Mario Novarini, "Radiazione del rosso", Book editore, 2017, nota di Rosa Pierno

Con una poesia tutta aderente alle sottili percezioni non tanto della materia quanto dell’atmosfera, delle fonti luminose, dei riflessi e delle percezioni, Mario Novarini insegue il gioco infinito delle loro variazioni alla ricerca di una geometria sottesa e di relazioni che, sui binari dell’analogia, leghino l’inorganico all’organico, il corporeo all’incorporeo: “seguono la piramidale / spiraliforme geometria / ch’è imposta dalla loro / ineludibile natura”. Più spesso, però, il passaggio da un elemento all’altro si attua attraverso un salto, una discontinuità, ove la luce è il viatico principale. Il tempo traccia anch’esso una via nella quale è possibile attraversare differenti stati, ma resta sempre la metafora visiva la chiave analogica, quando presente. Il sogno unitario non è disgiunto dalla consapevolezza della sua illusorietà. Una vera e propria girandola di luce investe il lettore, letteralmente illuminandolo.


 

Tempo

Si inquadra

attraverso la sua lente,

che si allontana a poco a poco

dal piano geometrico

su cui ognuno di noi si muove

come per gioco,

la nostra figura,

visibile per un giorno solo,

per un irripetibile

limpido momento solo

perfettamente a fuoco.


 

Litopoiesi (Genova – Salita Carbonara al Carmine)

Arido grigio lichene

disteso come un’erosa

incrostazione del suolo:

è un vivo fossile la città

racchiuso entro un guscio di pietra,

grumo di pittorica pasta

oleosa che resta fluido

a lungo al suo interno

dopo che in superficie

si è solidificato.
 

Sotto il piano stradale

la vita si dirada si riduce

a geometrica configurazione:

delle pietre squadrate

l’ortogonale precisione

è il segno e l’unica inorganica

residuale evidenza

di un ingegno la cui gelatinosa

fisica consistenza

è scomparsa da tempo.
 

Dove il mare immobile delle argille

rovescia gli spruzzi marnosi

delle sue onde pietrificate

su dorsali calcaree

e detritiche coltri alluvionali

di instabili depositi ghiaiosi

si allungano nell’alveo di acque

che un tempo risuonavano al cielo

e ora scorrono per buie vallecole

sotterranee, sprofondano
 

millenarie basi di pietra

calate nel sottosuolo:

umano atto fondante

che sembra uguagliare

della natura il lapideo

effusivo parto di roccia,

al manufatto accomunato

da simile tettonico

destino di compattezza, usura

e disgregazione.


Mario Novarini (Genova, 1962) è laureato in Lettere con una tesi in Glottologia. Ha pubblicato Inventario (Book Editore, 2002), Con gli occhi della materia (Book, 2008) con cui è stato finalista al Premio “San Domenichino – Città di Massa” 2009 e ha vinto il Premio “Alessandro Manzoni” 2011.