• Videoconferenza di Roberto Caracci e Flavio Ermini su "Il giardino conteso"
• Il video della lettura di Mario Campanino al Forum Anterem
Giorgio Bonacini: Sequenze di vento
Giorgio Bonacini (1955) ha fatto parte del gruppo d’arte e poesia “Simposio Differante”. Dal 1989 è redattore di “Anterem”. Tra i suoi libri di poesia: Teneri Acerbi (1988), L’edificio deserto (1990), Il limite (1993), Falle farfalle (con A. Pellacani, 1998), Quattro metafore ingenue (2005). Dopo sei anni di silenzio, Bonacini torna a proporci una nuova opera poetica: Sequenze di vento, Le voci della luna, 2010.
L’ultimo lavoro saggistico di Flavio Ermini si configura come un profilo letterario assolutamente inedito di Rainer Maria Rilke. Il volume ha per titolo Rilke e la natura dell’oscurità ed è pubblicato da AlboVersorio, 2015, nella collana “Studi” diretta da Erasmo Silvio Storace.
Opera vincitrice “Raccolta inedita” Premio Montano, XXVI ed.
L’opera viene pubblicata da Anterem Edizioni, con una premessa di Giorgio Bonacini e la postfazione di Stefano Guglielmin. Qui anticipiamo per i nostri lettori l’incipit del libro.
Edito da Pagine d’Arte, Coppie improbabili di Rosa Pierno presenta 14 artisti la cui collocazione temporale copre un arco che va dal Rinascimento al Novecento e si articola in un confronto a due a due degli artisti attraverso polarità ̀individuate sia per contrasto sia per affinità (...)
L’ultimo lavoro saggistico di Flavio Ermini – Il giardino conteso, Moretti&Vitali, 2016 – ci porta a un passo dall’esperienza originaria dell’esistenza e ci indica che testimoniare e custodire il senso di tale esperienza è un compito al quale non possiamo sottrarci.
Viaggio attraverso la gioventù di Lorenzo Montano viene edito per la prima volta da Mondadori (1923). Successivamente l’opera sarà pubblicata da Rizzoli nella collezione B.U.R. (1959), con un saggio di Aldo Camerino (1901-66). Tale saggio viene riproposto in questa terza edizione, che si presenta arricchita da una biografia e una bibliografia aggiornate, a cura di Claudio Gallo, oltre che da una riflessione interpretativa di Flavio Ermini.
L'antologia Poesia Europea Contemporanea è un volume che promuove una meditata ricognizione sulla molteplicità di esperienze letterarie messe in opera nell’Europa del secondo Novecento. L’antologia chiama in causa autori e testi che nella contemporaneità non temono di esporsi alle pulsioni in atto nella parola, al mistero di un’alterità che sfugge a qualsiasi presa e possesso.
Sul numero 87 di “Anterem” (dicembre 2013) abbiamo pubblicato alcuni frammenti poetici di Giuseppe Ungaretti con la traduzione a fronte in lingua tedesca di Paul Celan.
Segnaliamo ai nostri lettori due saggi di Agostino Contò sui carteggi di Lorenzo Montano con Eugenio Montale e con Giuseppe Ungaretti, apparsi sul sito https://independent.academia.edu/AContò
Alejandra Pizarnik, nata a Buenos Aires nel 1936 da famiglia di origine ebrea, muore tragicamente per overdose nel 1972. Tra le maggiori autrici in lingua spagnola, ha pubblicato La última inocencia (1956), Las aventuras perdidas (1958), Árbol de Diana (1962), Los trabajos y las noches (1965), Extracción de la piedra de la locura (1968), Nombres y figuras (1969), El infierno musical (1971). In Italia, ricordiamo l’antologia edita da Crocetti La figlia dell’insonnia (2004), a cura di Claudio Cinti.
Intervista con Flavio Ermini a cura di Antonio Ria RSI / Radiotelevisione svizzera – Rete 2. Geronimo Filosofia del 15 gennaio 2013, ore 11.36 (replica ore 00.00)
Flavio Ermini è stato intervistato da Antonio Ria il 15 gennaio 2013 negli studi di Milano della RSI / Radiotelevisione svizzera – Rete 2. Nuclei centrali dell’intervista sono stati: il suo ultimo libro Il secondo bene (Moretti&Vitali, 2012) e la poetica della rivista “Anterem”.
Antonella Lucchini, videolettura-presentazione; saggio inedito “L’opera d’arte come affermazione...", nota di Mara Cini
L’opera d’arte come affermazione del proprio sé: Flaubert e Van Gogh
L’opera d’arte come l’uovo dischiuso dell’inconscio. I segni e il loro bagaglio, siano essi colori o parole, sono frutto del nostro albero interiore e dei suoi fantasmi. Chi ha il dono della creatività, chi riesce a produrre arte, che sia pittura, letteratura o poesia ha il potere, come disse Paul Klee, “di rendere visibile l’invisibile”, di tradurre la lingua dell’inconscio in espressioni grafiche. È necessario fare atto di disambiguazione. Per affermazione del proprio sé, qui non si intende discutere della questione se l’autobiografismo sia un peccato, una colpa, un’omissione di modestia, ma sull’importanza che l’opera artistica può costituire nei casi in cui l’uomo o la donna artista patisca di una qualche mancanza affettiva o di un disagio (non necessariamente psicotico), ricordando che, come ebbe a scrivere Giacomo Leopardi in un’accorata e orgogliosa lettera al padre Monaldo, nel luglio 1819 “…e perché la carriera di quasi ogni uomo di gran genio è cominciata dalla disperazione…”. Gustave Flaubert e Vincent Van Gogh, l’uno scrittore l’altro pittore, sono accomunati dalla stessa “patologia affettiva”: l’assenza del nome del padre o, per dirla con Lacan, la forclusione del nome del padre.
Flaubert nasce come secondogenito di Achille, un rinomato chirurgo di Rouen. Il primo nato, Achille, verrà avviato dal padre alla sua stessa carriera, come proprio clone: stesso nome, stessa professione, così da tramandare l’eredità paterna. La moglie, desiderosa di avere una figlia femmina, anche per poter riscattare la propria esperienza traumatica (la madre era morta dandola alla luce), attende con ansia i 9 mesi della gravidanza successiva. Nasce Gustave, il non previsto, il non atteso; Gustave che doveva essere femmina. Dopo qualche anno, finalmente arriverà l’ agognata figlia. Ricapitolando schematicamente: il primo figlio è il prediletto del padre, colui che traghetterà il nome e il cognome ai posteri, la terza sarà tutta a disposizione della madre. E Gustave? Si troverà nella terra di nessuno, con un nome che è un significante riempito da nulla: niente considerazione, attenzione, insegnamenti, rispetto per l’unicità individuale. Si vedrà più avanti, con l’esempio di Van Gogh quanto sia devastante avere un nome vuoto. Per tornare a Flaubert, la mancanza del riconoscimento di figlio atteso (elemento fondamentale per la crescita sana e consapevole del bambino) lo porterà a definirsi, all’età di sedici anni, delicata età di passaggio, come un “fungo gonfio di noia”. In questo ambiente anaffettivo si sviluppa l’idiozia di Flaubert, che Sartre prima e Jacques Lacan dopo definiranno bêtise. Veniva considerato il giullare della famiglia (atroce lo scherzo di uno zio che gli chiedeva: “Gustave, vai a vedere se sono in cucina.” Il bimbo correva a sincerarsi, tra le risate dei presenti, e al suo ritorno ovviamente rispondeva “No, zio, non sei in cucina”). Lui, l’idiota, lo zimbello, diventerà un genio della letteratura: tanto quanto la sua vita è stata imperfetta, informe, la sua scrittura sarà una magnifica perfezione, creerà una nuova forma di romanzo. Attraverso di essa, Flaubert si darà dunque un nome, un’identità, un valore. Affermerà il proprio sé. E come non leggere in quel “Madame Bovary c’est moi!”, anche il suo grido di affrancamento da una condizione di sottovalutazione?
Biografia sconvolgente quella di Van Gogh. Nasce il 30 marzo 1853, a un anno esatto dalla nascita/morte del fratellino Vincent. Se Flaubert è il figlio non atteso, Van Gogh è un bambino desiderato ma solo ed esclusivamente perché deve sostituire il fratellino morto. La coincidenza terribile della sua data di nascita con la data della morte del primo Vincent, suggerisce al padre pastore protestante il macabro rituale di portare Vincent, ad ogni compleanno, a visitare la tomba del fratellino. Così Van Gogh vede il suo nome e la sua data di nascita su una tomba: si vede morto. Figlio sostituto e figlio che festeggia il compleanno in un cimitero. La questione del nome proprio di persona va ovviamente al di là delle mere circostanze burocratiche: dare un nome al figlio significa non solo riconoscerlo come frutto del proprio sangue ma lo iscrive all’ordine simbolico della famiglia prima e del mondo poi, cosicché lo identifichi come individuo unico con le sue specificità e caratteristiche. Come ricorda Massimo Recalcati in Melanconia e creazione in Vincent Van Gogh “Nel caso di Vincent Van Gogh il nome proprio, anziché sancire questa iscrizione, svolge piuttosto la funzione di alienarlo nel nome di un altro negandogli ogni iscrizione simbolica nel campo dell’Altro”. Questa condizione lo porterà, giocoforza, a non trovare il proprio posto nel mondo (al fratello Theo scriverà di sentirsi “un cane randagio”) e a sviluppare una melanconia che lo accompagnerà per tutta la vita fino a degenerare in uno scompenso psicotico che lo porterà al suicidio. La pittura è il tentativo di dare un senso al suo esistere, di darsi un’identità; lui, caduto nelle tenebre, cerca ossessivamente la luce; il suo vagabondare dal nord al sud della Francia, è percorrere la strada verso la luce, verso l’intenso sole meridionale, perché il Sud è la vita, per lui che è stato un bambino sostituto di un bambino morto, e egli stesso morto in vita. Un viaggio che si rivela anche attraverso le tele, attraverso i colori che si fanno via via più carichi, più chiari. Afferma il proprio sé, il proprio nome attraverso la sua opera diventando, in qualche modo, padre e figlio di sé stesso.
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Cosa è dunque l’opera d’arte se non un contenitore di spasmi, emozioni, deliri, sogni? Quale grande grazia è poter riscattare, per suo mezzo, una biografia deludente e sofferente? Benedetta sia la reciprocità della relazione tra l’artista e la sua opera, per cui egli la crea a partire dalla propria biografia zoppicante e lei ricambia donando in ritorno una cura, i centimetri che mancano.
L’opera d’arte è figlia generosa che restituisce.
Secondo Lucchini, nell’opera d’arte possono riscattarsi eventi irrisolti o traumatici della propria biografia zoppicante. Del resto gli studi sulla cosiddetta sindrome degli antenati e la psicoterapia transgenerazionale analizzano proprio questi fenomeni.
In certe “ferite famigliari”, nell’ordine simbolico dei nomi, nelle fessure della propria imprecisa identità può inserirsi, come “cura”, l’espressione artistica con risultati tanto più alti, a volte, quanto più profonde furono le ferite.
Vedi per esempio, Flaubert e Van Gogh.
Antonella Lucchini nasce a Mantova, dove tuttora risiede, nell’aprile del 1964. Agli inizi del 2013 pubblica la sua prima raccolta di poesie, Tra morsi e strida, per la casa editrice REI, seguita da Il margine bianco (Ed. Divinafollia).
Ad aprile 2017 esce la sua terza silloge poetica, Il Femminino e la sua voce (ed. Il Seme Bianco - Castelvecchi).
Scrive, oltre che in italiano, anche in francese, inglese (lingue di cui è anche traduttrice) e in dialetto mantovano cittadino.
È redattore del sito di recensioni librarie Mangialibri.
Con questo libro, Flavio Ermini ci conduce in un viaggio nella tenebra, attraverso i nomi che la evocano, nell’indicibile che ci annienta, quali esseri per la fine, viandanti perduti nella notte senza mattino.
L'ultimo volume di poesie di Giorgio Bonacini – redattore della rivista “Anterem” dal 1989 – ha per titolo Teneri Acerbi.
Registra l’autore: “Le poesie contenute in questo libro sono state scritte alla fine degli anni Settanta e hanno trovato una stesura provvisoriamente definitiva nel 1979.
Per le Edizioni Kolibris è uscito il nuovo libro di Ranieri Teti: Entrata nel nero. È un libro che trasuda buio quello di Ranieri Teti, spuria essenza di notte che condensa per consentire alla luce di piovere più autentica e forte, più feroce e ardente. Leggi tutto
Il nuovo libro francese di Flavio Ermini
L'ultimo lavoro poetico di Flavio Ermini è stato pubblicato in Francia da Lucie Éditions, Nîmes. Ha per titolo La tâche terrestre des mortels ed è in versione bilingue. La traduzione in francese è di François Bruzzo. La prefazione è di Franc Ducros.
L’ultimo lavoro letterario di Flavio Ermini si configura come un vero e proprio discorso, un’orazione laica. Con questo libro, Essere il nemico, edito da Mimesis (2013), Ermini si rivolge con immediatezza comunicativa a ognuno di noi per invitarci a muovere i nostri passi sulla via estetica alla liberazione.
“Artificio” e “Amore fossile” – le due sezioni che compongono l’ultimo volume di Rosa Pierno – formano due testi speculari, interagenti. Due organismi, insomma, messi in reciproca postura di desiderio. Insensato volerli separare, così come non si separa una coppia d’innamorati (“indivisi amanti”), nemmeno sapendo che la loro passione è campo di battaglia, incrocio di forze antitetiche.
Sono stati pubblicati da QuiEdit gli Atti della giornata di studio dedicata dalla Biblioteca Civica di Verona e da Anterem a “Lorenzo Montano e il Novecento Europeo.
Gli interventi qui riuniti sono di Giorgio Barberi Squarotti, Flavio Ermini, Gio Ferri, Claudio Gallo, Maria Pia Pagani, Tiziano Salari. Curatore degli Atti è Agostino Contò, a cui si deve l’introduzione al volume.
Premio speciale della giuria Lorenzo Montano
Nell’ambito del Premio Lorenzo Montano XXVIII edizione il Premio Speciale della Giuria "Opere Scelte - Regione Veneto" è stato attribuito dalla Giuria del Premio a Luigi Reitani
Nella collana “Narrazioni della conoscenza”, diretta da Flavio Ermini per Moretti&Vitali, esce il volume: Teoria dell’andatura di Honoré de Balzac, a cura di Franco Rella. Pubblicato per la prima volta nel 1833, Teoria dell’andatura è un grande testo di narrazione ed è, al contempo, un grande saggio, che rinvia ai testi filosoficamente più tesi della Commedia umana.
Nella collana “Narrazioni della conoscenza” diretta da Flavio Ermini, l’editore Moretti&Vitali pubblica L’angoscia del pensare di Evelyne Grossman.
Il libro è in stretta relazione con le riflessioni di Artaud, Beckett, Blanchot, Derrida, Foucault, Levinas, Lacan. È tradotto da Anna Chiara Peduzzi. La premessa è di Dario Giugliano. La postfazione è di Flavio Ermini.