Gilberto Isella: Corridoio polare, Book 2006

Trascrizione dell'intervento di Flavio Ermini alla Biennale Anterem 2007

 

Gilberto Isella è poeta, saggista e traduttore. Vive a Lugano. Autore di diverse opere poetiche, anche in collaborazione con artisti. È coredattore della rivista "Bloc notes".

Questa sera ci occupiamo del suo libro Corridoio polare, edito lo scorso anno da Book.

Diciamo subito che questa opera poetica è popolata da voci. La loro diversità determina varie forme di linguaggio: dalla poesia tradizionale al verso libero, fino alla prosa poetica. Insieme danno vita a una libera assemblea.

Le voci protagoniste sono tre e prendono corpo un'immaginaria clinica. 

Sono molto differenziate tra loro.

Quella che dice «io» appartiene a una creatura alla ricerca di un orientamento, di un varco - il "corridoio" del titolo - che dovrebbe portarla verso la propria identità, oltre la scissione di cui è prigioniera. 

Nella seconda voce l'«io» diventa un «lui», un paziente da seguire come malato mentale. Tale voce, quasi un coro, si leva dal personale ospedaliero. L'abbiamo appena ascoltata da Alessandro Quasimodo: «"Si era messo in salvo oltre il corridoio polare ionico" / come dietro una coltre ultima, definitiva e illimitata».

La terza voce è quella del poeta e riflette su una questione capitale: i limiti della ragione umana.

Tre protagonisti, dunque. Li differenzia la modalità delle forme a cui si affidano, ma li unisce un denominatore comune: uno sguardo lucidissimo sulla realtà nella quale si trovano ad agire.

Questo sguardo è acuto e indica che è necessario essere impietosi di fronte alla condizione di vuoto interiore in cui l'uomo giace. Impietosi: affinché tutta la negatività, che vive in noi, salga al controllo della coscienza. 

Tra le voci - queste e altre che via via si affacciano alla parola - permane un vuoto.

Ciascuna voce teme il dialogo con quella attigua. 

Ed è proprio questo che caratterizza l'opera: la divisione dello spazio vitale in settori distinti, raramente comunicanti. Ma - diciamolo chiaramente - la lacerazione più profonda si incide tra l'«io» alla ricerca disperata della propria identità e un mondo fondato sul primato crescente del controllo sociale e clinico. 

Ed ecco allora che una voce - quella che si leva dall'«io» - cerca di «mettersi in salvo oltre il corridoio polare ionico» per giungere all'unità originaria.

Ma per far questo, ci dice Isella, è indispensabile riconquistare un tempo albale da cui ripartire e accedere a quella «condizione zero» dell'esistenza, di cui proprio il "corridoio polare" è l'emblema.


 

Testi poetici

 

Guarda impassibile
Armonia e Disarmonia
farsi a vicenda crudeli dispetti
perdere orientamento

Ascolta il fegato di un cane
guaire e torcersi
nel siliceo cilindro
causa esperimento

Sente ogni vita avvitarsi a se stessa

 

*

"Si era messo in salvo oltre il corridoio polare ionico"
come dietro una coltre ultima, definitiva e illimitata

Spiacenti, un corridoio con quei connotati
è un'insensatezza della fisica e se ciononostante
tempo addietro fu visto
da una placca spettrale di ghiaccio
ora ne siamo tanto distanti da risultarne alieni
ma da quella distanza qualcuno ancora
legifera su moncherini geografici o pedane oscure
d'oltremondo per passare inosservati a nuove dimensioni
cavando con dolore imbottitura di tempo
ineguale da immenso orologio di sonno
Forse una nube altissima
e fuori d'ogni norma lunga esiste
ripiena di n e di nn eccetera
ma giammai si scarica in pioggia o grandine
né è raggiungibile per veridificazione di forme
e di sostanze

un dolente destruendo
da qualche conca matrigna, fossile raggio
ionico magari
per pallida congettura scientifica...

eppure lui si era messo nel saldo imballaggio
dei salvati

 

**

Poi ho intravisto il corridoio polare ionico, ora lo vedo, continuamente, instancabilmente lo vedo, lo miro, lo fingo e fingendolo l'attesto, e Lui, la mia dimora,

mi dilata, divarica le tempie dell'anima, mi divora.

C'è la scala. Il formicolìo dei nomi in sonno, dei logaritmi impotenti, cerca una scala, la verticale che salva. La scala ha gradini ma, composti i suoi gradini in serie ascendenti, ne tiene il volume ridottissimo, oppure se li mangia. Li sopprime per essere pura scala, da scalini, suoi inferiori e imperfetti gradi, ripulita. La scala ripiega dunque su se stessa, è a cerchio, moltiplicando un gradino per 3,14 si percepisce il valore, il ritmo, il sussurro, la rotazione ininterrotta della scala. Ma come può succedere questo, se il quadrangolo aborre il cerchio, e se il provvisorio ripiano, il quadrangolo appunto è già cotto, fatto fumo, amputato della sua essenza dalla scala? Eppure la scala c'è, apertura al corridoio, lungo braccio dell'essere...

 

Gilberto Isella (1943) vive e insegna a Lugano (Canton Ticino). Attivo come saggista, con numerosi studi pubblicati in riviste e in miscellanee su autori contemporanei e del passato, soprattutto poeti. E' redattore della rivista di cultura "Bloc notes". Tra le sue opere poetiche: Le vigilie incustodite (1989), Discordo (1993), Apoteca (1996), Nominare il caos (2001), Fondamento dell'arco in cielo (2005), Autoantologia (2006).