Roberto Minardi, audiolettura; poesia inedita “Mare”, nota di Ranieri Teti

 

Un mare totale, questo raccontato da Roberto Minardi. Un mare senza coordinate geografiche né denominazioni. Un mare che diventa “il” mare, quello che nessun obiettivo fotografico potrebbe riprendere, che solo un poeta può cogliere, che solo un poeta può descrivere in un preciso, esattissimo momento: quando contemporaneamente vede, sente e media nel pensiero. E articola nella memoria.

La lettura di questa poesia è sia orizzontale che verticale.

Nell’orizzonte compaiono immagini in serie, che potrebbero essere colte in qualsiasi battigia, in qualsiasi luogo del mondo. Con la particolarità di un doppio registro: Minardi mescola versi alti, anzi, altissimi, a versi volutamente caratterizzati da un linguaggio basso; come se anche nell’orizzontalità ci fosse una verticalità. Quando scrive “per credere nei secoli c’è il mare” fa precedere questo verso da “pernacchie al largo”. La cartolina che riceviamo è frammentata, si compone di tante varie immagini: l’autore gioca con noi mediante voluti inciampi, sdrammatizza, evviva, il concetto di poesia, riesce con piacere suo e nostro a rendere paritari la “plastica” e il “ragionamento”, un “galleggiante” e un’”isola”.

La verticalità invece produce una vertigine. La cartolina che riceviamo dal mare è un interno domestico. Racconta che l’idea del mare è dappertutto: affonda nell’infanzia, resta impressa, diventa mondo riproducibile ovunque ci siano acqua e fantasia, per l’eroe del lavabo, l’irriducibile pescatore allo specchio. Non ci sono confini, né età, se siamo poeti.

 

Mare

cuore di spadaccino che mai trafiggerebbe

perlustra la battigia con amore, a mani vuote

raccoglie un flacone ammaccato

così forte è la luce che l'azzurro della plastica sbiadisce

ogni tinta scolora, ogni ragionamento scioglie


 

con le orme dei suoi più che bianchi piedi prosegue

così facendo trae in salvo il mare, la terra

è la mobile arena che l'andamento storce

affossa le caviglie dell'uomo dell'urbe

lascia la ferocia dei raggi fare il corso che deve


 

oltre la storia uno scafo compie un mezzo cerchio

le sue pernacchie al largo spadroneggiano

per credere nei secoli c'è il mare, un galleggiante rosso

si affaccia da un triangolo di luce che scoppietta

non resta che tacere, in controluce squaglia ogni certezza


 

la barchetta nel lavandino colmo dell'infanzia

pescava pesantissimi tonni il lupo di mare

sognarsi isola e non robot, eliminare la rissa dal petto

ed un granchio attende che lui se ne vada prima di sbucare

l'essere umano non possiede serietà.

 


Roberto Minardi (Ragusa, 1977). Nel 1999 si è trasferito in Inghilterra, a Londra, dove risiede tuttora lavorando come insegnante di lingue. Ha pubblicato le raccolte Note dallo sterno (Archilibri 2007), Il bello del presente (Tapirulan 2014) e La città che c’entra (Zona 2015), segnalata al Premio Montano l’anno successivo. A questa raccolta è ispirato il mediometraggio The city within, realizzato in collaborazione con il regista Tomaso Aramini. Oltre che in volume, suoi testi sono apparsi su riviste, antologie e litblog. È co-fondatore del progetto poetico dopotutto [d|t] che si occupa di scrittori e scritture del 'dispatrio'.