Rita R. Florit, da “Cardini”, La Camera verde 2018, nota di Laura Caccia - La rosa dei versi

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La rosa dei versi

Si muove lungo le coordinate spazio-temporali che delimitano l’orientamento nel mondo Cardini di Rita R. Florit. Nel microcosmo, come nel macrocosmo. Nella realtà visibile, come in quella mitico-sacrale. Delineandone i riferimenti, sia fisici che meta-fisici, nelle due parti della raccolta, rispettivamente i punti cardinali nello spazio e le fasi stagionali nel tempo. Un ordine che cerca di dare voce alla complessità dell’universo e che viene declinato nei testi attraverso l’impasto di una materia, insieme, terrena e celeste, mitologica e divina. Tra le polarità opposte che coesistono nell’intero. Un intero non più indistinto, come l’essere primigenio, ma già condotto ad una visione umana e poetica che circoscrive il proprio mondo. Dove la ciclicità della rotazione cardinale e della successione stagionale evidenzia un continuo ritorno, poiché «dimorare è tornare».

Nella prima parte la parola plasma i cardini geospaziali, nel loro incessante creare e ricreare. Dalla luce aurorale di Oriente e del suo «oro nascente» all’ombrosità di Occidente e della sua «rosa occidua». Dal sole di Mezzogiorno e del suo «cromo-inferno» all’oscurità di Mezzanotte e della sua «notte cava». Colmando i versi di richiami alla grecità, all’induismo, alla mitologia norrena. E di camei di poeti, da Lucrezio a S. Beckett, da E. Dickinson a M. Zambrano, da S. Plath a E. Villa. Nella seconda parte la parola fa danzare le stagioni, in una complessa mobilità concettuale e linguistica, tra le parti in lingua occitana, i riferimenti a detti e leggende che riguardano la natura e ancora i camei di poeti, da Y. Bonnefoy a S. Heaney.

Le parole orientano? E la poesia, nel suo farsi stella polare? E i versi dei poeti, chiamati a divenire cardini essi stessi? Il linguaggio di Rita R. Florit, denso di rimandi e teso di continuo oltre quanto mostra, plurisemantico e multilingue, pare orientare in direzioni molteplici. Nella rosa dei versi dell’autrice e dei poeti convocati è come se il polo magnetico si spostasse di continuo. A costituire di volta in volta un perno di attrazione per terra e cielo, umano e divino, nel calamitare, da angoli prospettici diversi, l’origine e la fine, l’ignoto e il visibile, l’oscurità e lo splendore del mondo.

 

Da: CARDINI

 

           Nel mezzo d’un universo che promana propaga e

prolassa centrifugo distopico disforico crudo anelito al che?

 

           si dimena diradandosi dilatandosi ...

 

          toh! sarà l’antaura che dilania, l’accetta nella testa;

l’occhio stroboscopico, bianca polpa del nulla; sarà l’insulso

schermo protervo stante il fibrodelirio,abbattuta volgendo al fuori

dall’ego-centro al quadrivio vede-va

 

        (a) Oriente oro nascente perla perfetta soavità del(la)rosa

        Aura Au-r-ora fionda sferza il neogiorno appena nato già

        muore (1)

 

        gravide grida nel chiaro

 

                                                                   il coro greco sullo

sfondo sbiadisce l’arcana nyctadea amata dalla cicuta lei la sola

la perduta fuggita dalla casa del padre (2)

 

mattino cupola d’oro e lapislazzuli quando vaticinava a Delfi quae

tripode ex Phoebi, lauroque profatur (3) la ressa il soffoco

l’inascoltata voce

desolata cassandra

 

 

                         più a Est l’animale sacrale rumina micro-giungle

               domestiche; Ganesh alla catena da secoli; Vembanad

               stende il suo tanfo viola inedia invasiva liquefa scivola

               nelle retro acque piatte, squarci di spazio tempo sulle

               strade di polvere, scotomi.

 

                      Orienti dominatori sventrarono città fasciate;

              onde prue protese polene; i lenti accecamenti

 

              Mater-puella nell’abbaglio argento petraie, orde

              scagliate nelle gole degli dei divoratori di luce

 

              l’Athanatos dannato nei tuoi forzieri aperti.

 

[…]

 

 

Da: CES SONS SESONS

 

Vēr

 

Vēr primo vere invera

veritas, in vino no! in campo

in bosco in prato ego virido

mi irido rido

genera la terra i fiori

pori tutti fuori di sé

dal seno aperto sciamano

abhelas, reptilia, nòus anima-lia

en saut (1) in balzi in neve

di lanugine ver-tigine

tiepidi serici nidi

gemmano cori e mugolii

nugoli et nugae

arbor arbita arbitra Carnea

viridat e reti and thirsts

my nightly shadow feasts (2)

blu crudo incombe

arioso maggio d’erba voglio loglio

manger son blé en herbe (3)

 

 

Verno

 

Verno perno firmamentum

oldest seasonson endurci

gris in-tingo rame lingue ignee

camini pini querce noci

rovi torvi corvi neri eri

invasione di tronchi

mantelli folti di volpi latte

di lupe perdute galaverne

nevi solenni evi fondi fate

H’eman Kalash (1)

aquila chiôm-ata (2) coltre alata

vernis d’iverns (3) glace-soupir

te soit la grand neige (4)

Iarnă (5) - arnia del nero

in-chiostro signo in hoc

locus iste scoscesa

tana lana bianca vitalbe

ringhia scarno giaciglio falco

calco interno Verno.

 

Note

Cardini

(1) S. Beckett, Mal visto mal detto, Einaudi, 1986

(2) M. Zambrano, Chiari del bosco, B. Mondadori, 2004

(3) M. Zambrano, I Beati, Se, 2010

 

Ces sons seson

letteralmente ces sons dal francese questi suoni e sesons dal dial.

friulano stagioni, hanno simile pronuncia

Ver

(1) in occitano: api serpi nuovi anima-li in salto

(2)“e seti le mie notturne feste d’ombre” S. Heaney, Station Island,

Mondadori, 1996

(3) manger son blé en herbe, detto risalente al XVI° secolo: poiché il

grano acquisisce valore quando arriva a maturazione, chi mangia il

grano in erba dilapida il suo denaro

 

Verno

(1) Kalasha popolo di uomini liberi come si autodefinicono i Kefiri

dell’Hindu Kush, mai islamizzati, h’eman è l’inverno nella loro

lingua come hêman lo è in sanscrito

(2) Chiôm neve in greco

(3) Vernis è anagramma di Iverns che è inverno in occitano

(4) “te soit la grand neige le tout le rien” Y. Bonnefoy «La grande

neige», in Début et fin de la neige, ripreso in Ce qui fut sans

lumière, Gallimard, 1995

(5) Iarnă inverno in romeno

 


Rita R. Florit ha pubblicato "Cardini" (2018), “Nyctalopia" (2018), "Passo nel fuoco" (Premio Mazzacurati-Russo 2010), "Lezioni inevitabili" (2005). Più volte finalista al Premio Montano. Ha tradotto Louis Zukofsky, Ghérasim Luca, Joyce Mansour e autori contemporanei. Ha ideato e realizzato vari videopoemi tra cui: Inside me-mories (2018), Aestas (2016), Passionement (2015)