Nicoletta Bidoia, da “Scena muta”, Ronzani Editore 2020, nota di Laura Caccia - La parola che danza

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La parola che danza

Perché la parola possa danzare occorre creare silenzio intorno. Fare del tacito il protagonista. Sul palcoscenico, come sulla pagina bianca. E perché possa trovare espressione occorre predisporre fondali di vita in cui fare esperienza di tutto il sospeso, il nascosto, il non detto. Necessita che si metta a nudo ciò che, nel paesaggio visibile, il silenzio accompagna: il biancore delle nevi e dei ghiacci, la durezza della stagione invernale, la stretta del gelo che assidera storia e natura. E che si penetri in ciò che, nel paesaggio invisibile, il silenzio custodisce: l’oscuro, il segreto, l’enigma.

Così Nicoletta Bidoia ci conduce, in Scena muta, attraverso i rigori taciti della realtà e la dolcezza misteriosa del reale più intimo, tra ‘La morsa’ e ‘Il caro enigma’. Cercando di «sottrarre al chiaro / ciò che conta», di esprimere quel «sentimento oscurato dalle labbra» che possa essere reso con la sola forza interiore. Quando il dolore «si imbosca / nelle parole». Fino a che la voce possa trovare, dentro di sé, i suoi passi, così come, nel movimento del corpo, il suo ritmo. A partire da quanto messo in luce dalla danza. Facendo rivivere sia le esperienze adolescenziali, nelle parti in prosa di ‘Ora per allora’, sia quelle di una figura leggendaria del balletto classico, nei versi dedicati a Vaslav Nijinsky in ‘Finiremo per trovarci’, attraverso la rielaborazione poetica dei suoi Diari. Uscendo così dal mutismo, per quanto in grado la danza, nei virtuosismi del ballerino russo, di mettere in luce interiorità e visione, intensità e follia, profondità e vertigine

Una danza che, dopo aver attraversato gelo e oscurità, non possa accontentarsi delle coreografie del visibile. Una danza che si faccia verità. Che, come il principio, scardini e stremi. E che richieda una scena muta intorno per innalzarsi e rimanere in sospeso. Che si nutra di quel sollevarsi nell’aria che più che movimento è immobilità e silenzio. Nella vertigine della fissità. In quell’azzurro che Nijinsky, anche nelle parole dell’autrice, afferma di conoscere, attraverso la sua capacità estrema di alzarsi in volo e di prolungarne la sospensione. In quel silenzio e in quella sospensione la parola poetica di Nicoletta Bidoia si fa anch’essa danza, scegliendo una «scena / da poco», «i versi muti di chi muore a sé / e non ritorna» e «una sintassi nuova / dove i segreti sostano per qualche ora / chiamandosi per nome».

 

Da: La morsa

Quando finirà

questo secolo lungo di ghiacci

e novene, l’irrigidirsi dei propositi

che cristallizzano col fiato?

 

Ci chiediamo se sia del bianco

l’invenzione dell’eterno.

 

***

Abbiamo puntellato le travi

perché non cedano agli inverni

e trovino forza dal basso.

Conversiamo sottovoce di pane

e di vento e di come da tempo

si raffreddi anche la retina

che tutto stenta a trattenere.

 

Ogni giorno, prima di uscire,

mandiamo a memoria gli alfabeti,

li prepariamo a concentrarsi

su pensieri di tundra

e la durezza che c’è.

 

Da: Il caro enigma

 

Eppure in questo esilio

c’è spazio per sussurri,

premure e capogiri

che si appoggiano alla gioia.

La si vede a occhio nudo.

In questa calma teoria di silenzi,

che cova godimenti e pleiadi

più intime, c’è una sintassi nuova

dove i segreti sostano per qualche ora

chiamandosi per nome.

E se è arduo decifrare nelle stanze

le rotte degli amanti, tradurremo

ogni passo in una data,

nell’ora immacolata della notte.

 

***

Siete tutti così intelligenti, così attivi.

Qui è scena muta, è scena

da poco. Si depongono

le attitudini come chi preferisce

mancare lo scopo e ama solo

i tempi morti.

 

Da: Ora per allora

III

Tornò settembre, il secolo era diverso; Com-prai al mercato tre rose bianche, una per ogni tomba. Prendemmo il treno per la laguna e puntammo dritte a San Michele. Questa volta il noi era due. Con la mappa del cimitero cercammo le lapidi e una scopa per pulirle. Il sole alto delle undici, il cielo limpido dei mistici. Pregammo Brodskij, Diaghilev e Stravinsky, li implorammo di esistere là dove già erano. Una rosa per chi si spaesa. Una rosa per la caduta. E una per chi resta.

 

Da: Finiremo per trovarci

I

Abbaglia ancora la bianca e santa Pietroburgo,

la neve appoggia sulle spalle il suo saluto.

Ala Scuola Imperiale ero Nežinka, il ‘tenero’,

ero il nervoso periodare del veggente.

Io vedo tutto, io vedo il dolore che si imbosca

nelle parole, il sentimento oscurato dalle labbra,

io ascolto il mite, i versi muti di chi muore a sé

e non ritorna.

[…]

Già da allievo miracolavo nel salto

perché se parto alla volta del cielo

è per restarvi a lungo a mezz’aria.

Non conosco altro azzurro

se non quando prolungo l’incontro

là in alto

e mi sospendo, vi penso, mi calmo.

E dopo ogni indugio

ritorno a quel fuoco, plano,

scendo in me

come un perdono.

[…]

 

II

[…]

Per essermi fedele

devo tradire l’aria di prima,

il mio mulinare nel vento,

devo interrare l’astro e l’arcata

perché è venuto un tempo di pietra

inatteso, c’è un’altra vertigine.

Mai si è visto così tremendo

il battito di ciglia

dell’immobile.

[…]

 

III

[…]

Penso spesso alle stelle

perciò so chi sono.

Veglio il mondo e indovino.

Sulla soglia aspetto

e col palmo della mano a conchiglia

raccolgo le voci all’orecchio,

le attendo.

Sono il solo in ascolto.

[…]

 

In Finiremo per trovarci sono in corsivo nel testo le frasi di Vaslav Nijinsky tratte

dai suoi Diari, nelle traduzioni di Gabriella Luzzani e Maurizia Calusio (entrambe

per Adelphi).

 


Nicoletta Bidoia, è nata nel 1968 a Treviso, dove lavora presso l’ufficio di un ente pubblico, e vive in provincia.

Ha pubblicato i libri di poesia Alla fontana che dà albe (2002), Verso il tuo nome (2005, con prefazione di Alda Merini), L’obbedienza (2008, con prefazione di Isabella Panfido) editi da Lietocolle, e Come i coralli (2014) con La vita felice.

Nel 2013 è uscito il libro di narrativa Vivi. Ultime notizie per Luciano D. per le edizioni La Gru.

Nel 2006, con la cantautrice Laura Mars Rebuttini, ha ideato e realizzato lo spettacolo Un piccolo miracolo. Nel 2019, insieme al cantautore Gerardo Pozzi, ha realizzato lo spettacolo Sotto terra, sopra un prato.

Ha inoltre collaborato con altri musicisti in occasione della presentazione dei suoi libri, tra cui: la cantante goriziana Gabriella Gabrielli, i cantanti romani Sara Modigliani e Andrea Belli e l’arpista Tiziana Tornari.

Più volte è stata ospite a Fahrenheit di Rai Radio3 nella rubrica giornaliera “Il poeta della settimana”, in occasione dell’uscita de L’obbedienza e di Come i coralli, e nella rubrica “Il libro del giorno” presentando Vivi. Ultime notizie di Luciano D. nel dicembre 2013 (questa registrazione si trova in Youtube). Alcune sue poesie, apparse anche in raccolte e riviste, sono state tradotte in spagnolo nel libro Jardines secretos. Joven Poesìa Italiana, a cura di E. Coco (Sial, Madrid, 2008).

Negli anni, è stata ospite al PoesiaFestival di Modena, al Festival di poesia internazionale di Genova, al Festival Vicino-Lontano di Udine, al Festival dei Matti di Venezia e al CartaCarbone Festival di Treviso.

Oltre che in provincia di Treviso, ha effettuato presentazioni a Roma (Casa Internazionale delle Donne, Libreria Odradek e Libreria Altroquando), Bologna (Feltrinelli), Venezia (ex Mondadori, Fondazione Querini Stampalia, Libreria Marco Polo), Milano, Reggio Emilia, Cesenatico, Varallo Sesia, Gorizia, Brescia-Padernello, Opi (invitata da Dacia Maraini) e in altre città.

Compone collage e teatrini di carta (rintracciabili sul canale stroega di Youtube e stroega di Instagram).