Natsuyuki Nakanishi, La sorpresa dell’esserci

 

La sorpresa dell'esserci

Con "Back, White - edge VIII", Natsuyuki Nakanishi espone un articolato complesso di raffinate forme, differenti nell'aspetto e nel carattere cromatico, il cui elegante senso di movimento pare intimamente legato ad una nozione di staticità.

Dico nozione, perché il tratto cognitivo è tutt'altro che assente nel suddetto gioco di opposti.

Non siamo al cospetto, tuttavia, d'una sorta di mero ossimoro, bensì d'un vivido connettersi tramite cui l'artista riesce a far affiorare un delicato persistere.

Per nulla indotti a compiere il tentativo d'assegnare valenza di messaggio ai multiformi aspetti proposti, invitati ad osservare, sperimentiamo il contatto con una forma di vita in grado di mostrarsi davvero.

Una vita che dura, che continua, di cui non resta che prendere atto.

A questo ci chiama Nakanishi con la complessa articolazione d'un gesto artistico che non può tradire se stesso, poiché l'impulso creativo si colloca al di là del discorso logico senza possibilità di ritorno.

Occorre essere partecipi d'una dimensione di (estrema) purezza, tendente a coincidere con un ampio senso di libertà, per non concedere spazio al significato, per riuscire a percorrere non la via del logos, ma quella del semplice mostrarsi.

In queste delicate (tenaci) immagini noi non ci riflettiamo come in uno specchio, bensì andiamo alla ricerca di noi stessi, dopo avere scoperto la necessità d'un itinerario che sia in grado di restituirci ad un destino di rinascita.

Sotto tale profilo, "Back, White - edge VIII" può considerarsi raffinato (non sofisticato) invito ad una maggiore consapevolezza del nostro stare al mondo: è necessario compiere un cammino per arrivare ad essere ciò che già siamo.

Entrati in un territorio ritenuto inesplorato e poi scoperto nostro da sempre, ci sorprendiamo, così, nell'atto di risvegliare assopite energie.

Non oltre l'immagine, ma nell'immagine viviamo, in quelle forme prive di schemi logici e capaci di meravigliarci nell'offrire un'esistenza nel suo assiduo darsi.

Non superiamo, come l'indimenticabile Alice di Carroll, il confine d'uno specchio, ritroviamo invece in una cangiante superficie, anziché il riflesso di noi stessi, proprio noi stessi.

Siamo (anche) là, continuiamo ad esserci: questo deve pur dirci qualcosa.

Marco Furia

 

(Natsuyuki Nakanishi, "Back, White - edge VIII", 2007, olio su tela, esposto alla mostra "Isole mai trovate", Genova, Palazzo Ducale, 13 marzo - 13 giugno 2010)