Vincenzo Lauria, da “Teatr/azioni”, puntoacapo Editrice 2018, nota di Laura Caccia - Nel rovescio delle parti

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Nel rovescio delle parti

Quale scenografia viene messa in opera da Vincenzo Lauria in Teatr/azioni per dare luogo ai gesti poetici che capovolgono cliché e stereotipi? Si tratta di metateatro? Oppure di un teatro nel teatro? Qui, in realtà, la parola non si fa riflessione sulla rappresentazione scenica, né messa in atto di un’animazione dell’assurdo con l’abbandono di trame e linguaggi consueti. Qui la parola si fa propriamente teatro: «luogo/non luogo» di pubblico spettacolo. E insieme azione-non azione. Un’azione che spalanca e rovescia sé stessa, riuscendo a mettere in luce non solo quanto si nasconde dietro le quinte, ma quello che, nel suo ribaltamento, ogni volta accade davanti ad esse. Invisibile però ad uno sguardo che colga solo l’apparire e non quanto, «per un andar del vero / in opposta direzione», si mostri al contrario «irrealisticamente verosimile».

Tutto, nel retroscena come «nell’al di qua / del vero», dalle scenografie alle luci, dal palco alla platea, dalle prove ai monologhi, dal plauso all’inchino, viene sottoposto, «di cliché in cliché», a continue mosse di capovolgimento. Così, sulla scena-non scena teatrale, viene eliminato il sipario, il palco diventa platea e viceversa, gli spettatori diventano attori e ad applaudire è un pubblico assente. E così la parola entra in azione: rovesciando cliché e luoghi comuni, con continui colpi di scena. In una finzione, implicita nel senso stesso del recitare, come del resto dello scrivere, che viene ribaltata da un’ulteriore finzione, da questa annullata e, nello smarrirsi del senso apparente, condotta ad un senso più veritiero.

Non solo la parola fa di sé teatro e, insieme, antiteatro. Il poeta fa di sé stesso teatro e antiteatro. Nel rovesciare le parti, si ritrova «Innanzi al palco / far la propria conoscenza» quando “fatale è lo svelamento / per l’inganno si dice il vero / e in suo onore / il saper stare al gioco / si fa baratro». Con una particolare modalità di scrittura, Vincenzo Lauria mette in scena veri e propri coup de théâtre nella realtà e nella propria interiorità: dallo svelare le finzioni del visibile al ricercare un senso oltre a quello apparente, fino alla discesa nel proprio abisso. E il tratto che ne caratterizza la scrittura, quello di separare con barre oblique le parole al loro interno ponendone in luce la pluralità semantica, evidente già nel titolo, trova in questi testi il suo significato scenico e insieme più autentico: spalancare ogni volta il sipario dell’apparenza che vela ogni parola, mostrando la scena nascosta dei suoi doppi, multipli sensi. La sua voragine. Il suo baratro.

 

TEATR/AZIONI

(Il teatro, luogo/non luogo, percorso, di cliché in cliché,

al buio di una maschera)

 

 

L’inconsistenza

ci traccia nel non essere

in lunghi avvita/menti

è nel chiamarsi

un rinnegarsi per i conosciuti nomi

per apparire al solo desueto.

E in quel cappotto a quadri

scalderei nuda la mia ri/conoscenza

il sapersi per un verso bisbigliato

in bocca/scena.

Farò di me teatro

per un voler di sorte

senza un sol sipario,

fuliggine nell’aria

nel tutto retroscena.

 

Cliché II

 

La messa in scena

 

Pavide le menti

i para/venti

collimano con lo svelarsi

poco a poco

un négligé oblige

la noblesse d’âme à se détruire.

La mise en scène

au ralenti – dice un improbabile vero

mentre piove il virtuale.

S’intingono le pelli

di mutanti colorazioni

e nell’accingersi

segna la distanza il plauso mancato

per l’aprirsi al pubblico

di un boudoir privato.

 

Cliché IV

 

Il palco

 

Scale

dai gradini di neve

l’algido apparire

di me a somiglianza.

In recitar respiri e pause

solitudini escludi

e ammanti l’aria del circostante

di un’aura

nell’imminenza d’altra presenza.

Contar fra il pubblico

di un rapimento in maschera

e quel che è

non rassomiglia al nulla

al privato accaduto

al viso degli astanti sfigurato.

Innanzi al palco

far la propria conoscenza

salire

e scontar di verità la penitenza.

 

Cliché XIII

 

La scena

 

La ricostruzione della scena

sa di delitto annunciato

le maestranze si curano del luogo

per il replicarsi delle parti.

S’incendiano le luci

nel tratteggio delle sagome

e il sangue scorrendo ancor

si fa spettacolo.

Il movente oscuro

nell’infittirsi del mistero

accresce il campo del sospetto

l’indizio dice di un unico colpevole

tra il pubblico cadavere

 

Cliché XVII

 

Il plauso

 

Chiuse sale

in raccoglimenti

prima di un inizio.

La voragine ci sospende ai bordi

prima dell’attrazione,

fatale è lo svelamento

per l’inganno si dice il vero

e in suo onore

il saper stare al gioco

si fa baratro.

Confondersi al fondo

in uniforme annullamento

né luci violeranno i contorni

per la mimesi in corso.

La voce narrante rimase muta

per un sorprendersi sul palco

l’andar in scena di un pubblico scrosciante

nel colmare il vuoto dello spettacolo.
 


Vincenzo Lauria inizia nel 2001 la condivisione del suo percorso in Stanzevolute, gruppo di 11 poeti selezionati da Domenico De Martino. Dal 2010 collabora con Liliana Ugolini ai progetti multimediali “Oltre Infinito”. Ha collaborato dal 2012 al 2019 con l'associazione Multimedia91-Archivio Voci dei Poeti.

La sua prima raccolta edita "Teatr/azioni" (Puntoacapo Editrice) è stata finalista al Premio I Murazzi (8^ edizione) e al Premio Lorenzo Montano (34^ edizione).

Nel 2021 ha pubblicato con Liliana Ugolini la raccolta "Oltre Infinito" (La Vita Felice) che ha ricevuto la segnalazione speciale alla 35^ edizione del Premio Lorenzo Montano.

Suoi testi sono presenti nel periodico on-line "Carte nel Vento" e nel blog "Casamatta".