Una nota critica di Paolo Donini su Mariangela GuĂ tteri

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Energeia sull’asse d’assedio

postilla a Stati di assedio di Mariangela Guàtteri

 

 

In questo poemetto di Mariangela Guàtteri la voce poetica si declina lungo le assi di tre neurosi.

Il termine neurosi ha una valenza polifunzionale e complessa ma qui sostanzialmente sembra instaurare campi di forze, zone di tensione o frizione vibrante, crampi in cui la parola coagula e per intensificazione prende voce.

Il dettato poetico è visibilmente organizzato su uno standard, un pattern ripete in tre versioni la pratica di un’indagine modulare dal tratto pseudo-scientifico reiterata sui tre ambiti d’elezione: potere, piacere, dolore.

Potere
Una forma di potere
È un potere

[la detenzione di …
[il maneggio di …
[lo stato percettivo

Piacere
Una forma di piacere
È un piacere

[l’abbandono …
[il maneggio di …
[lo stato percettivo …

Dolore
Una forma di dolore
È un dolore

[una linea …
[lo stato di …
[lo stato percettivo …

Questi tre ambiti paiono istituire gli stati dell’assedio.

E tuttavia la domanda iniziale nella prefazione di Giorgio Bonacini “Perché l’assedio?” lascia spazio a un’interrogazione consequenziale: chi o cosa è assediato?

*

La poetessa è anche performer e artista visiva, dedita a quello che definisce nomadismo mentale.

Prima ancora di leggere il testo occorre forse guardarlo, così come ascoltarlo nella lettura pubblica a viva voce è evento non accessorio ma rivelatore di coloriture interne e di emersioni nominali precise.

*

Il verticalismo della scrittura, organizzata sui pianali dei versicoli discendenti lungo la direttrice di lettura dall’alto in basso, allude come a un carotaggio, a una trivellazione in profondità.

La tri-partizione del lavoro lungo i tre stati d’elezione è scandita in progressione – dal primo al terzo – solo per la necessità tecnica della lettura progredente di pagina in pagina.

 

In realtà l’esito semantico-visivo di questa scrittura suggerisce un moto a elica.

I tre assi ruotano concettualmente fasciandosi a spirale

Non si tratta di tre steli discendenti in parallelo nella trivellazione conoscitiva ma dello sfaccettarsi di una spirale che si avvita in profondo, ruotando su se stessa, come la punta di un trapano.

 

La rotazione avviene a una velocità concettuale che lascia percepire il testo, ogni volta che ne mostra una faccia, come un corpo unico.

*

Il moto descritto dai tre assi avvitanti è quello dell’accerchiamento.

L’assedio è prodotto dal moto di avvitamento accerchiante dei tre stati.

In questo senso l’assedio è radicale.

Ovvero, come ogni assedio, è radicale in quanto circolare.

*

Domandiamo di nuovo: chi o cosa è assediato?

L’ipotesi che vogliamo argomentare è che assediato non sia qui un corpo, un essere, un’esperienza biografica ma l’asse centrale attorno a cui il testo si dispiega come moto accerchiante.

Restando poi da azzardare chi o cosa sia quell’asse centrale.

*

Il quarto asse, centrale, attorno a cui l’assedio si determina come avvitamento accerchiante dei tre stati disposti sulle facce del moto elicoidale, non è esplicitato nel corpo del testo. 

I corpi testuali sono soltanto tre, e sono – intensificati entro i c(r)ampi di forza delle neurosi – gli stati dell’assedio, le facce ruotanti della vite potere-piacere-dolore.

Il quarto asse non partecipa della materia verbale e tuttavia la innesca e la regge.

Questo asse è un fenomeno pre-verbale: è l’energeia del testo.

L’energeia da cui il poema attinge il moto è la neurosi stessa nella sua fase non verbalizzata.

La neurosi, dichiarata nei tre stati, li precede come condizione pre-verbale in quanto fenomeno di frizione che produce l’energeia del testo, dispiegandolo come assedio.

Neurosi ed energeia sono due fasi dello stesso fenomeno silente (non verbalizzato).

La neurosi è la fase didascalica e funzionale dell’energeia che permane nell’indichiarato ma opera quale quarto asse attorno a cui (e grazie a cui) ruota l’avvitamento assediante.

Ad essere assediata è quindi l’energeia poematica del testo. La tensione dell’artista alla parola.

*

Merita un approfondimento la natura di questa energeia pre ed inter-testuale.

L’energeia muove (nell’accezione dantesca: move) la necessità del testo.

L’energeia si istituisce in asse portante in quanto necessità.

Il testo si dispiega dall’energeia necessaria.

L’aspetto a-lirico e pseudoscientifico di questo poemetto, reso nella centimetrata frammentazione versicolare, cela un motore rovente.

Il moto del testo è instaurato dall’energeia che mette l’assedio in rotazione concettuale.

L’energeia fa ruotare le tre neurosi descrivendo l’accerchiamento che la assedia.

Una simile forza compositiva, capace di dispiegare in atti verbali l’assedio che la chiude, non può che essere attinta dalla pura necessità. Da una necessità spietata.

La necessità coincide qui con l’urgenza essenziale in cui l’energeia si fonda.

*

C’è dunque un fenomeno che non partecipa degli atti verbali descritti dalle neurosi e non ne è preda dal momento in cui è esso stesso che li dispiega.

Eppure, dispiegandoli, comunica di esserne assediato.

Questo fenomeno, che abbiamo chiamato energeia, è il principio lirico di un testo programmaticamente a-lirico. La posizione pre-verbale dell’artista al lavoro.

Il lirismo del testo consiste in una fenomenologia della necessità di parola, inguainata nell’autocontrollo dell’assedio.

L’assedio è auto-posto e auto-validato dall’emergenza del testo ma se l’operazione poetica si limitasse a questa instaurazione saremmo in presenza di un corpo freddo, monumentale e concluso.

Invece il costrutto poematico vibra in moto grazie a un’energeia che non coincide con i suoi atti verbali perché mira a dispiegarli (per licenziarli).

Questa sconnessione segreta stacca dal testo l’afflato poetante e lo ribadisce come asse pre-verbale del poema.

Ad essere assediato, nella prova provata dei tre stati accerchianti, è l’afflato poetante che muove (move) il poema infondendolo di sé. Della sua necessità spietata.

Il testo verbalizzato è intriso di questa infusione necessaria.

A questo livello, l’assedio è crampo. Condizione come insostenibilità.

*

L’ascolto del testo nella lettura pubblica rivela l’emersione di lemmi dominanti, parole che emergono e si stagliano con forte e precisa impronta semantica.

[un luogo di preghiera]

alzami

[una punta per sbuzzare]

un inno

Ricorrono nel testo riferimenti cristiani:

Deus meus et omnis

Ogni giorno un rosario
Ogni giorno un digiuno

un’avventura di un peccato
compiuto in latitanza

La pratica del digiuno che polisce e avvalora il linguaggio salvato dalla chiacchiera è ribadita in nota.

A questo appello al lemmario religioso si alterna l’osservazione radente sull’irredenzione: l’immagine manzoniana della salma scempiata (un cadavere sformato), la registrazione unaria del montaggio pornografico, a tratti ingrandito sui particolari (singole parti, anche ingrandite); l’irriducibilità del dolore (uno stato in eterno ripetuto … un’intolleranza).

Questa oscillazione comunica l’assedio in quanto condizione in cui al più ricavare un luogo di preghiera, limitrofo all’orrore [la sepoltura di una testa]

Che altro sono questi aspetti – condizione e insostenibilità – se non le matrici traghettate e riadoperate del dualismo cristiano?

 

La prima neurosi – il potere – è l’accezione bieca, peccaminosa, degli altri stati assedianti; l’utilizzo modulare del pattern, nello standard conoscitivo, evidenzia la sostanziale identità consequenziale dei tre stati trattati e compilati nella tabella della ricerca.

 

Le tre neurosi concorrono a dimostrare l’insostenibilità.

 

L’assedio si acclara come condizione, aldiqua unario della materia.

L’indagine sull’irredenzione è necessariamente una porno-grafia.

Entro questo derma dell’assedio verbalizzato l’afflato poetico insiste come istanza orante di superamento.

Mantra incluso nella triplice guaina dell’irredenzione.

Il libretto contiene infilato nella sua elica l’osso smaterializzato di un residuale libro d’ore.

*

La valenza liturgica del poemetto si afferma in questo stadio centrale come fenomeno della preghiera in atto. Energeia orante entro la rotazione dell’assedio.

Al centro della triplice oralità del verbo – ripetiamo che la poetessa è anche performer e il testo appare nella sua completezza proprio nell’esecuzione orale – si colloca il fenomeno incluso di una orazione superante.

Questa preghiera va ascoltata nella risonanza interna della pre-verbalità, là dove l’artista è al lavoro, e si coglie pienamente nell’esecuzione orale.

La preghiera – orazione – è sempre orale e il poemetto è sensibilmente pensato (anche) per l’oralità.

La poesia a-lirica e pseudo-scientifica è avvitata al (dal) moto dell’orazione come energeia inginocchiata al centro dell’assedio.

La presenza di questo fenomeno orante emerge a tratti nelle zone scoperte del lemmario se non della citazione religiosi.

Ma soprattutto nella clausola dell’explicit a ognuna delle tre neurosi.

I moduli dell’indagine vengono sempre risolti dal verso:

e vince chi muore per primo

dove l’uscita dalla condizione in quanto insostenibilità è lapidaria: si vince morendo.

*

L’assedio nella sua radicalità esige come superamento la morte.

Ma la morte qui non coincide con la fine.

Questa morte non ha valore finitivo.

Dato che al centro del poema si sta svolgendo il fenomeno orante dell’energeia che muove (move) l’assedio ma non coincide con esso, il morire per primo non ha significato finitivo bensì (cristianamente) liberante.

A morire per primo è il principio che innalza il testo come prova provata del triplice assedio.

A morire per primo (in sé) è l’afflato orante dell’energeia che muore improntando di sé l’assedio, infondendolo fino a che, sospesa nel decesso puntiforme del suo rosario (del suo digiuno) dismette l’assedio stesso lasciandolo cadere nel verbo.

È l’energeia orante che pone l’assedio staccandosi al suo interno in quanto fenomeno senza rinuncia, mistica pre-verbale, flatus vocis che irradia la materia e sottraendosene la lascia cadere nel verbo, vince morendo, si libera.

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E il lettore si porta via nella voce dell’artista questa salvezza inclusa.

23 e 24 novembre 2011 Paolo Donini