Aprile 2022, anno XIX, numero 51

Ultima pagina: Giuseppe Martella su Anna Chiara Peduzzi, vincitrice del “Montano” 2020

 

Ci viene incontro nudo, inerme, questo testo di Peduzzi, quasi privo di paratesto (note, eserghi, dediche, divisioni in parti, titoli delle liriche) e di un intreccio lineare, con tanto di peripezie, nodi e scioglimenti. Soggetto invece a una serie di minime, continue variazioni di tono, ritmo e prospettiva nelle diverse liriche, a formare quasi tessere di un mosaico o facce di un prisma che rifrange la luce, proiettando molteplici adombramenti sulle figure esplorate.

Gian Maria Turi, audiolettura di “Il corpo di mia figlia”, nota di Mara Cini

Un cantico della creatura che pulsa e cresce e si ramifica nel mondo.

Nasce e si fossilizza in un’eterna infanzia mutante, misteriosa: … piedini in quelle miscroscarpe costosissime o … la sua bambolina intagliata in avorio, gli arti snodati.

È di una creatura bambina che si parla, nata nell’amore del corpo di una madre, nello stupore dei balbettii che si fanno parola.

 

Eros Trevisan, audiolettura di “Gallerie”, nota di Mara Cini

Audio 1 + Audio 2

Graphic novel, canovaccio performativo, tavola parolibera, canzone di guerra: …fili spianati / in spiatto cielo…fremono al nevaio…

Lina Salvi, da "Del deserto", puntoacapo Editrice, nota di Laura Caccia

Del tutto, del niente

Quale luogo irrompe, con impeto dolente, nella raccolta Del deserto in cui Lina Salvi spalanca il suo orizzonte conoscitivo e poetico, con versi protesi, al limite del noto e del tangibile, nella loro necessità di dire?

Non il deserto vissuto attraversandone le geografie, l’autrice lo precisa in nota, né il deserto interiore di un sentire dilatato e disadorno. E neppure lo spazio che si fa metafora della sua infinitudine.

Adriano Padua, da “Still life”, Miraggi Edizioni, 2017, nota di Rosa Pierno

“Still life” di Adriano Padua nasce dal considerarsi immersi in una realtà metropolitana che provoca un immediato viraggio elettrico. La notte in una città non è mai buia. E per lampi si compone un collage di pezzi incongruenti. Il linguaggio è convocato come teste a cui inutilmente si chiede una deposizione: “martirio in assenza di corpi mediato in sistema di segni”. I segni non producono il nuovo, non reagiscono, si fanno complici o relitti del già avvenuto.

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