappe alle stelle -
per arrivare fino a me, la sera
 
una promessa, un rilevante sogno
in balbettii leggeri
esse-emme-esse che si sollevano
(deve essere già integro, discreto

lui, se lo capisce).




III


Il mercato è la regola
della circolazione delle merci,
e non dei sensi
che amplificano il regno -
Volessi io tornare al segno dove
l’anima e il corpo si fronteggiano,
si palpano da ciechi

un tesoro ai tuoi piedi io governo,
tu lo porgi



dal libro dell’amore inviti,
voli alto in dolzore
sopra le braccia poiché
il ragno della vita, la mia la tua
rinascano
in nuova  c a s a.

Ti amo intanto, piccola
figlia nel bozzolo, mentre ti prende
il gioco della crescita;
ritorno un poco indietro, attenta
scelgo sedermi calma, cerco
 
la  c e n a  dell’amore vivo.

 

 



Con “Trasmigrano”, Maria Pia Quintavalla presenta un’intensa composizione articolata in tre parti.

Mi pare molto significativa la pronuncia:
“volessi io tornare al segno dove l’anima
e il corpo si fronteggiano”.

L’anima e il corpo, dunque, secondo la poetessa, si fronteggiano in corrispondenza di un segno.

Forse, s’intende, perché sono ambedue segni?
Come si potrebbe, altrimenti, ipotizzare siffatto rapporto?

Non si tratta, si badi, di un quesito ontologico riguardante l’esistenza dell’anima o del  dualismo anima – corpo, bensì della consapevolezza dell’importanza dell’elemento linguistico.

Quell’anima e quel corpo possono fronteggiarsi soltanto nell’àmbito in cui, quali vividi paradigmi, esistono, ossia quello dell’umano idioma.

Felice il tocco di Maria Pia: i suoi versi si soffermano, efficaci, su simile importante questione con quell’elegante naturalezza propria di chi è teso a mostrare un sussistere senza pretendere d’esaurirne la spiegazione.

Talvolta, davvero, occorre non proseguire il discorso, poiché certi aspetti, taluni lineamenti, vanno osservati in maniera partecipe senza voler procedere oltre, provando feconda meraviglia di fronte a quell’enigmatico spazio in cui il silenzio non è più, mentre la parola, non ancora compiuta, è cenno, suggerimento, invito a continuare.

La poesia ci aiuta a vivere?
In questo caso, sì.