Giuseppe Martella per Federico Federici

Federico Federici, Misura del sonno, Anterem, 2021

Questo testo di Federici costituisce per il lettore sia un banco di prova arduo che un’occasione unica per riflettere sul concetto di esperimento all’incrocio di scienza e arte. Personalmente ho sempre nutrito delle riserve sulla nozione di poesia sperimentale anzitutto perché credo che le condizioni di laboratorio dell’esperimento scientifico non siano affatto riproducibili nell’atto della scrittura, e poi perché credo che in poesia si tratti piuttosto di esperienze di vita, che solo in un secondo tempo vanno trascritte o registrate in un media qualsiasi. Insomma, a mio avviso, la sperimentazione va fatta a monte della messa in opera, in “quell’immenso e ragionato sregolamento di tutti i sensi” (Rimbaud) che consente al poeta di farsi veggente e gettare uno sguardo nuovo sulle cose, cogliendone così l’“anima universale”, il disegno nel dettaglio, l’universo in guscio di noce.

E’ nota la dimestichezza di Federici con la fisica che, a suo stesso dire, gli offre la cornice teorica della propria sperimentazione artistica.1 Ma a me pare ancora più interessante l’ascolto della natura, per esempio delle vibrazioni suscitate dal vento o dalla pioggia sulla scorza degli alberi morti, che l’autore ha praticato nel corso degli anni, con l’ausilio di semplici attrezzature tecniche, sì da far scaturire effettivamente dall’esperimento scientifico un’esperienza fenomenica liminale. Le registrazioni di questi esperimenti all’aria aperta costituiscono poi la memoria prostetica e il materiale grezzo su cui l’artista opera nel suo laboratorio di scrittura o dipintura verbale, magari giovandosi una vecchia Olivetti Studio 46, insieme a inchiostro, penna, gomma e matita, per produrre le sue tavole verbovisive che, nel caso del presente testo, vanno rubricate semmai come scritture desemantizzate piuttosto che asemiche, secondo una distinzione da lui stesso sottoscritta in un’illuminate intervista.2

Infatti è la sovrapposizione dei caratteri tipografici e chirografici, dei disegni geometrici e ornati, delle gradazioni e delle sfumature dell’inchiostro a creare quelle tavole verbovisive che, a mio avviso, vanno considerate come delle vere e proprie matrici della composizione di cui qui si tratta. E non tanto nel senso astratto delle matrici della fisica quantistica (che, per il lettore comune che non sia in grado di comprenderne le equazioni matematiche, possono costituire al meglio una vaga e generica analogia) quanto piuttosto in quello concreto e materico delle schede madri di un computer che ne custodiscono la memoria di sistema, ossia “il varco di Tiresia” (12-13), la preveggenza operativa della macchina.

Risulta interessante perciò qui il rapporto fra low e high tech, perché l’autore simula con notevole precisione e sottigliezza, con penna e macchina da scrivere, la tecnologia digitale nella sua caratteristica sinergia di hardware e software. Il “varco di Tiresia” si può dunque anche intendere come il passaggio epocale dalla civiltà della stampa a quella digitale, nonché dal regime della rappresentazione a quello della simulazione del Reale. Questa tavola è pertanto quella su cui si impernia l’intera composizione del testo, che può essere recepito come una vera e propria installazione di videoarte interattiva, ponendo anche così il problema del passaggio dalla bidimensionalità della pagina scritta alla tridimensionalità dell’esperienza immersiva della così detta realtà aumentata. Perciò si potrebbe parlare anche di iperrealismo come dimensione ennesima di quest’opera, in linea con l’intento espresso dal suo titolo Misura del sonno, cioè dell’incommensurabile, un’impresa in via di principio votata allo scacco ma non per questo meno capace di illuminare reconditi aspetti dello stato di veglia. Non per nulla la tavola finale viene poi intitolata “al risveglio”, mentre la griglia di quella immediatamente precedente recita “because of these words whose son you are” (“a causa di queste parole di cui sei figlio”) (52), con un rinvio esplicito al varco di Tiresia dell’inizio, che pertanto costituisce la cesura spazio/temporale dell’intera opera, ossia la crepa madre da cui ne scaturisce la poesia.

Poiché a tal proposito preferisco parlare di “poesia”, intesa etimologicamente nel senso di composizione e manipolazione artigianale (poiein), piuttosto che di “scrittura”, che considero un termine troppo generico, sebbene oggi di moda, per esprimere qualsiasi espressione verbale con intento artistico. E anche perché il concetto di poesia amplia la portata di queste mie osservazioni a coprire sia la tradizione lirica che quella sperimentale. Di funzione poetica o autoreferenziale (Jakobson), se non di poesia tout court, mi pare infatti si tratti sempre, ogni qual volta (almeno da Mallarmé ad Apollinaire, ai giorni nostri) si appresti una partizione iconico musicale della pagina che trascende l’intreccio proposizionale del discorso in prosa a fini meramente comunicativi. Intendo dire che la funzione poetica può innescarsi anche là dove il principio del verso risulti del tutto assente, che non è comunque il nostro caso, perché qui è proprio l’alternanza di versificazione tradizionale e di tavole verbovisive, insieme alla diglossia intrinseca del testo3, a costituire il proprium dell’opera. Con un’interessante inversione del rapporto fra versi e dipinture, in quanto, mi pare, sono i primi a fungere da glosse a margine delle seconde, sottolineando così anche nel contempo lo statuto della scrittura come parergon dell’opera, supplemento e traccia di un irrecuperabile flatus vocis, respiro e spirito della parola creatrice in grado di dare appunto una misura alla magmatica sinestesia di un lacerto di vissuto, inteso come sineddoche cangiante sia dell’esperienza del mondo che dell’universo di discorso che lo esprime. Così come risulta chiaramente nella tavola intitolata “CANTO DI BALENA ADDORMENTATA” (38-39) che costituisce, per quanto possibile, una sorta di correlativo oggettivo della “misura del sonno”, nonché una sineddoche del mare come habitat della vita primordiale, nel gioco marcato di chiaroscuri, segni e disegni, dattiloscritti e scritture amanuensi, ai limiti del visibile e dell’udibile, in uno stato indistinto fra sonno e veglia, vita e morte. In quella natura integralmente anfibia e liminare, insomma, che caratterizza anche l’ineffabile misura del sonno: “la balena/ intera/ una parte del mare/ astratta – astratta/ la sua scia di schiuma si allunga attraverso i mari/ per un po’/ aspetta/ nel frattempo è addormentata/ morta/ nella sua porzione d’acqua ferma/ respira/ polmonipienidiacqua/ una balena – un’ombra di/ alghe sul fondo del mare/ (una balena non riesce a dormire/ una balena non riesce a morire)” (38) Questa tavola riassume perciò quegli “affioramenti ai margini del sonno” (56) di cui l’autore ci riferisce infine in nota.

Se consideriamo anche la densa nuvola d’inchiostro (42-43), contornata di ghirigori e paraffi scritturali pressoché illeggibili, che si può considerare a mio avviso come una macchia di Rorschach su cui ciascun fruitore può esercitare il proprio test proiettivo, allora si comprende che ci troviamo davanti a un percorso interattivo surplace, cioè proprio a una installazione immersiva simulata nello spazio bidimensionale del testo, dove peraltro le variazioni di scala, di frequenza, di intensità e di timbro rappresentano il procedimento poetico di fondo, realizzando quella fusione di esperienza ed esperimento, di cui ho accennato all’inizio, che ne costituisce probabilmente il tratto saliente.


1 Si veda l’istruttiva intervista concessa da Federici a Marco Giovenale su Antinomie, 30.9.21.
2 Ivi.
3 Su questo aspetto fondamentale non mi soffermo in questa sede, rinviando il lettore all’esauriente trattamento che ne fa Antonio Devicienti su vialepsius.wordpress.com/2022/02/03.

Promozione

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Gennaio 2023, anno XX, numero 53

ANTEREM
RIVISTA DI RICERCA LETTERARIA
 

Carte nel vento 53, gennaio 2023, anno XX, numero 53

La penombra che abbiamo attraversato (ricordando Lalla Romano), dopo l’incidente occorso a Flavio Ermini nell’ottobre 2019, ci ha imposto una profonda riflessione su tutta l’attività di Anterem, obbligandoci dopo 45 anni a un passaggio in terra incognita. All’improvviso messi di fronte, con la chiusura della rivista cartacea, all’esigenza di ridefinire scelte e indirizzi, anche dentro impoetici percorsi burocratici. Va da sé che tutte le energie sono state assorbite per riorganizzare i quadri della nostra associazione no-profit, per garantire la continuità del premio Lorenzo Montano, per immaginare e costruire la rinascita dell’editrice. Alla quale, oltre alle collane storiche e facendo perno proprio sul premio, è stata dedicata grande cura nello sviluppo di nuove linee editoriali, nella presentazione delle opere pubblicate e nella partecipazione alle fiere nazionali del libro.

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Andrea Castrovinci Zenna su “Liturgia dell’acqua” di Daìta Martinez, Anterem 2021

Foto 1

La scrittura di Martinez si diversifica visibilmente da forme poetiche più tradizionali, fin dall’impaginazione; centrati e squadrati in diversa ampiezza, i testi, all’occhio, presentano diverse lunghezze, e per lunghezza va intesa propriamente la dimensione orizzontale di questi versi con impaginazione spesso giustificata: come se stessimo guardando delle figure geometriche proposte per blocchi più o meno ampi, molto spesso quadrati o rettangoli. Già una disposizione tale propone una riflessione: è possibile parlare davvero di “verso” per Martinez? Se canonicamente intendiamo un verso concluso grazie all’uso dell’a-capo non sembra possibile valorizzare i versi dell’autrice. Trovando sul limitare dell’a-capo preposizioni articoli congiunzioni e parole irrilevanti dal punto di vista semantico, sembrerebbe proprio che chi scrive non abbia alcun interesse ad un uso tradizionale del verso. Leggendo i testi, infatti, ci si ritrova immersi in un andirivieni, continuo e magmatico, di artifici, ma raramente essi sono ascrivibili a quelli di posizione incipitaria ed explicitaria dei versi: assenza di punteggiatura e maiuscole, assonanze, consonanze, quasi anagrammi talvolta, quasi paronomasie, rime interne, rime ricche, figure etimologiche, poliptoti, usi transitivi di verbi solitamente intransitivi, neoformazioni verbali, mistura di italiano e dialetto, metafore continue e, a complicare i testi, una sintassi talvolta apparentemente scorretta: in questa scrittura densissima non è agevole parlare dunque di “verso” per come lo si intende tradizionalmente, perché l’uso talora inatteso, improvviso, spiazzante di certi schemi, di testi che generano altri testi spezzando i legami sintattici tra parole e parole, tende a formare non propriamente dei “versi”, quanto più delle circostanze, degli eventi linguistici da cui ne scaturiscono altri, determinandone il senso reciprocamente.

Questo ostinato lavorìo potrebbe richiamare una sorta di ecriture automatique, un improvviso affiorare agli occhi e alle orecchie del lettore, che rimane felicemente sbigottito, ed ha certamente unicità nella poesia contemporanea, se si esclude il caso della straordinaria Amelia Rosselli, da cui sembra attingere la maniera, vertendo tutto se stesso sul concetto originario di ποιέω, del fare poetico, che diviene a tutti gli effetti generazione, e senza tra l’altro mostrare spiccati barocchismi1 . Non per nulla la neonata casa editrice Anterem, la cui storia come rivista è ormai ultradecennale, sceglie di aprire la propria pubblicazione di testi proprio con Martinez, autrice che, grazie a questo suo peculiare uso della lingua, sembra voler arrivare a una forma primordiale, che si situi in una posizione precedente all’uso della stessa parola.

Sembra quasi di affondare (e affogare) nella composizione di chi scrive, e a tale proposito giunge utile una citazione della stessa Rosselli, tramite la quale potere comprendere meglio questo stile; ella scriveva così nel tentativo di spiegare la generazione dei testi: “Tentai di osservare ogni materialità esterna con la più completa minuziosità possibile entro un immediato lasso di tempo e di spazio sperimentale. Ad ogni spostamento del mio corpo aggiungevo tentando, un completo “quadro” dell’esistenza circondantemi; la mente doveva assimilare l’intero significato del quadro entro il tempo in cui essa vi permaneva, e fondervi la sua propria dinamicità interiore”.2 Che sia questa la tecnica per scrivere dell’autrice palermitana non è dato saperlo, ma a conferma di quanta vicinanza ci sia con la Rosselli è possibile applicare un commento della Enciclopedia Treccani alla Rosselli stessa:

“[…] Il testo è composto attraverso la retorica della ripetizione, della variazione e dell’opposizione: all’interno della logica sintattica s’innesca così un’interazione associativa che punta a rifondare la ragione occidentale senza l’esclusione dell’irrazionale. L’inevitabile oscurità che ne deriva è rotta da illuminazioni spesso lancinanti.3

 

L’autrice siciliana genera un fluido verbale entro il quale stordirsi, una osmosi spazio-temporale, sonora, visiva, olfattiva, tattile: un confluire di evocazioni multisensoriali e isocrone. Martinez offre una sua, e sembrerebbe unicamente, egoisticamente, visceralmente propria poesia, al limite del disinteresse verso il lettore. Ma “per chi vuole ascoltare”, come scrive nella esilissima prefazione Maria Grazia Calandrone, la musica di Martinez suonerà sì molto distante dai pattern regolari e noti della poesia canonica, ma non per questo priva di una propria “armonia tendenziale”, come titola una delle sezioni di Liturgia dell’acqua.

Si propone una breve antologia di passi dai quali sia possibile evincere sia lo stile peculiare che, nell’apparente caoticità delle parole in gara tra loro, immagini e tematiche trattate già in altri volumi editi: l’infanzia, le figure genitoriali, l’amore, la città di Palermo; a conferma di una voce decisamente personale e che va proseguendo il proprio cammino poetico.

Foto 2

p.29 

a mano recidere dovrebbe qui silenzio

e s'allaga e s'ombra e non muove da

muovere che s'inverna minima chiosa

la cena dentro l'arcata al di dentro dei

limoni tondi rotonda una caduta tonda

ripasso sparso lì sparso che si dice sia

l'avverbio a frugare tra le gambe il sole

bambino per strada e qualche moneta

avvolta sulla pancia di una trottola la

primissima volta di un bacio il risvolto

del soggiorno la luce di traverso come

ombelico mangiato d'un fiato col fiato

morbidissimo la tazzina del caffè quel

primo piano dimenticato che nascosto

si lascia ninnare dalla tenerezza di Dio

 

p.36

 

l'immobile l'assoluto più preciso

bacio punto della rosa o dispersa

sposa crocevia a spinta di gambe

allentata quasi regola il miracolo

ch'io s'arrotola ch'io accresciuta

sfusa la condanna avrebbe capito

insazia lontananza tuttora invoca

 

*

 

trattenere l'attenzione in un petto

fermo alla stazione s'accresce la

limpida mostura d'un incontro né

l'ultimo ridà loro cinte le pupille

quasi campo assolato nel grembo

proteso l'incline pigolìo del cielo

 

p. 37

 

indipendente dormendo ascende

l'argomento il particolare del no

esistente dimentico da nessuno i

minuscoli secondi l'intimità con

qualcuno dentro la casa isolata e

le pesche i fiori a cornice l'erba

dalla palpebre cresce nascosta ai

santi sulla piazza oggi poco fa si

è accesa l'ultima lanterna e dalla

strada assale l'infanzia del vento

la precisa irrealtà di una distanza

Foto 3

Le sensazioni vissute dal lettore possono essere spiazzanti, ossimoriche: rifiuto, incomprensione, abbandono, catarsi. L'autrice non lascia al lettore alcun punto di riferimento, non gli offre la possibilità di scegliere, se non arbitrariamente, quale parola sia legata alla successiva o alla precedente, o quale sintagma spesso in forma metaforica meglio si adatti a esprimere il senso del discorso, a riprova della fluidità di testi che si possono agilmente adagiare entro forme diverse, qualità inconfondibile di ogni fluido.

A questo punto è possibile fare un gioco con i testi di Martinez; gioco serissimo: tentare di ricomporre in versi liberi i testi che, come quello a p.49, sono in prosa. Stesso tipo di lavoro era possibile svolgerlo, e critici di epoche passate lo hanno fatto già, con parecchi testi dell'Allegria di Ungaretti. A p.49 mi sono permesso di barrare con degli a capo quelli che a mio personalissimo parere potessero essere versi singoli, senza star lì a conteggiare sillabe e sinalefe per forzare sulla metrica tradizionale: mi sono soltanto permesso di inserire barre e andare a capo; il testo così avrebbe una sua lettura, con pause e riprese, con un respiro dettato dal lettore. Ciascuno può giocare così con quasi tutti i testi di Liturgia dell'acqua. Ma il limite di quest'operazione risiede proprio nel fatto che tale atto, benché non del tutto arbitrario, (è l'autrice a permettercelo, non offrendo al lettore nessuna indicazione tramite segni di punteggiatura o a capo specifici) rimane esattamente del tutto arbitrario: perché dare rilievo maggiore tramite una pausa a una parola anziché ad un'altra significa scegliere; e la scrittura di Martinez in diversi luoghi, come in questo a p.49 non sceglie: se la scelta comporta necessariamente uno scarto e, nella poesia, un limite metrico (il precipizio dell'a-capo), l'autrice preferisce il flusso, (la liturgia è dell'elemento fluido non a caso in rimando al titolo) lasciando poi eventualmente a chi legge il piacere di arrovellarsi con la pregnanza (maggiore o minore) di un passo, di un periodo, di un sintagma, di una parola, di una pausa.

Dalla raccolta Il rumore del latte infine è possibile estrapolare una sorta di dichiarazione di poetica. In esergo alle pagine sinistre si trova una parola o un breve sintagma: ricomponendole viene fuori il seguente testo.

 

Sottosopra l'affondo dall'ombra spioggia appena alba sospesa primula bambina a bassa voce d'inesistenza duole e cade impertinente finità dando controvolto tutt'intorno discende assenza voltarsi andando imperfetti dentro uno specchio toccarsi nell'unico intervallo una carezza nel grembo sovraposto.

 

“Sottospora” è il modo di lavorare spiazzante di Martinez: esso prende spunto da un vicolo, da un profumo, da una qualsiasi sensazione per snodarsi e diramarsi improvviso lungo inattese altre sensazioni o ricordi. L'“affondo dall'ombra” è il movimento di ricerca del sé proveniente da una oscura (non per questo macabra o tetra) profondità dell'essere, la quale riesce “appena” a “spioggiare”, neologismo interpretabile quale momento che segni la fine della pioggia: ad esso segue un momento luminoso e incerto una “alba sospesa”, assimilabile per analogia del tutto intuitiva ad una “primula bambina a bassa voce d'inesistenza”, voce quasi impercettibile che rasenta l'io poetico dell'autrice, la quale “duole e cade” ecc. Si potebbe molto congetturare sull'interpretazione semantica di alcuni passi come questo sopra citato, ma nuovamente la scelta l'autrice la lascia in ultimo al lettore; certo è invece che in questo testo in filigrana emergano continuamente tematiche affini se non costanti delle opere di Martinez: l'infanzia, l'ostinazione nella ricerca, l'assenza, il voltarsi indietro, verso il passato, l'intuizione dei brevi attimi di felicità vissuta, talvolta in assonanza con una o con entrambe le figure genitoriali, talaltra con la città di Palermo, i suoi odori, le sue luci, i suoi spazi, il tutto in una scrittura che cerca di risultare “una carezza” all'interno di luoghi vagamente fantasmatici e sovente chiusi, quasi claustrofobicamente riversi in sé stessi, in posizioni di percezione straniata, in un “grembo sovraposto”.

 

1Benché di aura baroccheggiante abbia parlato in prefazione al Rumore del latte Lucio Zinna, sostenendo che ci sia un surplus immaginativo che permetta all'autrice di sperimentare se e fino a che punto possa dilatarsi la metafora, dichiarando poi (citando anche Nicola Romano in prefazione a La bottega di via alloro) che si tratta non di estenuato, citazionista, ricercato, artificioso, ostentato e tronfio barocco, ma al contrario di un fascino (discreto) della sperimentalità, creando una poesia edificata su proprie fondamenta, illuminata da fantasmagorici richiami assonantici.

2Tratto da Spazi metrici - Amelia Rosselli, in: La parola ritrovata, a cura di Maria Ida Gaeta e Gabriella Sica, Marsilio 1995

XXXVII Edizione (2023)

ANTEREM
RIVISTA DI RICERCA LETTERARIA
 
Premio di poesia e prosa
Lorenzo Montano 
 
T R E N T A S E T T E S I M A  E D I Z I O N E  ( 2 0 2 3)

“Raccolta inedita”, “Opera edita”,
“Una poesia inedita”,“Una prosa inedita”.


Abbiamo il piacere di presentare il bando del 37° “Montano” (2023).

Conferma le novità dello scorso anno, ne aggiunge, e conserva lo spirito di sempre.

Soprattutto, conferma e rilancia la sua stretta relazione con l’editrice Anterem, che nel 2022 ha portato alla pubblicazione di 8 autori: Mariasole Ariot, Paola Silvia Dolci, Davide Racca, Claudio Salvi, Alessandro Ghignoli, Ianus Pravo, Armando Bertollo, Allì Caracciolo, provenienti dalla precedente edizione.

Saranno inoltre dati alle stampe 9 libri nel 2023 (sempre a totale carico dell’editrice), tratti dalla scorsa edizione del Premio: Chiara Serani, Cristiana Panella, Marco Ercolani, Marco Balducci, Enrico De Lea, Michela Gorini, Alessandra Greco, Ermanno Guantini, Daniele Poletti. Probabilmente tutto ciò rappresenta un fatto unico nella storia dei premi letterari.

La continuità di questa esperienza è legata alla stima che abbiamo per gli autori che, anno dopo anno, partecipano al “Montano”: una grande passione collettiva condivisa all’interno di una lunga storia.

Aspettiamo le vostre opere, edite e inedite
 

Scarica il Bando della 37a edizione

Scarica il Bando della 37a edizione
[agg. 19/12/2022]

Consuntivo Anterem 2020-2022

Nel corso della sua storia, Anterem Edizioni ha pubblicato oltre 300 libri e 100 numeri della rivista cartacea; il periodico online Carte nel vento ha pubblicato oltre 400 poeti; il Forum annuale, presso la Biblioteca Civica di Verona, ha favorito l’incontro di 500 poeti.

A fine dicembre tentiamo un riassunto degli ultimi tre anni grazie al video https://www.facebook.com/anteremeditrice/videos/... e al consuntivo...

Consuntivo 20-22

Il 2021 ha visto Silvia Comoglio, Stefano Guglielmin e Maria Grazia Insinga affiancare Giorgio Bonacini, Laura Caccia, Mara Cini, Ranieri Teti nella giuria del “Montano” e nella conduzione della rinnovata casa editrice
https://www.facebook.com/media/...

Libri pubblicati nelle Collane di Anterem Edizioni:

Anterem 100,

11 libri in Nuova Limina,
3 libri in La ricerca letteraria,
2 libri in Itinera (il monumentale Gio Ferri è in bozze),
1 libro in Piccola Biblioteca

https://www.facebook.com/media/...

Oltre 100 le recensioni dei critici
https://www.facebook.com/media/...

Vincitori del Premio Montano XXXIV edizione 2020:

Anna Chiara Peduzzi per la raccolta inedita,
Italo Testa per l’opera edita,
Angela Passarello per la prosa inedita,
Federico Federici per la poesia inedita

Vincitori del Premio Montano XXXV edizione 2021:

Mariasole Ariot per la raccolta inedita,
Guido Caserza per l’opera edita,
Allì Caracciolo per la prosa inedita,
Francesca Marica per la poesia inedita

https://www.facebook.com/anteremeditrice/photos/...

Vincitori del Premio Montano XXXVI edizione 2022:

Chiara Serani per la raccolta inedita,
Silvia Bre per l’opera edita,
Cristiana Panella per la prosa inedita,
Antonio Pietropaoli per la poesia inedita

https://www.facebook.com/anteremeditrice/photos/...

Premi

“Figure semplici” (Anterem, 2021) – riflessione critica di Giorgio Bonacini – di Anna Chiara Peduzzi, vince il Premio Di Poesia Edita "Dieter Schlesak-Vivetta Valacca" 2022 – Sezione Libro di Poesia in lingua italiana (Opera prima).
https://www.facebook.com/anteremeditrice/photos/...

Terzo premio Versante ripido a Silvia Comoglio per “Afasia”, 2022
https://www.facebook.com/anteremeditrice/photos/...

Al 23° poesiefestival berlin di poesia contemporanea internazionale (17-23 giugno 2022), presso l'Akademie der Künste, è stato presentato il libro di Federico Federici “Misura del sonno (e altre ricerche verbovisive)” / “Maß des schlafes (und andere verbovisuelle Forschungen)”, Anterem, 2021
https://poesiefestival.org/de/kuenstlerinnen/federici-federico/...

Carte nel vento, numeri 45-46-47-48-49-50-51-52-5
https://www.anteremedizioni.it/montano_newsletter_anno0_numero0

Collaborazione collettiva della redazione sul numero 120 di “Il Segnale”, per il suo quarantennale
https://www.facebook.com/anteremeditrice/posts/...

Collaborazione collettiva della redazione sul numero speciale di “Osiris”, celebrativo di 50 anni di attività
https://www.facebook.com/photo/...

Partecipazioni in presenza e on-line
Presentazione di Anterem 100 a Bologna in Lettere
https://www.facebook.com/anteremeditrice/photos/...

Presentazione di Anterem 100 a Una scontrosa Grazia – Laboratori Poesia (Udine)
https://www.facebook.com/anteremeditrice/photos/...

Salone del Libro (Torino) presentazione del libro di Paola Silvia Dolci
https://www.facebook.com/media/...

Più libri più liberi (Roma) presentazioni dei libri di Silvia Comoglio e Sofia Demetrula Rosati
https://www.anteremedizioni.it/anterem_alla_fiera_piu_libri_piu_liberi
https://www.facebook.com/media/...

Presentazioni nella Rassegna Veneto Books (in 4 date): a Verona i libri di Flavio Ermini, Federico Federici, Davide Racca, Claudio Salvi; a Schio i libri di Mariasole Ariot, Bianca Battilocchi, Silvia Comoglio, Sofia Demetrula Rosati
https://www.anteremedizioni.it/le_novit%C3%A0_di_anterem
https://www.facebook.com/media/...

Presentazione di “Tirrenide” (Anterem, 2021) di Maria Grazia Insinga a Ficarra (Me), Palazzo Milio, Stanza della Seta di Lucio Piccolo, 3 luglio 2021
https://www.facebook.com/anteremeditrice/posts/pfbid0twjkuuZQpib7HiEqi7U...

Presentazione del libro di Daìta Martinez a Palermo, Libreria Macaione
https://www.facebook.com/media/...

Presentazione di Anterem edizioni e premio Lorenzo Montano nel podcast di Viviana Scarinci
https://www.facebook.com/anteremeditrice/photos/...

Presentazione di Anterem 100 a Radio Svizzera Italiana
https://www.anteremedizioni.it/intervista_su_anterem_100_alla_radio_svizzera_italiana

Presentazione di Anterem edizioni al Centro Scritture di Marco Giovenale e Valerio Massaroni
https://www.facebook.com/anteremeditrice/photos/...

Attività 2023

Libri in corso di stampa e programmati: oltre ai 9 del premio nelle collane La ricerca letteraria, Nuova Limina, Piccola Biblioteca, Silvano Martini e Mara Cini nella collana Itinera 
Premio Lorenzo Montano, appena partita la XXXVII edizione (2023)
Carte nel vento (sono previsti 8 numeri)
Forum: ritorneremo in presenza per celebrare l’edizione 2022 del Montano, sabato 18 marzo 2023 e sabato 15 aprile 2023 nella Sala Farinati della Biblioteca Civica di Verona
https://www.anteremedizioni.it/biennale_presentazione

Forum Anterem – Premio Lorenzo Montano torna in presenza

Siamo felici di annunciare che finalmente il Forum Anterem – Premio Lorenzo Montano torna in presenza per celebrare l’edizione 2022 del premio, nella Sala Farinati della Biblioteca Civica di Verona: sabato 18 marzo e sabato 15 aprile.

Presto i dettagli. Vi aspettiamo

La giuria

La giuria

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