Aprile 2022, anno XIX, numero 51

Eugenio Lucrezi, dalla raccolta inedita “Ingres”, nota di Giorgio Bonacini

Poesia e arte si accompagnano spesso, pur nei rispettivi ambiti per affinità concettuali o per un amichevole interazione linguistica. Questa raccolta di Eugenio Lucrezi è un concreto esempio di come i versi possano nascere, formarsi, strutturarsi a partire dal’amicizia con cui ogni manifestazione espressiva imprime il suo segno.

Zara Finzi, da “Le forme della neve”, Manni 2018, nota di Mara Cini

L’invernale sereno lucido di cui ci parla Zara Finzi è qui non solo condizione metereologica (di per sé stupefacente) ma rinnovata condizione del percepire.

Il rumore dei passi sulla brina ghiacciata produce uno scricchiolio come di pennino sulla carta. Le impronte lasciano traccia sulla terra, la natura si disegna, sopra e sotto la brina. L’inchiostro forma tracce emotive e storie sulla pagina. Nero su bianco in entrambi i casi.

Carlo Gregorio Bellinvia, audiolettura di “L’oggetto della sveglia”, nota di Mara Cini

Audio (mpeg)

Da questo testo un’impressione quasi visuale, “molto colorata”, piena di immagini suggestive: surrealisti cieli blu alla Mirò, texture puntinate alla Lichtenstein poi voci del mito innestate su inquadrature pullulanti di “avanguardie del Novecento”.

Ritroviamo, mi pare, Eluard in lieve tinta del sogno e lineata foglia della mano

Alessandro Assiri, da “L’anno in cui finì Carosello”, Le voci della Luna Editrice, 2018, nota di Giorgio Bonacini

Alessandro Assiri, in queste pagine, non scrive una semplice sequenza di poesie, ma, con forte tensione di sintesi poematica, indirizza il lettore dentro una cornice mobile che delinea l’esaurimento di una finzione. Infatti il titolo, nel contrasto con ciò che le parole manifestano, è lampante: la fine (ma sarebbe più vero dire “il mai inizio”) di una falsa innocenza. Carosello, infatti, termina nel 1977: l’anno in cui le crepe di un decennio diventano baratri.

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