Sonia Lambertini, da "Perlamara", Marco Saya Edizioni 2019, nota di Laura Caccia

Il corpo estraneo della poesia

 

Dentro quali profondità, quali dolori, si forma, da un intruso che ferisce e si insinua nel profondo del corpo e del pensiero, la bellezza straniante di perlamara? Sonia Lambertini vi riversa, congiuntamente, il male che taglia corolle e ali al respiro e la parola che resiste al corpo estraneo e vi innesta sementi e spore di vita.

Una sofferenza cosmica e personale, a partire da un vuoto esilio, suono assoluto”, colma i versi che si fanno strappo sintattico, insieme ai nomi che ne richiamano il patire: in un “mal stare”, tra il buio che rincuora e la “malanotte” tra lo stato di “mala grazia” e la ricerca di un centro, di un senso, a “malapena a stento”.

La parola diventa perciò l’alleata del vivere, scioglilingua che forma in bocca la sua sofferta perla ,“Giocavo a rotola parola / corpocarta perla amara”, così come urto sonoro in combattimento: “Staglia la lingua, battaglia / striscia”. Con un respiro breve e affannato, a volte, con il fiato che si alza leggero, altre, a ossigenare il dire di inedite figure.

Muovendosi nei sottofondi, “Sottoterra bisbigliano, / sottoterra. Gridano i folli”, a partire dal buio e dall’assenza di sé, dove “Qui non c’è corpo // non c’è un filo di luce” per arrivare al chiarore affidato a una medusa abissale, la cui “gola è acqua nera e il buio / fa brillare di luce propria chi può”, Sonia Lambertini dà vita, nei suoi versi, alla perla sofferta e preziosa della poesia.

 

*** 

Cosa ne faccio dei fiori

gingilli a strappo,

sul corredo corrono a crocchio

soffio di aliti pollini

e l’antèra mia dondola,

autofertile il mio fiore

ha il fiato corto giù, nell’anello

ancora il centro del mondo, pare.

 

***

In alto e circolare, respira

alza il fiato e l’occhio

mezzaluna la sera

è naturale: leggera, un grammo

più o meno la piuma,

il ventre è spazzato da un nido di uccelli.

 

*** 

Qui non c’è corpo
 

non c’è un filo di luce, da infilare gli aghi

da cavarsi gli occhi, non c’è lingua

che mangi le parole, da scavare il petto

 

c’è un buco a forma di peccato

 

un vuoto esilio, suono assoluto

da stare piegati in due centimetri

di terra, a guardarsi i piedi
 

da cavarsi gli occhi
 

non ricordo nulla dei rammendi

dei miei ritagli, solo pause

ritmi irregolari, da tremare in testa
 

da scordare il mondo.

 

*** 

Giocavo a rotola parola

corpocarta perla amara,

ripetevo a sgrana dita

sfilavo dalla bocca

bacche, lingua secca

filigrana di preghiera

corpocarta perla amara,

ripetevo a squarcia noia.


e poi un vento dal deserto

le coprì tutte, le parole

 

*** 

Staglia la lingua, battaglia

striscia. Sottoterra bisbigliano,

sottoterra. Gridano i folli, s’incurva

il merlo; sbecca, mutila il canto.

 

*** 

Il plenilunio di novembre

eccita i coralli e nel ventre

schiude l’ombrello la Periphylla,

la sua gola è acqua nera e il buio

fa brillare di luce propria chi può.
 


Sonia Lambertini vive a Ferrara. Sue poesie sono state pubblicate su «La clessidra», Semestrale di cultura letteraria, Joker Edizioni, 2015. Ha pubblicato la raccolta poetica Danzeranno gli insetti (Marco Saya Edizioni, 2016). Una selezione di poesie è stata tradotta in inglese e pubblicata nel «Journal of Italian Translation» - Volume XII, Number 1, Spring 2017. Ha pubblicato il racconto Les incurables in AA.VV, Anatomè (Ensemble, 2018).