

Ad una biologia del dire allude, con sapiente determinazione, “OM AFILOSOFIA AFILOSOFISM” di Martino Oberto, il cui “spensiero”
risulta rivolto verso origini vissute quali immanenti all’ attualità della
pronuncia, le opere presentate testimoniando di gesti tali da sottoporre
ad indagine la stessa facoltà di nozione.
Agli autoritarismi d’ inadeguati canoni si ribella, coerente, lungi da ogni
ordinario circuito, l’ articolato, suggestivo, lavoro di un artista che,
insoddisfatto di schemi in uso comune, consapevole dell’ impossibilità di
rappresentare l’ ineffabile, decide di fondare, nonché di costruire, peculiari
idiomi nel cui àmbito presenze magmatiche, non prive di richiami a
(destabilizzate) consuetudini, conferiscono corpo e, assieme, lucidità
ad istanze espressive irriducibili.
Oltre il dire c’è un altro “dire”, se è vero che è proprio dell’ uomo comunicare
e, perciò, tentare di farlo anche quando, anzi soprattutto quando, l’ impresa
risulta ardua: teso alla proposizione d’ inediti modelli, Oberto mostra,
enigmatico, maniere alogiche di concepire e giunge, così, “spensando”, a
molto esprimere.
D’ illuminante valenza poetica le parole introduttive di Flavio Ermini.
Marco Furia
(Martino Oberto, “OM AFILOSOFIA AFILOSOFISM”, introduzione di Flavio Ermini, Galleria Peccolo, Livorno, 2006)