Michela Gorini, videolettura; da "La produzione di amore", Dot.com Press 2019, nota di Giorgio Bonacini

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In questo canto d’amore, disorientante ma totale, Michela Gorini, mette in scena il frantumarsi del senso e dei sensi, di cui solo la scrittura poetica – nelle sue indefinite e sorgive diramazioni intime – può dire qualcosa: cercando, tra difficoltà e tremori, un’ardua ricomposizione. L’autrice divide l’opera in quattro parti. La prima apre alla richiesta di un senso che il corpo, altro da sé, può solo significare in dissolvenza e silenzio, che “si nutrono in briciole”. Nella seconda lo scenario guarda la voce allontanarsi verso una perdita che si riaccende nella solitudine di un amore a due:ma, precisando,“io tu/e non scriverci noi”. E in questo è centrale il dire poesia con la lingua che non c’è. Così nella terza la parola mancante, quando arriva, è da lontano, anche incompresa, ma illumina. Perché è lingua madre e madre di lingua in ciò che rinasce. Nella quarta il dualismo amare/amarsi conosce la non-possibilità del “verso intatto”;perché lì dove i segni non arrivano, “la produzione di amore” rischia di perdersi. Ma, paradossalmente, nell’ambivalenza del titolo la vediamo arricchirsi. Quanto e quale lavorio occorre ai viventi per toccare o anche solo sfiorare l’atto d’amore? E cosa nasce nei luoghi metamorfici di amore in sé; quale condizione generatrice di sensi? Un libro, allora, da leggere tutto col fiato e nel piacere dell’affanno.

 

 

Dalla prima parte

poesia sola generosa desiderata

perdona ogni istante

me respiro fino al nucleo

patente

riciclo la sua eco

mi concede il tempo di

serbarla espirarla fino a potersi

non digerire

di traverso passa fende le membra

patisce l’anima geme e urla

tutto il mio silenzio impossibile

scuote ogni paura di crudo

ripensamento

non credo ai giullari – e per essenza

non vedo chi ho davanti

[il mio silenzio impossibile]

 

Dalla seconda parte

si tratta

di due solitudini

del tuo

battito incoerente

del tuo

crederti acceso e diretto

del tuo

muoverti

fermo

restando

crepe del tuo sguardo

prenderesti

les plus desert liex

[si tratta di due]

 

Dalla quarta parte

[ma tu] non cerchi il mio corpo

cerchi un corpo – un’ombra pieghevole

non mi celebri l’anima, pronto a separarne

un pezzo – all’occorrenza reputarla tediosa

non sogno una congiunzione di artifizi

[ma tu] non ami ciò che parlo d’essere

preferisci tagliare d’istinto la mia trasparenza

e disperderti in quell’aria circostante dove

giochi il tuo tempo in

sequenze ripetute

[ma tu]

 


Michela Gorini è nata a Pesaro nel 1971, dove vive e svolge libera professione come psicoanalista. Si è formata a Roma e specializzata secondo l’orientamento psicoanalitico di Jacques Lacan. Da sempre interessata alle tematiche del femminile, ha tenuto diversi incontri pubblici, in particolare: la presentazione del documentario di Elisabetta Francia Parla con lui: la voce maschile all’interno della coppia.

Varie conferenze tra cui L’amore imperfetto; La donna, inventarsi per essere. Nel 2017 ha partecipato all’ultima edizione de L’angolo della poesia. Questa è la sua opera prima.