Ranieri Teti

Giovanni Turra Zan, da “Le costrizioni”, con una nota di Giorgio Bonacini

Chi scrive (e in particolare chi scrive poesia) sa che ciò che fa si genera e si rigenera continuamente, nello sforzo per aprirsi una via verso il senso. La strada non è mai aperta e il percorso è sempre accidentato, ostruito da condizioni materiali e formali che devono essere affrontate, mai aggirate, se si vuole veramente stare dentro il pensiero e la vita della poesia. E’ in quel preciso luogo che stanno le costrizioni che danno il titolo a questa raccolta.

Andrea Raos, da “Le api migratori”, Liquid Oèdipus 2007, con una nota di Rosa Pierno

Un libro congegnato, quello di Andrea Raos “Le api migratori”, per inglobare anche elementi eterogenei come l’immagine ( nei disegni di Mattia Paganelli), l’articolazione spaziale della pagina, sempre variegata e sorprendente (la quale invita a una costante dislocazione il lettore rispetto alla pagina) e il suono, elemento costitutivo della poesia, che viene però qui enfatizzato non solo da un’attenta autonoma valorizzazione dello stesso, ma potenziato, appunto, da una stimolazione percettiva del lettore attraverso la compresenza di tutti gli altri stimo

Emidio Montini, prosa inedita “Lo scriba”, con una premessa di Mara Cini

Lo scriba di Montini mi riporta all’opera Deiscrizione (1972) di Claudio Parmiggiani: uno scriba ricoperto di scritte, simboli, ideogrammi e altri alfabeti, tiene sulle ginocchia una tavola bianca priva si segni. Di fatto la scrittura ancor prima di venire prodotta dall’uomo con intenti comunicativi si sedimenta sulla sua epidermide. “dirupi, forre, cortecce, coralli” sono iscritti, non scritti.

Mario Fresa, inediti da “Aura”, con una nota di Giorgio Bonacini

La scrittura che si costituisce in poesia vive una duplice natura: può essere sfuggente e in costante disequilibrio e, nello stesso tempo, è concretezza che diventa, in modo indissolubile, ciò che dice nel modo in cui lo dice. In questo senso, il testo diventa una cosa. La poesia, allora, non è più solo se stessa in parola, ma si trasforma in un oggetto in cui non è possibile distinguere (se non si vuole svilire la sua significatività) la materia che la dice - la lingua -, dalla sostanza detta - l’opera -.

Enzo Campi, poesia inedita “Per disunite latenze”, con una nota di Marco Furia

Unibili latenze

Con "Disunite latenze", Enzo Campi presenta un articolato componimento che, con raffinatezza, coglie appieno l'enigma dell'umano esprimersi.

Riuscire

"a urlare il senso dell'attesa"

sembra, più che un traguardo da raggiungere, un desiderio insoddisfatto.

Il ripetitivo linguaggio quotidiano e l'immediato urlo entrambi falliscono?

Cristina Annino, da “Magnificat. Poesie 1969-2009”, Puntoacapo 2009, con una nota di Rosa Pierno

Non è in una trentina di righe che si può parlare di un libro che raccoglie 40 anni di poesie, qual è l’antologia di Cristina Annino “Magnificat. Poesie 1969-2009” e, dunque, va da sé che soltanto si può riportare qualche nota che abbia più fortemente colpito durante la lettura: anzitutto la registrazione di un’intelligenza tanto lucida quanto sarcastica, ironica quel tanto che serva a puntualizzare che la responsabilità è di come stanno le cose, delle persone che si sono incontrate e si sono amate.

Alessandro Ghignoli, da”Amarore”, Kolibris 2009, con una nota di Rosa Pierno

Non chiusa la costruzione frasistica, le proposizioni restano in sospeso, aggettanti, sporte nel vuoto creato dal mancamento non solo della volizione, ma della stessa possibilità di costruire definizioni, mentre realtà di conseguenza resta altrettanto drammaticamente sfilacciata. E’ naturale che una simile forma utilizzi costrutti ipotetici, gerundi, ripescaggi lessicologici, tempi verbali genericamente non accordati al soggetto, i quali solo stratificandosi costituiscono la pur solida base d’appoggio con cui affacciarsi nel baratro.

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