Sonia Caporossi, da “Taccuino dell’urlo”, Marco Saya Edizioni 2020, nota di Laura Caccia - Una cornice per il caos

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Una cornice per il caos

Dopo L’urlo pittorico in serie di E. Munch e l’Urlo poetico di A. Ginsberg, Sonia Caporossi, in Taccuino dell’urlo, ci mostra un’altra modalità per esprimere la tensione emotiva che sboccia in un grido di dolore. Un urlo interiore che, in questi versi, si fa riverbero tra l’assenza e il richiamo, l’abbandono e il ritorno, il conflitto e l’oblio. Un urlo che non viene lasciato esplodere come nelle tele di Munch, ma che, dei suoi quadri sul tema, ha il contrapporsi delle figure in primo piano e ai margini. Così come il contrasto delle tonalità dei colori caldi e freddi, che pare rispecchiarsi, nella raccolta, nei dialoghi-scontri di una conclusa, ma ancora tormentata, storia d’amore. Con l’urlo di lui in primo piano e il virgolettato di lei sempre più evanescente sullo sfondo.

Solo una storia d’amore? Più indizi conducono a individuare la messa a fuoco del testo non solo e non tanto su una relazione affettiva drammatica e sofferta, quanto, attraverso di essa, sul rapporto, indagato a livello poetico, psicologico e filosofico, con il reale. Nella frattura tra desiderio e realtà, sogno e inganno, senso e perdita di senso. Nello «scarto tra «» e «»», nella solitudine che emerge sia dal rapporto amoroso sia in generale dallo stare al mondo. E, insieme, nell’esigenza, che l’urlo sottostante evidenzia, di dare a tale solitudine uno sbocco nella relazione umana come nella scrittura. Così emerge il bisogno di abbracciarsi, simili a «scatole d’assenza / riconoscerci a distanza», a partire da un disagio sociale che trova il suo rispecchiamento nell’Urlo dissacrante di Ginsberg. Così il riuscire a fare sbocciare, dal disagio individuale, la scrittura, tenendo conto di quanto chiaramente preteso dalla poesia. Poiché «per scrivere necessita una rabbiosa solitudine / e un istinto meno che umano».

La scrittura di Sonia Caporossi sperimenta un linguaggio percussivo e dissonante, ad evidenziare la drammaticità della tensione, in vivo contrasto con l’ordine della composizione. Quasi che tale tensione necessitasse di una cornice di contenimento per l’abisso e per il franto del linguaggio e della psiche. Un ordine nel caos. Non a caso il giusto ordine, anche nell’etimo, del Taccuino. Che raccoglie 32 stazioni di appunti-dialoghi numerati e i quadri alfa, omega e, all’interno, phi, dai significati plurimi, a sancire la centralità della riflessione sul desiderio e sulla dimenticanza, sulla «ragione che non trova il senso” e sul «tempo per dire ancora».

 

I.

 

si affida a una voce

ode sé stesso nel grembo infecondo degli orecchi

               come sentirsi ridere a comando

                                         a piacimento

nel bacchettarsi ieratico dell’imprinting feroce

                                                             dell’urlo

                         del richiamo a chi tace

quando l’ascolto si reitera intonso

nel fingere di prestarsi

                             di apprestarsi

                                           di arrestarsi

alla domanda gonfia di fiato

                   quando le labbra si chiudono

                nel richiamo

                             a chi tace

e nessuno risponde

                          a ciò che ha domandato.

 

 

XV.

 

Nell’assenza

                     {indesiderata, inerte}

sparge bruciore di :: fumo :: sui pianali del pensiero

 

quanto di lei gli rimane nel {sogno}

di un’indecenza pagana

nel suo rituale che lo condanna all’attesa

è l’essere scabro delle mani chiuse a pugno

 

che dentro, nel palmo, nel centro di tutto

concentrano il suo nome-odore-lignaggio

nell’ignobiltà ostentata del peso pericardico

che grava su quel petto illuso di visioni

 

come se la vedesse a un orizzonte di senso perduto

sorridente, estatica

chiamare il suo nome nel vuoto.

 

φ.

 

«mandami un cenno di mancata intesa

eludimi nel sonno

di una ragione che non trova il senso

rapprendimi, comprendimi, prendimi

ama la scorza d’arancia amara che mi avvolge

tocca la mia ovale, imperfetta nudità

 

sottintendimi, lasciami andare, virami

col timone del timore di paure troppo vuote

rilassami le corde del collo di tensioni

che non sanno duplicare dna d’alienazione

 

risuonami il colore

di un fonema troppo asciutto

ripetimi le promesse da infrangere

solo perché sei fragile come vetro

annebbiami le certezze, tu che sai di non sapere

 

abbi pietà e potenza

che c’è tempo per volere

c’è sempre tempo per dire ancora

quando il futuro è malnato e soffuso

come la luce che copre le disgrazie

come l’assenzio che imbeve il pericardio

e poi alla guida non si può mai bere

se non andando incontro

a questo strazio

 

allacciami le scarpe

per una scalza ingenuità

ricordati dei vuoti di memoria

che lamentavi durante l’impressum

ritorna da dove sei andata

e vieni da dove ti hanno creata

 

non c’è scampo per l’offesa

e non c’è scabbia sulla mia pelle

perciò toccami, amami, invogliami

incensami intonso e impuro

voglio solo percepire il magro orpello del tuo odore

voglio solo irretire lo scoglio scrostato

del mio assurdo desiderio

 

non c’è luce

non c’è odore

non c’è amore che possa stare

voglio solo addormentare questa voglia di volere

 

voglio solo

sempre e solo

rigirarmi dall’altra parte

e poi, stanco di stancarmi

dimenticare

 

ω.

 

alla fine lui resta in silenzio

nell’abbraccio addormentato

rimando scabro di un lembo di pelle

rabberciato {lungo i bordi} nella fame di poesia

 

alla fine rinuncia all’amore

si prende in carico l’infarto

l’assassinio autoindotto del cuore

in questa quieta decisione

 

tanto lo sa che ritornerà

il desiderio del suo {fuoco greco}

perché l’amore non serve poi a tanto

::

 

per scrivere necessita una rabbiosa solitudine

e un istinto meno che umano, e stanco

di ripensarsi interi

dopo la distruzione.

 


Sonia Caporossi (Tivoli, 1973), è musicista (con i Void Generator: Phantom Hell And Soar Angelic, Phonosphera Records 2010; Collision EP, 2011; Supersound, 2014; Prodromi, 2017; Anatomy of a Trip, 2019), narratrice (Opus Metachronicum, Corrimano, Palermo 2014, seconda ed. 2015; Deaths in Venice. Racconti dalla laguna, a cura di L. Liberale, Carteggi Letterari 2017; Hypnerotomachia Ulixis, Carteggi Letterari, Messina 2019), critica letteraria e curatrice (Un anno di Critica Impura, Web Press, Milano 2013; Poeti della lontananza, Marco Saya, Milano 2014, con A. Pierangeli; Pasolini, una diversità consapevole a cura di E.Campi, Marco Saya, 2015; Da che verso stai? Indagine sulle scritture che vanno e non vanno a capo in Italia, oggi, Marco Saya, 2017; La Parola Informe. Esplorazioni e nuove scritture dell’ultracontemporaneità, Marco Saya, 2018; La gentilezza dell’Angelo. Viaggio antologico nello Stilnovismo, Marco Saya 2019; Diradare l’ombra, antologia di critica e testi per Claudia Zironi, Marco Saya 2019), poetessa (La consolazione della poesia a cura di F. D’Amato, Ianieri Edizioni, Pescara 2015; Erotomaculae, Algra, Catania 2016; Alla luce di una candela, in riva all’Oceano a cura di L. Leone, L’Erudita, Roma 2018; La forma dell’anima altrui. Poesie in omaggio a Seamus Heaney, a cura di M. G. Calandrone e M. Sonzogni, LietoColle, Como 2019), saggista (La pietà del pensiero. Heidegger e i Quaderni Neri a cura di F. Brencio, Aguaplano, Perugia 2015). Dirige per Marco Saya Edizioni la collana di classici italiani e stranieri La Costante Di Fidia. Dirige inoltre i blog Critica Impura, Poesia Ultracontemporanea, disartrofonie e conduce su NorthStar WebRadio la trasmissione Moonstone: suoni e rumori del vecchio e del nuovo millennio. Vive e lavora nei pressi di Roma